lunedì, 29 Aprile 2024
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DAGLI SCAVI DI POMPEI, NUOVE INFORMAZIONI SULLE TECNICHE COSTRUTTIVE DEI ROMANI

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Nuove informazioni relative alle tecniche costruttive romane stanno emergendo dagli scavi in ​​corso presso il Parco Archeologico di Pompei. Negli ambienti della domus della Regio IX,  gli scavi dell’insula 10 stanno rivelando importanti testimonianze di un cantiere antico in pieno svolgimento: attrezzi da lavoro, tegole accatastate, mattoni di tufo e cumuli di calce.

Secondo gli archeologi, il cantiere fu attivo fino al giorno dell’eruzione del Vesuvio dell’ottobre 79 d.C., iniziata intorno all’ora di pranzo del 24 e protrattasi fino al mattino del giorno successivo. Lo scavo di quest’area, finalizzato a regolare la situazione idrogeologica lungo il confine tra la parte scavata e quella non scavata della città romana, sta rivelando la presenza di un antico cantiere che interessava l’intero isolato dell’insula. In particolare, abbondanti testimonianze di lavori edili in corso si trovano nella casa con forno di Rustius Verus, dove è già stata documentata una natura morta raffigurante una focaccia e un calice di vino.

L’atrio era parzialmente coperto, i materiali per il restauro erano ammucchiati a terra e sullo stipite della porta del  tablino  (sala di ricevimento), decorato in quarto stile pompeiano con un dipinto mitologico di ‘Achille a Siro’, si legge ancora quello erano probabilmente i contrassegni dei conti di cantiere, cioè numeri romani scritti a carboncino, facilmente cancellabili in contrasto con i graffiti incisi nell’intonaco.

Tracce di attività in corso si trovano anche nell’ambiente che ospitava il  larario, dove furono rinvenute anfore riutilizzate per ‘spegnere’ la calce utilizzata nell’intonacatura. In diversi ambienti della casa sono stati rinvenuti strumenti da costruzione, dai pesi di piombo, per garantire una parete perfettamente verticale, alle zappe di ferro utilizzate per preparare la malta e lavorare la calce. Anche nella casa vicina ad est, alla quale si accede da una porta interna, e in una grande casa a sud, finora indagata solo parzialmente, sono numerose le testimonianze di un grande cantiere, attestato dalle enormi impalcature di macerie di pietra da utilizzare nella ricostruzione delle murature, nonché anfore rotte, vasellame vario e tegole conservate per la trasformazione in cocciopesto per la pavimentazione.

Secondo gli archeologi, si tratta di una straordinaria opportunità per sperimentare le potenzialità di una stretta collaborazione tra archeologi e scienziati dei materiali e in una pubblicazione sulla rivista E-Journal degli scavi di Pompei sono state avanzate nuove interessanti teorie.

Nell’analisi dei materiali e delle tecniche costruttive, il Parco Archeologico di Pompei è stato supportato da un team di esperti del Massachusetts Institute of Technology, e l’ipotesi avanzata dal team è quella della miscelazione a caldo, cioè miscelazione ad alte temperature, dove la calce viva viene premiscelata con pozzolana secca e successivamente idratata e applicata nella costruzione con opus caementicium.

Normalmente la calce viva viene immersa in acqua, cioè “spenta”, molto prima dell’impiego in cantiere, formando la cosiddetta calce spenta, un materiale dalla consistenza plastica. Lo “schiacciamento”, cioè la reazione tra calce viva e acqua, produce calore. Solo al momento della posa la calce viene poi miscelata con sabbia e inerti per produrre la malta o il cemento.

Nel caso del cantiere di Pompei, invece, risulta che la calce viva, cioè non ancora messa a contatto con l’acqua, fosse inizialmente mescolata solo con sabbia pozzolanica. Mentre il contatto con l’acqua è avvenuto poco prima della posa del muro. Ciò ha fatto sì che, durante la costruzione del muro, la miscela di calce, sabbia pozzolanica e pietra fosse ancora calda a causa della reazione termica in atto e di conseguenza si asciugasse più rapidamente, accorciando i tempi di costruzione.

Per quanto riguarda invece l’intonacatura delle pareti, sembra che la calce venisse prima spenta e poi mescolata agli inerti da posare, come si fa ancora oggi nelle tecniche costruttive moderne.

Secondo il Direttore Generale dei Musei, Massimo Osanna, lo scavo nella Regione IX, insula 10, pianificato negli anni del Grande Progetto Pompei, sta dando, come era prevedibile, risultati importanti per approfondire la conoscenza della città antica. Un cantiere di ricerca interdisciplinare, nato dal precedente scavo della Regione V, dall’esigenza di consolidare i limiti degli scavi, ovvero le pareti di materiale eruttivo lasciate dagli scavi otto-novecenteschi che incombono pericolosamente sulle aree scavate. Pompei continua ad essere un cantiere permanente dove ricerca, consolidamento, manutenzione e capacità di sviluppo sono attività correlate e pratica quotidiana.

Il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel, osserva come questa ricerca sia l’ennesimo esempio di come la piccola città di Pompei faccia comprendere la vita nel grande Impero Romano, non ultimo l’uso del cemento. Gli scavi attualmente in corso a Pompei offrono l’opportunità di osservare come funzionava un antico cantiere e i dati che emergono sembrano puntare all’utilizzo della calce viva nelle tecniche costruttive dei muri, pratica già ipotizzata in passato e capace di accelerare notevolmente i tempi di una nuova costruzione, ma anche della ristrutturazione di edifici danneggiati, per esempio, da un terremoto. Sembra che questa fosse una situazione diffusa a Pompei, dove i lavori erano in corso un po’ ovunque, quindi è probabile che dopo il grande terremoto del 62 d.C., diciassette anni prima dell’eruzione, ci siano state altre scosse sismiche che colpirono la città prima del cataclisma. del 79 d.C.

Ora, grazie alla collaborazione interdisciplinare tra enti di ricerca per studiare il saper fare edilizio dei Romani, potrebbe essere possibile imparare e pensare alla sostenibilità e al riuso dei materiali.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

 

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