giovedì, 10 Ottobre 2024
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“TRAFUGHIAMO IL CORPO DI GESÙ”

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Premessa. E’ un racconto che non desidera essere blasfemo o urtare la sensibilità dei Cristiani, miei lettori e non. E’ un racconto che non vuole nemmeno essere una verità assoluta, è un racconto e basta sulla fine del corpo di Gesù! La mia è, comunque, una posizione relativista: è un racconto su Gesù le cui idee avrebbero dovuto rivoluzionare il mondo ma che, invece, l’hanno solo maledettamente ulteriormente complicato.

L’ispirazione dal romanzo dello scrittore greco Nikos Kazantzakis, L’ultima tentazione, del 1955 e pubblicato postumo nel 1960, con la successiva trasposizione cinematografica di Martin Scorsese del 1988, è stata enorme e fondamentale per la redazione di questo racconto che vorrebbe distinguersi dalle normali narrazioni sulla morte di Gesù.

Buona lettura.


Nella notte tra il sabato e la domenica dopo la Pasqua, Quinto Cassio Longino di Anxanum, Lucio Vezio Glabrio di Teate Marrucinorum, accompagnati da due soldati al servizio del centurione, si recarono alla tomba dove alcuni uomini di Gerusalemme deposero il corpo di quel Gesù ritenuto “il messia”, tomba appartenente a un membro del Sinedrio, tale Giuseppe Di Arimatea.

Il compito segreto affidato a Longino e Glabrio, direttamente dall’imperatore Tiberio, che inviò a Gerusalemme Decimo Cornelio Lentulo Getulico, figlio del console Gneo, era quello di trafugare il corpo di Gesù per disperderne i resti: l’imperatore ebbe ricevuto diverse missive sulla pericolosità di Gesù e non desiderava farne un martire dei Giudei o il pretesto per una rivolta.

Dopo aver trafitto al costato Gesù crocifisso per constatarne la morte, Longino fu stato assalito da mille dubbi sulla vera natura di quell’uomo, lasciandosi, forse, trasportare, dalla gente che accorse alla sua esecuzione. Ma qualche ora dopo la deposizione del corpo nella tomba, il centurione ricevette la visita di Decimo Cornelio con i precisi ordini dell’imperatore, scavalcando anche l’autorità di Ponzio Pilato, il prefetto in carica della Giudea, che non verrà mai a sapere dell’ordine di Tiberio.

Quella notte, Longino e Glabrio, accompagnati dai due fedelissimi commilitoni, con una banale scusa, riuscirono a far allontanare i soldati del Sinedrio di guardia al sepolcro che, con il sacchetto di monete loro donato, trascorsero il resto della notte in una locanda di Gerusalemme a bere vino e divertirsi con le donne.

Arrivati davanti alla pietra tombale, tutte le perplessità di Glabrio si amplificarono, immediatamente fugate dall’ordine perentorio di Longino: “Trafughiamo il corpo di Gesù!”

I quattro uomini, di buona lena, iniziano a rimuovere la pietra del sepolcro, adoperando mazze e bastoni per le opportune leve. Dopo diversi minuti di intensa fatica, riescono a spostare il masso: i profumi degli olii aromatici della sepoltura, uniti al tremendo fetore della decomposizione, giunsero alle loro narici, facendo distorcere il viso a tutti e quattro.

Alla luce delle torce individuarono il corpo, avvolto in un sudario. Longino ordinò ai due soldati di preparare una lettiga con rami di alberi e foglie di palme presenti nei dintorni. All’interno, Longino e Glabrio, dopo un breve ma intenso sguardo, rivolsero la loro attenzione al corpo: una strana sensazione li avvolse e soprattutto Longino ne sembrò particolarmente colpito.

Glabrio, invece, intese rispettare fermamente gli ordini dell’imperatore e attirò l’attenzione di Longino, quasi fissa su quell’immagine distesa, bianca, eterea, con piccoli rivoli di sangue che avevano attraversato il sudario. Con un colpo sul braccio ricevuto da Glabrio, Longino si svegliò dal suo stato catatonico ma non riuscì a restare nel sepolcro e corse a dare una mano ai soldati per la lettiga. Glabrio, nel frattempo, ispezionò attentamente il resto del sepolcro senza alcun risultato.

In pochi attimi la lettiga fu pronta e i soldati la condussero nel sepolcro: anche costoro, alla vista del corpo, rimasero per un attimo bloccati e sempre Glabrio li incitò: “Affrettiamoci!”. Longino e un soldato afferrarono il corpo ormai rigido di Gesù e lo posero sulla lettiga e tutti e quattro portarono il pietoso fardello all’esterno del sepolcro.

Di buona lena, ripresero la strada del sentiero che li avrebbe condotto in città, verso una casa riservata ai veterani romani. Deposero il corpo in una enorme cassa che il mattino successivo sarà imbarcata su una nave, destinatione Hortona!

