sabato, 27 Aprile 2024
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STUDI SU UN’ERUZIONE DEL VESUVIO DEL PRIMO BRONZO, AFRAGOLA

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Le eruzioni vulcaniche evocano immagini di lava, fuoco e distruzione; tuttavia, questo non è sempre il caso. L’eruzione pliniana del Vesuvio di circa 4.000 anni fa, 2.000 anni prima di quella che seppellì la città romana di Pompei, fissò intatto uno straordinario momento della vita dei villaggi della Campania della prima Età del Bronzo italiana.

Il villaggio di Afragola era situato a nord dell’odierna Napoli, a circa 15 chilometri dal Vesuvio: in seguito all’eruzione, il villaggio è stato sepolto sotto metri di cenere, fango e sedimenti alluvionali, che hanno conferito al sito un sorprendente grado di protezione, una rarità per i siti archeologici di quest’epoca in Europa. Grazie alla conservazione perpetrata dai depositi vulcanici che hanno permesso anche una certa identificazione della flora rinvenuta nel sito, i ricercatori hanno immediatamente cercato di associare l’eruzione a un preciso periodo storico.

Il villaggio protostorico di Afragola è stato scavato su un’area di circa 5.000 mq, rendendolo uno dei siti della Prima Età del Bronzo più ampiamente indagati in Italia, con un nutrito gruppo di archeologi che hanno meticolosamente effettuato tutti i campionamenti.

Il team multidisciplinare, composta dalle archeologhe Monica Stanzione (per gli studi archeobotanici), Giuliana Boenzi ed Elena Laforgia della Soprintendenza di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli e Direzione Regionale Musei della CampaniaTiziana Matarazzo, geoarcheologa del Dipartimento di Antropologia all’Università del Connecticut, ha raccontato le vicende di Afragola e hanno pubblicato le loro scoperte più recenti sul  Journal of Archaeological Science: Reports.

I ricercatori confermano che il sito è eccezionale perché Afragola, individuata grazie all’archeologia preventiva per i lavori di costruzioni della linea ferroviaria ad alta velocità, è stata sepolta da una gigantesca eruzione del Vesuvio e racconta molto dei gruppi umani che vi abitavano e dell’habitat locale. Infatti, grazie al rinvenimento di frutti e materiali agricoli, i ricercatori hanno identificato la cronologia e la stagione dell’eruzione.

Secondo i ricercatori, l’evento eruttivo è avvenuto in diverse fasi, a partire da una drammatica esplosione che ha cosparso detriti principalmente verso nord-est. Questo ha permesso agli abitanti del villaggio di fuggire in tempo, motivo per cui il sito non contiene resti umani come in siti quali la Pompei romana ma contiene diverse impronte di adulti e bambini in fuga dalla zona. Quando la direzione del vento è cambiata, secondo i ricercatori, è stata portata una copiosa quantità di cenere verso Afragola.

L’ultima fase, che ha portato principalmente cenere e acqua, denominata fase freatico-magmatica, diffusa principalmente a ovest e nord-ovest fino a una distanza di circa 25 km dal vulcano, avrebbe completamente seppellito il villaggio. Lo spesso strato di materiale vulcanico ha seppellito le molecole dei macroresti vegetali producendo calchi perfetti in un materiale chiamato cinerite: queste condizioni hanno fatto sì che i materiali fossero resistenti al degrado, anche dopo diversi millenni.

Dagli studi, anche le foglie che si trovavano nei boschi vicini erano ricoperte da fango e cenere non molto caldi, lasciando suggestive impronte nella cinerite e offrendo uno sguardo unico sulla vita dei gruppi umani nella Prima Età del Bronzo: tracce di capanne plurifamiliari e di depositi per i cereali, vari prodotti agricoli e frutti che venivano prodotti o raccolti dai boschi vicini per essere immagazzinati e probabilmente condivisi con l’intera comunità, necessari alla sussistenza giornaliera.

Sfortunatamente per gli abitanti del villaggio ma fortunatamente per i ricercatori dello studio, a differenza delle altre capanne del villaggio, il deposito/magazzino deve aver preso fuoco probabilmente a causa dell’arrivo dei materiali piroclastici. Il suo crollo ha reso possibile la carbonizzazione indiretta dei materiali vegetali immagazzinati.

I ricercatori osservano che la pianura campana dell’Età del Bronzo permetteva la coltivazione di una ricca diversità di fonti alimentari, tra cui una varietà di cereali e orzo, nocciole, ghiande, mele selvatiche, corniolo, melograni, tutti straordinariamente ben conservati all’indomani del eruzione vulcanica sotto le ceneri del deposito.

Le tracce indicano che l’eruzione è avvenuta in autunno, quando gli abitanti del villaggio sono riusciti ad accumulare grandi scorte di cibo dai campi e dai boschi vicini; le impronte delle foglie che si trovano alla base degli alberi insieme ai frutti maturi, quindi, sono molto indicative della stagionalità.

Tra cambiamento climatico e sviluppo agricolo e tecnologico, l’area ha subito enormi da come era 4.000 anni or sono. Per ora, i ricercatori possono fare riferimento ai materiali recuperati dal sito che sono ospitati fuori sede in una struttura di stoccaggio. Il focus della ricerca futura include un esame più attento delle ossa di animali trovate in loco, inclusi bovini, capre, maiali e pesci, nonché le impronte identificate.

I primi risultati, comunque, mostrano quanto questa eruzione sia stata così straordinaria da aver cambiato il clima per molti anni dopo. Inoltre, la colonna dell’eruzione pliniana salì sostanzialmente all’altezza di volo degli aeroplani. Era incredibile. La copertura di cenere era così profonda da lasciare il sito intatto per 4000 anni: nessuno sapeva nemmeno che fosse lì. Ora possiamo conoscere le persone che hanno vissuto lì e raccontare le loro storie”.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Università del Connecticut

Le foto sono di proprietà della SABAP-NA-MET, NAPOLI

2 pensieri riguardo “STUDI SU UN’ERUZIONE DEL VESUVIO DEL PRIMO BRONZO, AFRAGOLA

  • Prof. Mancini articolo veramente affascinante; talchè non si comprende il motivo della assenza di attenzione da parte della cinematografia!!!!! Ne verrebbe fuori un film datato 4000 a.C. che interesserebbe maggiormente delle monotone, ripetitive e banali vicende amorose dell’epoca attuale.G.Carlo Pavia

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    • Daniele Mancini

      Carissimo Gian Carlo, è un tipo di tema che non alletta molto i produttori ecco perché questo genere di film non è realizzato. Un caro saluto

      Rispondi

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