sabato, 27 Aprile 2024
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SATELLITI SPIA AL SERVIZIO DELL’ARCHEOLOGIA – SECONDA PARTE

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Immagini declassificate provenienti dai satelliti spia della Guerra Fredda hanno rivelato centinaia di  strutture romane, forse dei castra, precedentemente sconosciute, in Iraq e Siria e, secondo un nuovo studio di remote sensing recentemente pubblicato sulla rivista Antiquity, la loro esistenza suggerisce che il confine orientale dell’Impero romano non fosse così violento come si è sempre pensato!

I ricercatori erano già a conoscenza di una serie di castra posizionati nei circa 300.000 chilometri quadrati dal fiume Tigri, nell’attuale Iraq, alle pianure del fiume Eufrate in Siria, che avrebbe rappresentato il confine che separava i Romani dal rivale Impero persiano.

La distribuzione da est a ovest dei nuovi castra, insieme a quelli già precedentemente conosciuti, suggerisce che furono edificati per facilitare il commercio e i viaggi pacifici. Il nuovo studio confuta un’ipotesi del 1934 dell’archeologo francese e sacerdote gesuita Antoine Poidebard secondo cui le fortificazioni orientali furono costruite per respingere gli invasori.

Secondo l’autore principale dello studio, Jesse Casana, docente di antropologia al Dartmouth College, fin dagli anni ’30, storici e archeologi hanno discusso sulllo scopo strategico o politico di questo sistema di fortificazioni ma pochi studiosi hanno messo in dubbio l’osservazione fondamentale di Poidebard secondo cui esisteva una linea di castra che definiva la frontiera orientale dell’Impero.

Estendendosi attraverso i deserti dell’Iraq e della Siria, Poidebard scoprì 116 forti del II e III secolo d.C. dopo aver scattato fotografie aeree negli anni ’20 e ’30. Osservando la loro posizione dal suo biplano, che imparò a pilotare durante la prima guerra mondiale, Poidebard ipotizzò che le roccaforti di forma quadrata creassero una linea difensiva nord-sud che respingesse le incursioni dei Parti e successivamente dei Persiani sasanidi.

Finora l’ipotesi di Poidecard è stata ampiamente accettata dagli storici ma dopo aver analizzato le immagini ad alta risoluzione della regione scattate dai satelliti spia negli anni ’60 e ’70, i ricercatori hanno scoperto 396 nuovi castra o strutture simili precedentemente sconosciuti, sparsi ampiamente da est a ovest.

Il dato suggerisce, dunque, che il confine fosse più fluido di quanto si pensasse, con gli avamposti esistenti non solo lungo il confine ma anche attraverso di esso, a protezione delle carovane commerciali mentre trasportavano individui e merci tra Roma e il vicino impero dei Parti, poi Persiano sassanide. A questo punto, dagli archeologi sale l’interrogativo importante riguardo al confine: “Era un vallo/muro o una strada?”

Per i ricercatori il loro studio evidenzia l’importanza delle immagini declassificate nella ricerca archeologica, soprattutto perché molti dei castra rivelati nelle foto sono stati distrutti dall’espansione agricola e dall’urbanizzazione. Saranno necessarie ulteriori indagini e scoperte che accompagnino la declassificazione di altre immagini aeree, come quelle scattate dagli aerei spia U2.

Casana osserva che un’attenta analisi di questi potenti dati racchiude un enorme potenziale per future scoperte nel Vicino Oriente e oltre.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Jesse Casana remote sensing

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