venerdì, 26 Luglio 2024
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NUOVO STUDIO CONFERMA L’USO DI FARINE DA CEREALI GIA’ CON L’UOMO DI NEANDERTHAL

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Molto prima della nascita dell’agricoltura, gli ominidi sapevano già come trasformare alcuni i cereali e altre piante selvatiche in una farina adatta ad essere mangiata ma, solo recentemente, grazie ai risultati di uno studio, i ricercatori posso affermare che lo hanno fatto molto prima di quanto si pensasse.

Pubblicato sulla rivista Quaternary Science Reviews, uno studio condotto da ricercatori italiani e canadesi su cinque macine ascrivibili a circa 39.000 e 43.000 anni fa mostra che la macinazione per il cibo risalirebbe al periodo di transizione tra i Neanderthaliani e Homo sapiens.

Secondo Julien Riel-Salvatore, docente dell’Università di Montréal, presiede il dipartimento di antropologia, quello che spinge indietro di diverse migliaia di anni le prime tracce della lavorazione delle piante e della produzione di farina è un pestello di Riparo Bombrini, un sito nel nord Italia, in Liguria, su cui i ricercatori dell’Università di Genova, tra cui Fabio Negrino,  lavorano da oltre 20 anni e mostra come anche i Neanderthaliani fossero impegnati in questo comportamento, nuovo sulla base delle conoscenze e, quindi, una scoperta piuttosto importante.

Il periodo che corre dai Neanderthaliani a l’Homo sapiens  fu caratterizzato dalla coesistenza dei tecnocomplessi del tardo musteriano (Neanderthal), uluzziano e protoaurignaziano (H. sapiens ) nel nord-ovest e nel sud-ovest dell’Italia odierna.

Le macine provengono da due siti paleolitici distanti circa 1.000 km sul versante tirrenico della penisola: Riparo Bombrini, nell’area archeologica dei Balzi Rossi, in Liguria, e Grotta di Castelcivita, ai piedi del Massiccio degli Alburni, in Campania.

Sulla superficie delle macine di entrambi i siti sono stati rinvenuti granuli di amido di diversa morfologia, a testimonianza dell’utilizzo di diverse piante, tra cui cereali selvatici, da parte degli ominidi che all’epoca abitavano le zone.

L’evidenza di simili pratiche di macinazione in entrambi i contesti sottolinea come certe conoscenze tecnologiche e abitudini alimentari fossero diffuse in entrambe le popolazioni, forse come retaggio già presente all’interno delle due diverse tradizioni culturali o forse come risultato di un effettivo contatto tra i due gruppi.

Il pestello dei livelli musteriani del Riparo Bombrini costituisce il più antico esempio di lavorazione e trasformazione di prodotti vegetali in Europa e mostra come gli Uomini di Neanderthal siano stati impegnati in questa pratica. I due pestelli dei livelli protoaurignaziani del sito mostrano che anche gli esseri umani moderni, che occuparono il sito meno di un millennio dopo, si sono comportati nello stesso modo.

Due macine rinvenute alla base e sulla parte superiore della sequenza del deposito protoaurignaziano della Grotta di Castelcivita non solo hanno una morfologia simile, ma presentano anche modifiche volute per renderle più funzionali.

Coordinato dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria nell’ambito del progetto PLUS_P (Plant Use in the Paleolitical), lo studio ha coinvolto ricercatori delle Università di Firenze, Genova, Ravenna e Bologna, oltre che del Cyprus Institute di Nicosia e UdeM.

Secondo Riel-Salvatore. dunque, la trasformazione dei cereali in farina è un’innovazione importante perché ha permesso ai raccoglitori del Paleolitico di immagazzinare e trasportare il cibo più facilmente, Inoltre, spingere questo comportamento così indietro nel tempo cambia davvero il modo in cui si sia pensato che vivessero questi individui nella loro perenne mobilità.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Université de MontréalUniGe

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