venerdì, 29 Marzo 2024
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Il “gigante” Giovanni Battista Belzoni, gli altri e la Valle dei Re…

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Giovan Battista Belzoni

Il primo cinquantennio del XIX secolo fu l’età eroica dell’egittologia, in cui un anno di più o di meno significavano per gli studiosi nuovi orizzonti di conoscenza e di scoperta al loro posto di lavoro in Egitto e alle loro scrivanie in Europa. Ed uno dei primi obiettivi delle ricerche sarebbe stata la Valle dei Re.

Uno dei primi viaggiatori di maggior successo fu Giovanni Battista Belzoni (1778-1823), il quale era andato in Egitto per vendere al governo locale un dispositivo per sollevare l’acqua, senza riuscirvi. In precedenza Belzoni faceva l’attore di pantomima in un teatro della Londra della Reggenza quando si recò nell’Europa meridionale per dare spettacoli dinanzi alle truppe del corpo di spedizione britannico nella penisola iberica comandato da Wellington. Nel corso delle sue peregrinazioni in Egitto, Belzoni fu, a quanto si sa, il primo che eseguì scavi nella Valle dei Re, grazie alla possibilità offertagli dal console britannico presso il governo egiziano di Mohammed Ali, Henry Salt. Salt capì subito come impiegarlo. Dette a Belzoni il denaro necessario per andare a Tebe e prendere in consegna il colosso del Memnonium, trasportandolo poi fino alla riva del Nilo, distante più di tre chilometri. Fu una formidabile impresa di pazienza e di forza, che comportò l’impiego di un gran numero di operai e richiese due settimane di tempo per essere portata a termine. Poi Belzoni andò a lavorare nella tomba di Bruce, nella Valle dei Re, dalle quale estrasse e fece trasportare in Inghilterra, il sarcofago di Ramses III. Così egli narra la ricerca di antichità nelle tombe private a Qurna: “Circondato in ogni direzione da corpi, da mucchi di mummie … il buio della parete, la luce delle candele e delle torce, fioca per la mancanza d’aria, i diversi oggetti sembrano parlare l’un l’altro, e gli Arabi con le candele o le torce in mano, nudi e coperti di polvere, simili a mummie viventi, formavano una scena che nel modo più assoluto non può essere descritta”.

Grazie alle sue intuizioni geologiche e sui cicli delle inondazioni, diverse furono le sue imprese nella Valle e durante il suo lavoro a Tebe, Belzoni scoprì le tombe di Ramses Montu-hir-kopesh-ef, di Ramses I, di Ay, e, fatto ancora più importante, riportò in luce il sepolcro di Seti I.

La Valle dei Re disegnata da Belzoni
La Valle dei Re disegnata da Belzoni

La mostra delle decorazioni provenienti da quest’ultimo, allestita a Londra nel 1821, ebbe un enorme successo e stimolò un notevole interesse generale per l’antica Tebe e il turismo in Egitto. Usando una mistura di cera d’api, resina e terra, che Belzoni aveva preparato in modo che resistesse al caldo del deserto e agli effetti del viaggio, eseguì stampi dei rilievi parietali della tomba, asportando purtroppo da alcune immagini gran parte dei loro colori: ingiuria certo indegna che però, alla fine, risultò la meno grave di quelle che i rilievi avrebbero dovuto subire. I calchi fatti con la speciale mistura avrebbero messo Belzoni in grado di riprodurre in Inghilterra le pareti della tomba perché egli aveva intenzione di esporre il sepolcro di Seti I al pubblico dinanzi al quale aveva un tempo recitato. Anche se Belzoni finì col rimuovere dalla tomba la bara di alabastro e la maggior parte degli altri antichi oggetti, va a suo grande merito il non avere scalpellato nessuna delle decorazioni parietali o asportato i frammenti staccati che in seguito caddero dalle pareti e dai soffitti. I quattrocento disegni e calchi che vennero eseguiti delle decorazioni sono tuttora un prezioso documento archeologico perché alcuni dei testi e delle scene da Belzoni registrati sono rimasti in seguito danneggiati o sono scomparsi.

