DA UNO STUDIO, NUOVE CALIBRAZIONI CRONOLOGICHE SULLA GERUSALEMME DELL’ETÀ DEL FERRO
Un nuovo studio sulla Gerusalemme dell’Età del Ferro o del cosiddetto Primo Tempio mostra come analisi al radiocarbonio, prime nel loro genere, forniscono nuove informazioni sulla storia della città. Da un lato, le informazioni confortano gli studiosi sul centro urbano gerosolimitano che sarebbe stato già importante ai tempi di Davide e Salomone e non un villaggio insignificante, come sostengono da tempo gli studiosi più scettici nei confronti della storicità biblica. Dall’altra parte, i nuovi dati al radiocarbonio contraddicono il testo biblico su chi costruì cosa e quando a Gerusalemme durante il Periodo del Primo Tempio.
Lo studio, pubblicato sulla rivista PNAS, è il primo progetto su larga scala per ricostruire il lontano passato della città attraverso la datazione al radiocarbonio. Potrebbe essere una svolta nel campo perché i ricercatori sono riusciti a estrarre dati affidabili per un periodo in cui la datazione al radiocarbonio è notoriamente inaffidabile. Nonostante ciò, è improbabile che lo studio metterà fine ai complessi dibattiti su quanta storia contenga la Bibbia, in particolare quando si tratta delle storie dei misteriosi regni di Davide e Salomone.
Testi extra-biblici e tracce archeologiche confermano che nell’Età del Ferro, che coincide grosso modo con il periodo del Primo Tempio, due entità israelite separate si svilupparono nel Levante.
Il più grande e potente era il Regno di Israele, centrato sull’odierna Galilea e sulla Cisgiordania settentrionale, con capitale in Samaria. Il vicino, più piccolo di Israele, era il Regno di Giuda a sud, con capitale Gerusalemme.
Nessuna prova testuale o archeologica chiara ha finora confermato l’affermazione biblica secondo cui questi due regni un tempo erano uniti in una vasta monarchia sotto Davide e Salomone, che avrebbero governato tra l’XI e il X secolo a.C.
Molti studiosi hanno quindi concluso che, anche se Davide e Salomone fossero esistiti, fossero poco più che capi tribù, che governavano il nascente Regno di Giuda da una piccola Gerusalemme. Il loro grande impero non fu altro che un successivo ingrandimento da parte dei redattori della Bibbia, che volevano sottolineare l’importanza del Tempio di Gerusalemme e della dinastia davidica.
Altri ricercatori hanno tentato di attaccare questo paradigma scettico indicando alcuni resti a Gerusalemme e nei suoi dintorni che sosterrebbero l’esistenza di un grande regno e di una capitale ben sviluppata già al tempo presunto di Davide e Salomone.
Gran parte di questo dibattito si riduce alla questione se i resti archeologici possano essere datati con certezza all’XI-X secolo a.C. Un grande regno ha bisogno di una grande capitale, quindi se a Gerusalemme c’è un’architettura monumentale costruita in questo periodo, allora il racconto biblico potrebbe essere verosimile, altrimenti deve essere liquidato come prevalentemente mitologico!
Secondo i redattori dello studio, è sorprendente che a Gerusalemme sia stato fatto pochissimo uso della datazione al radiocarbonio, uno dei metodi più moderni e precisi a disposizione degli archeologi per determinare quanto è antico il materiale che stanno portando alla luce ma hanno basato le loro datazioni sulla base dei tipi di ceramiche rinvenute nei vari contesti.
Nel corso di quasi un decennio di lavoro, un team della Scientific Archaeology Unit dell’Istituto Weizmann di Rehovot, insieme all’Università di Tel Aviv e all’Israel Antiquities Authority, ha lavorato per lavorare su questa metodologia.
I ricercatori Weizmann hanno lavorato a stretto contatto con gli archeologi per raccogliere materiali organici, principalmente semi carbonizzati, da scavi archeologici di siti dell’Età del Ferro, ad esempio sulla cosiddetta Città di David, una stretta lingua di terra che corre a sud del Monte del Tempio, e che la maggior parte degli archeologi si identificano come il nucleo originario dell’antica Gerusalemme.
Sono state estratte informazioni su più di 100 cronologie che vanno dalla prima Età del Ferro nel XII secolo a.C. al 586 a.C., quando i babilonesi distrussero Gerusalemme e il Primo Tempio..
Il contributo non affronta apertamente il dibattito sulla storicità di Davide e Salomone, anzi non li menziona nemmeno. Ma alcuni dei risultati hanno implicazioni interessanti per le grandi questioni aperte sulla storia di Gerusalemme ai loro tempi.
Un punto saliente dello studio è che quasi il 20% dei campioni analizzati sono stati datati al XII-X secolo a.C., un periodo che comprende il tempo di Davide e Salomone, e sono stati tutti trovati nella Città di Davide, confermando un’occupazione diffusa di carattere ancora indeterminato, secondo i ricercatori, guidati da Elisabetta Boaretto e da Johanna Regev del Dangoor Research Accelerator Radiocarbon Laboratory di Weizmann.