Il resto della notte, fino all’alba, fu agitato, per i quattro uomini. Glabrio sognò di strane figure che lo trattenevano incatenato alla pietra del sepolcro; Longino, invece, il sangue di Gesù che usciva dalla ferita infertagli sulla croce e lo inondava fino ad affogarlo…

Al mattino, quando l’alba era già sorta, Longino ordinò a uno dei soldati di procurare un carro con cui condurre la cassa alla nave in partenza. Nel frattempo, un viavai di soldati correva senza senso per le strette vie di Gerusalemme. Uno di questi urla ai quattro: “Hanno trafugato il corpo di quel Gesù processato da Pilato!”.

Senza indugi e con calma apparente, giunsero alla nave, imbarcarono la cassa e si rifugiarono sul ponte inferiore della nave. Li attendeva un lungo viaggio di venti giorni verso Hortona.

La navigazione fu tranquilla, poche le tappe e all’alba di una mattina della fine del mese di Aprile scorsero il porto di Hortona. Ad attenderli,
Decimo Cornelio Lentulo Getulico, un carro, due contadini ignari e i nuovi ordini: raggiungere le campagne di Anxanum e ridurre in cenere la cassa e il suo contenuto. L’urna con i resti dovrà essere consegnata a Decimo Cornelio e portati a Tiberio, a Villa Jovis, a Capri.

I quattro soldati eseguirono gli ordini: il giorno successivo, Longino consegnò le ceneri a Decimo Cornelio, il quale donò al centurione quattro papiri vergati dall’imperatore: terreni e proprietà nei rispettivi luoghi di origine, 500 mila sesterzi a ciascuno, era  il riconoscimento di Tiberio per i loro preziosi servigi! Longino, perplesso, accolss i volumina di papiro e si congedò da Decimo Cornelio, che non incontrerà mai più.

Longino lasciò l’esercito romano e si rifugiò in una contrada poco distante da Anxanum, costruendo una villa sulle terre donategli dall’imperatore. Avrà sempre un indelebile ricordo di quell’uomo crocifisso per volere di poteri più forti di lui stesso. Glabrio, tornò da veterano a Teate Marrucinorum e donò una sostanziosa fetta del regalo dell’imperatore a suo nipote Marco Vezio Marcello, che poco dopo la morte di Glabrio, edificherà un nuovo foro per la sua Teate, senza far menzione della provenienza dei denari. Dei due soldati, i ricordi si dispersero nella memoria dei tempi. L’urna cineraria?

Ovviamente, tutto questo è un semplice racconto!

Daniele Mancini

Teate si racconta

6 pensieri riguardo ““TRAFUGHIAMO IL CORPO DI GESÙ”

  • Armando de Grandis

    caro Daniele, il racconto è interessante ma, visto che il corpo trafugato (o comunque le sue ceneri o i suoi resti) dovendo raggiungere Capri deve attraversare tutto il Sannio (partendo da Hortona). E visto il tragitto molto impervio, può darsi che quei resti non vi siano mai arrivati, perché, (guarda caso), nei pressi di Juvanum esiste un manufatto chiamato “la tomba di Cristo”. Non ti sembra un epilogo più intrigante? Senza dimenticare i soprannomi collettivi abruzzesi legati alla vicenda: i lancianesi “frijacriste”, “li nghiovacrite” di Capistrello, etc.

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    • Daniele Mancini

      Carissimo Armando, conosco le varie leggende e potrebbero essere degni finali del racconto, come anche quello che ho in mente ma che, ora, non ti rivelero’.
      Grazie e a presto

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  • Antonio D'Urbano

    Beh, alla fantasia tutto è consentito; allo storico no. E dunque il racconto non mi è piaciuto molto. Non dico scherza con i fanti ecc., ma forse se si leggono studi (seri, scientifici) ad esempio sulla Sindone, la fantasia trova altri campi in cui eccellere

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    • Daniele Mancini

      Carissimo Professore,
      grazie per leggermi e grazie per la sua critica. Mi spiace se ho urtato la sua sensibilità. Ritengo gli studi sulla Sindone molto seri, anche se il manufatto in questione è un falso storico!

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  • Andrea

    Resta comunque il fatto che un gruppo di ebrei ortodossi, semi-analfabeti (i discepoli) dopo la delusione per la morte del loro maestro e la paura di fare la stessa fine, di li a poco si mettono a predicarne la resurrezione a rischio della vita…infatti molti moriranno “martiri” piuttosto che rinnegare.. saluti…

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    • Daniele Mancini

      Andrea, grazie per aver letto e commentato il mio racconto. Purtroppo questi ebrei ortodossi semi analfabeti ha creato una religione che quasi governa il mondo moderno! A presto.

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