John Gardner Wilkinson (1797-1875), presente a Tebe una prima volta nel 1824 e poi ancora nel 1827-28, copiò le scene e le iscrizioni nelle tombe private che successivamente portarono al suo celebre libro sulla vita nell’antico Egitto, The Manners and Customs of the Ancient Egyptians, un capolavoro dell’etnografia dei tempi dinastici. Wilkinson perlustrò anche le tombe conosciute nella Valle dei Re e il maggior contributo di Wilkinson alla conoscenza della Valle furono la numerazione delle tombe da lui elaborata e la catalogazione in ordine cronologico dei re che vi erano stati sepolti. Egli stabilì inoltre, per la prima volta, una corretta datazione moderna delle tombe reali ed eseguì la catalogazione nel modo più semplice e diretto. Nel 1827 egli si mise a camminare per la Valle portando con sé un pennello e un vaso di vernice a olio bruna con cui scriveva, sugli accessi alle tombe o sulle vicine rocce, il numero che aveva assegnato a ogni tomba in grandi e chiare lettere e cifre. Cominciò la numerazione dalla tomba della Valle situata più in basso e quindi, proseguendo il cammino in salita sul sentiero centrale, passò continuamente a destra e a sinistra per tracciare i suoi numeri accanto alle tombe aperte fino a raggiunge­re il punto più alto della Valle in cui si sapeva che c’erano tombe. A questo punto del suo sistema la numerazione era arrivata a quindici. Poi ritornò nell’area centrale della Valle e cominciò a scendere nel burrone ove, qualche anno prima, Belzoni aveva scoperto la tomba di Seti I.

KV19
KV19

Passato dinanzi alla porta d’accesso, cui assegnò il numero 17, riprese a salire sul fianco della Valle verso la tomba del principe Ramses Montu-hir-kopesh-ef, cui dette il numero 19, poi ridiscese verso le pendici inferiori della Valle contrassegnando, mentre procedeva, altre tombe.

Wilkinson numerò anche le tombe della Valle Occidentale, scoperte da Belzoni, in un sistema separato perché riteneva che in futuro all’elenco sarebbero state fatte delle aggiunte. Numerò anche molte fra le principali tombe di nobili; sia questo sistema che quello della Valle dei Re sopravvivono ancora oggi. Nel 1830 Wilkinson aveva ormai completato la sua brillante Topography of Thebes and General View of Egypt, in cui era inclusa la sua classificazione e numerazione delle tombe della Valle. Questo libro era la prima trattazione sui monumenti egizi contenente anche la loro storia, una guida sui resti dell’antico Egitto. Proprio in Egitto Wilkinson avrebbe voluto pubblicarlo, ma il suo stampatore di Alessandria si ammalò di colera e morì e Wilkinson finì col mandare il manoscritto a Londra al solito John Murray, che lo pubblicò nel 1835, dopo che l’autore era tornato dall’Egitto. Se la Topography descriveva il paese e i suoi monumenti, Manners and Customs, la società antica e le sue tecnologie. Wilkinson scrisse anche sugli aspetti geologici e geografici dell’Egitto e, nei primi tempi del suo soggiorno, collaborò alla redazione della serie di sottili volumi contenenti riproduzioni di testi geroglifici tratte dai monumenti egizi, che furono uno strumento d’importanza vitale per gli uomini di scienza europei del tempo impegnati nello studio della lingua e della storia antiche dell’Egitto.

Manners and Customs fu probabilmente l’opera di Wilkinson che esercitò la maggiore influenza: riscritta, riveduta e tradotta in diverse lingue europee, per oltre un cinquantennio introdusse generazioni intere di egittologi al tema delle loro ricerche. L’opera trattava pressoché tutti gli aspetti dell’antica cultura, facendo uso principalmente delle testimonianze sopravvissute dai tempi del Nuovo Regno. Sulla base delle informazioni contenute negli antichi dipinti e nelle antiche sculture e sul gran numero di oggetti antichi ancora reperibili in Egitto a quel tempo, Wilkinson ricostruiva in pratica la cultura materiale del Nuovo Regno, integrando il suo studio del materiale antico con il senso comune e una vasta conoscenza della vita contadina nell’Egitto del suo tempo.

Quando, nel 1822, i geroglifici furono decifrati, sorse rapidamente una forte richiesta di copie accurate dei testi egiziani.

Jean-Francois Champollion (1790-1832), autore della decifrazione, trascrisse egli stesso i testi e le scene a Tebe e fu il primo a riconoscere che le iscrizioni delle tombe regali erano testi religiosi e non autobiografici. Ma prima di lui, basandosi sullo studio delle iscrizioni incise sulla Stele di Rosetta, Thomas Young, fisico di fama e medico del St George’s Hospital di Londra, fu in grado di identificare, a titolo di prova i geroglifici del nome di un solo re, Tolomeo, perché soltanto un nome di re, racchiuso in un “cartiglio“, si era salvato nelle versioni sia greca che egiziana dei testi danneggiati. Fu però il solo Champollion a rendersi conto della natura del lavoro di decifrazione in misura sufficiente per avviare uno studio appropriato dell’antica letteratura egizia; e fu uno studio in cui lasciò molto indietro i suoi contemporanei.

Rosetta
La Stele di Rosetta

La prima decifrazione fu però una cosa veloce, una fulminea presa di coscienza rapidamente verificata. Champollion aveva per qualche tempo applicato i valori teorici di alcuni dei geroglifici tradotti a titolo sperimentale alla Stele di Rosetta e all’obelisco di Bankes nel tentativo di tradurre i nomi di re contenuti in altri cartigli: per accertare la giustezza di quelle interpretazioni di prova ne aveva comparato i risultati con i nomi di re menzionati nelle opere degli autori classici. Le connessioni che egli finalmente stabilì fra i nomi di re citati nei testi greci e la vocalizzazione dei geroglifici erano tutt’altro che evidenti e potevano bene sfuggire all’attenzione degli altri studiosi impegnati nello stesso lavoro, ma Champollion aveva un’approfondita conoscenza di molte lingue antiche ed era avvezzo a procedimenti del genere. Con piccoli espedienti Champollion riuscì a decifrare l’intero alfabeto geroglifico. Egli si rese conto che l’antica lingua era scritta con una mescolanza di segni fonetici e segni di altro genere, chiamati determinativi, che identificavano mediante una figura geroglifica la parola formata dai segni alfabetici. Sarebbero passati altri sessant’anni prima che i progressi nello studio dell’antica grammatica consentissero agli studiosi di capire qualche aspetto della natura e dei significati dei testi religiosi iscritti nelle tombe reali, ma Champollion aveva fornito il primo anello di questa catena di comprensione facendo riudire la voce degli antichi. Uno dei risultati più immediati della scoperta di Champollion fu di aprire alla comprensione degli studiosi i documenti scritti di oltre due millenni di storia dell’Egitto. Periodi che in precedenza erano stati considerati barbarici e quasi preistorici potevano adesso diventare oggetto di ricerca storiografica e la massima priorità spettava all’accertamento delle cronologie reali.

Un altro studioso che lavorò nella Valle dei Re, talvolta a fianco di Wilkinson, fu James Burton. L’opera che ciascuno dei due svolse fu complementare a quella compiuta dall’altro perché, sebbene avessero in comune l’interesse per la storia e per la scrittura geroglifica, a Wilkinson stavano principalmente a cuore le scene della vita quotidiana e Burton, almeno nella Valle, si interessava di più agli aspetti architettonici e archeologici delle tombe. Burton si trovava in una buona posizione per apprezzare le antiche tecniche di costruzione e di cavatura delle pietre perché era nato in una famiglia di costruttori e di architetti. A Tebe il giovane Burton scavò molto più di Wilkinson. A Karnak portò alla luce intere pareti del grande Tempio di Amun, comprese quelle in cui erano i grandi bassorilievi sulle battaglie di Seti I, e nello stesso tempio trovò un lungo elenco di re. Eseguì scavi anche nella Valle dei Re. Verificò nuovamente la tomba contrassegnata da Wilkinson come KV 20 (la tomba designata di Hatshepsut) e rilevando che potesse essere in connessione con il tempio situato al di là della montagna. Importante fu il suo lavoro anche per la tomba di Ramses V/VI (la KV 9). Ma il maggiore contributo che Burton rese ai suoi successori che lavorarono nella Valle, è la documentazione da lui fatta di un’altra strana tomba che in seguito è andata completamente perduta. A malapena visibile negli anni a cavallo fra il XIX e il XX secolo, la tomba, denominata KV 5, era sepolta probabilmente sotto il parcheggio per le auto.

Week nell KV 5
Week nell KV 5

Ed infatti nel 1989, grazie ai lavori di ampliamento della strada di accesso alla Valle, l’archeologo egittologo americano Kent R. Weeks, riuscì a riportare alla luce quello che Burton aveva frettolosamente ma accuratamente disegnato. Già la planimetria di Burton dimostrava che era un monumento assolutamente straordinario, con un grandioso corridoio d’ingresso che portava a una sala quadrata in cui c’erano non meno di sedici pilastri e da cui si dipartivano altre camere. Nonostante le difficoltà nell’identificare il proprietario della tomba, Burton perseverò in condizioni difficili e probabilmente pericolose e trovò il cartiglio di Ramses II, figlio di Seti I. Ma non era a lui che apparteneva la tomba e solo con la riscoperta del 1989 si è appurato che appartenesse alla serie di figli del grande faraone.

Nel 1842, due anni dopo l’arrivo in Egitto di Burton, un suo lontano parente, Robert Hay, si recò anch’egli nella Valle dei Re per studiare le grandi tombe. Negli anni Venti e Trenta dell’Ottocento un gran numero di giovani architetti e pittori visitò l’Egitto. C’era molto interesse per l’antica civiltà e le sue forme artistiche erano molto ammirate Come Robert Hay, molti di quegli architetti erano disegnatori estremamente ben preparati. Alcuni viaggiavano con la camera lucida, un congegno per facilitare il disegno inventato appena qualche anno prima dal dottor William Hyde Wollaston, eminente chimico e fisico della Royal Institution. In differenti occasioni Hay assunse al suo servizio molti di quegli architetti e pittori itineranti per farsi aiutare nel lavoro. Il gruppo di Hay prendeva spesso alloggio nella tomba di Ramses IV che, oltre mille anni prima, era stata il centro della piccola comunità cristiana della Valle. Hay fu molto colpito dalla presenza dei sarcofagi in questa come nelle altre tombe, realizzandone molti disegni. Per gli studiosi che non sono in grado di visitare le tombe, quindi, i disegni dei pittori e degli architetti di Hay conservano tuttora un grande valore pratico e tutti i quarantanove volumi in cui furono raccolti sono custoditi nel British Museum con quelli di Burton.

Ma la stagione delle grandi spedizioni deve ancora iniziare…

 

Daniele Mancini

 

Per un approfondimento bibliografico:

BELZONI, G., Viaggi In Egitto e in Nubia, MILANO, 1925

ROMER, J., La Valle dei Re, MILANO, 1981

WILKINSON, SIR J. G., The Topography of Thebes and General View of Egypt, LONDRA, 1835

WILKINSON, SIR J. G., The Manners and Customs of the Ancient Egyptians, LONDRA, 1837

WEEKS, K. R., (a cura di), La Valle dei Re. Le Tombe e i Templi funerari di Tebe Ovest, VERCELLI, 2001

CHAMPOLLION, J. F., Lettre à M. Dacier relative à l’Alphabet des Hiérogiphes phonétiques, PARIGI, 1822

BURTON, J., Add. Manoscritti 25613-73, British Library, LONDRA

 

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