giovedì, 5 Dicembre 2024
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RINVENUTO TRATTO DELLA CLAUDIA NOVA AD AVEIA, L’AQUILA!

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Per un breve periodo della mia vita mi sono occupato anche della Claudia Nova, il tracciato stradale che l’imperatore Claudio fece costruire nel 47 d.C. Un epigrafe indica chiare informazioni sulla strada che partendo da Foruli, nei pressi dell’odierna Civitatomassa (AQ), raggiungeva la confluenza dei fiumi Aterno e Tirino dopo un percorso di 47.192 passi (le 47miglia dell’epigrafe…)!

Finalmente, dopo oltre un anno dalla scoperta, il MIBACT rende noto che nel territorio aquilano, presso Fossa (AQ), nella fattispecie, presso il sito archeologico dell’antica Aveia, è stato rinvenuto un sostanzioso tratto basolato della via di comunicazione che tagliava il territorio abruzzese.

Le amministrazioni locali si sono immediatamente “autoacclamate” per il duro lavoro svolto dagli archeologi della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la città del L’Aquila e i Comuni del Cratere, inneggiando a progetti e nuovi grandi interventi da finanziare.

Ma veniamo alla scoperta. Il comunicato del MIBACT conferma che grandi basoli calcarei accostati gli uni agli altri con tecnica accurata e raffinata, nei quali si vedono ancora chiaramente le profonde incisioni dovute all’intenso traffico dei carri, sono da riferirsi a una strada monumentale riconducibile all’antica via Claudia Nova, di cui non si avevano finora tracce certe nella conca aquilana, scoperta nell’ambito dei lavori di ricostruzione post sisma.

Un tratto urbano, della lunghezza di circa 30 metri e della larghezza stimata di 4-5 metri, affiancato da un marciapiede porticato largo oltre 2 metri e dalle adiacenti costruzioni monumentali andate distrutte,  doveva mostrarsi nel I secolo a.C. a formare il cardo maximus della perduta città di Aveia, L’eminente studioso Carlo Zenodocchio, nel suo Antica Viabilità in Abruzzo (L’Aquila 2008) scrive che la Claudia Nova, dopo Foruli, Frustenia (Forcona), proseguisse fino al bivio per Fossa senza attraversare Aveia: dopo questa sontuosa scoperta, sono chiaramente da rivedere anche alcune nozioni basate su fonti antiche e moderne.

Il territorio di quella che diverrà la  praefectura di Aveia ha sempre restituito importanti aspetti di vita di una specifica comunità della popolazione vestina, la cui coscienza etnica già fieramente emerse tra le altre popolazioni del territorio abruzzese e che nella Necropoli di Fossa ne mostra tutti i suoi caratteri.

La città di Aveia è rimasta sconosciuta fino agli scavi dello scorso secolo: se ne hanno tracce nelle fonti di VII-VIII secolo d.C., quando distruzioni dovute a catastrofi naturali (allagamenti, frane della montagna o terremoti), l’hanno completamente celata alla storia. Pochi sono i resti visibili, dai brevi tratti delle mura urbiche nelle campagne fino al cosiddetto “Torrione” del borgo medievale, ai pochi resti sulle pendici del colle, inglobati nel borgo stesso. La scoperta della monumentale strada, effettuata grazie ai fondi messi a disposizione dall’Ufficio Speciale per la Ricostruzione dei Comuni del Cratere (USRC), offre nuove e inedite certezze alle ipotesi di ricostruzione storica dell’importante centro romano.

La città di Aveia, ubicata, nella vallata del medio Aterno, alle pendici nord-orientali di Monte Circolo e del borgo fortificato di Fossa, a soli dieci km dall’Aquila, era strutturata su terrazze urbane degradanti sul versante montano (la città alta) e da una città bassa, che lambiva il corso del fiume Aterno, legata alle attività commerciali e di servizio del tratturo. I primi studi archeologici di un centro che viveva nella memoria di poche fonti, si hanno nel 1773 grazie all’abate gesuita, archeologo e filosofo, Vito Maria Giovenazzi che ebbe l’intuizione e il merito di riconoscere e identificare i monumenti di Fossa come quelli di Aveia.

La Soprintendente Alessandra Vittorini e il Responsabile dell’USCR Paolo Esposito hanno rilasciato al seguente dichiarazione: “Siamo da mesi impegnati in una attenta valutazione condivisa della situazione con l’obiettivo prioritario di individuare gli strumenti e le procedure più idonee a garantire la salvaguardia e la valorizzazione di un contesto archeologico di straordinaria importanza per il territorio e il corretto svolgimento del processo di ricostruzione pubblica e privata. All’impegno congiunto profuso nella prima fase di conoscenza e indagine archeologica si è aggiunto da diversi mesi il lavoro sui tavoli tecnici interistituzionali, in cooperazione con tutti gli enti e i soggetti coinvolti. Confidiamo nella collaborazione di tutti per una celere definizione dei programmi futuri.”

 

Daniele Mancini

Fonte: MIBACT

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