E’ importante sottolineare che la maggior parte di queste datazioni al radiocarbonio non erano associate alla ceramica della Prima Età del Ferro trovate nel sito e alcune provenivano da resti carbonizzati trovati in materiali da costruzione. Con il radiocarbonio, dunque, è possibile rilevare occupazioni e attività che non possono essere rilevate con la ceramica, fornendo informazioni molto preziose e sono quindi rilevanti per ricostruire le dimensioni dell’insediamento.
Secondo Yuval Gadot, archeologo dell’Università di Tel Aviv che scava nella Città di Davide ed è uno dei maggiori studiosi del radiocarbonio, tutte queste notizie non confermano in alcun modo l’esistenza dei regni di Davide e Salomone ma suggerisco che Gerusalemme fosse più sviluppata di quanto si pensasse ai loro tempi, più centro urbano che del villaggio, forse non una grande capitale di un vasto regno.
Sebbene esistano già tracce di strutture a Gerusalemme nella Prima Età del Ferro, la maggior parte dei campioni datati dallo studio a questo periodo non possono essere chiaramente associati a un edificio o ad altri resti, osserva Israel Finkelstein dell’Università di Tel Aviv. ma provengono da detriti e altri materiali da costruzione che furono riutilizzati in tempi successivi.
Saranno necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio i risultati del XII-X secolo a.C., ma è ancora statisticamente significativo che una percentuale così ampia dei campioni nello studio restituisca date così antiche. Secondo la Boaretto, se ci fosse solo un’occupazione esigua, l’ipotesi che i ‘vecchi semi’ finissero nei materiali da costruzione successivi non sarebbe sostenibile, non si troverebbero così tante cronologie in tutto il sito, oltre il 20% del campione.
Joe Uziel, un archeologo dell’IAA, si sta seguendo il giusto percorso per ricreare la cronologia e continuando ad applicare questi metodi, sarà possibile ricostruire la storia di Gerusalemme su basi molto più scientifiche, indipendentemente dal fatto che le cose corrispondano o meno alla narrazione biblica.
Gli autori osservano che un altro importante risultato del nuovo studio risiede nella cronologia che costruisce per l’VIII e il VII secolo a.C.
A causa delle fluttuazioni nella quantità dell’isotopo del carbonio 14 nell’atmosfera dall’VIII al V secolo a.C. (noto come il “disastro del radiocarbonio del primo millennio a.C.”), la datazione al radiocarbonio è problematica in questo periodo, restituendo date con un margine di errore di secoli, motivo per cui gli archeologi che studiano l’Età del Ferro a Gerusalemme si sono spesso allontanati da questo metodo.
Altre ragioni includono la geografia collinare della città e il fatto che è stata costruita, distrutta e ricostruita più volte, spesso sotto il substrato roccioso o sulle macerie generatesi. rendendo complicato trovare stratigrafie indisturbate da cui prelevare campioni.
I ricercatori, dunque, avrebbero identificato e campionato 11 strati sovrapposti in un ambiente di una casa privata nella Città di David e, secondo Lior Regev, ricercatore Weizmann del team, si è riusciti a mitigare i limiti del radiocarbonio identificando strati che potrebbero essere datati in modo indipendente attraverso altre informazioni.
Tra gli strati, quello di distruzione più recente è attribuito ai Babilonesi nel 586 a.C. ma uno strato associato a una devastazione provocata da un terremoto, che colpì il Levante intorno al 760 a.C., è un terremoto menzionato nella Bibbia di cui sono state trovate molte tracce archeologiche in altri siti.
Campionando minuziosamente tutti gli strati del pavimento, i ricercatori sono stati in grado di ottenere risultati di “altissima precisione” dall’analisi al radiocarbonio degli strati identificati nell’ambiente.
Questa è la prima volta che gli archeologi riescono a utilizzare il radiocarbonio con tale precisione in questo periodo, rendendo lo studio “rilevante anche per coloro che non sono specificatamente interessati all’archeologia dell’antico Israele”, permettendo anche un puntuale confronto con i frammenti di ceramica riinvenuti negli strati.
Un’implicazione immediata di questa nuova cronologia per la storia di Gerusalemme nel Tardo periodo del Primo Tempio riguarda le mura della città.
La Città di Davide e parte di quello che oggi chiamiamo il quartiere ebraico nella Città Vecchia sono circondate da un massiccio muro largo, spesso fino a sette metri, costruito nella Tarda Età del Ferro. Quando fu scoperto per la prima volta negli anni ’70, gli archeologi lo datarono alla fine dell’VIII secolo a.C. e lo attribuirono ai preparativi difensivi del re Ezechia prima dell’assedio assiro del 701 a.C., a cui Gerusalemme resistette con successo.
La datazione si basava principalmente sulle informazioni riportate sui testi sacri. Questo ampio muro interseca e sostiene anche alcune delle strutture campionate per lo studio al radiocarbonio, e l’analisi mostra che la fortificazione fu molto probabilmente costruita intorno al 750 a.C., al tempo del re Uzzia, poco dopo quel grande terremoto e decenni prima che Ezechia affrontò l’assalto assiro.
Questa scoperta, dunque, mostra quanto gli studiosi debbano essere attenti quando si tratta il testo biblico come una fonte storica: gli autori biblici spesso piegavano la narrazione per esaltare l’opera dei re che erano allineati con la loro ideologia, minimizzando o respingendo quella dei monarchi che consideravano pagani idolatri.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini