venerdì, 26 Luglio 2024
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TANGENTE ALL’IMPERATORE ROMANO, ISCRIZIONE DA NICOPOLIS AD ISTRUM, BULGARIA

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Le capacità demagogiche degli imperatori romani sono ben note e un’antica iscrizione in greco risalente al II secolo d.C. dimostra, per l’ennesima volta, questa peculiarità insita in chiunque assumesse il principato romano. L’iscrizione immortala un ringraziamento dell’imperatore Settimio Severo per un sostanzioso dono di monete d’argento della città di Nicopolis ad Istrum, nell’attuale Bulgaria, per confermare la sua lealtà all’imperatore: uno studio rivela una nuova traduzione della lapide rinvenuta nel 1923.

Durante un periodo di sconvolgimenti politici a fine II secolo d.C., dopo l’assassinio di Commodo, l’impero romano era alla mercè dei generali delle varie legioni e i residenti di Nicopolis ad Istrum sostenevano Pescennio Nigro, sconfitto in seguito da Settimio Severo. Dopo questa sconfitta, gli abitanti di Nicopolis ad Istrum inviarono prontamente al vincitore ben 700.000 monete d’argento, come segno di fedeltà.

L’imperatore Settimio Severo riconobbe apertamente di accettare la loro donazione in una missiva inviata alla città nel 198 d.C., iscritta in greco. Il testo della lettera è stato poi immortalato dalla città in un monumento recentemente restaurato.

Nicolay Sharankov, docente presso il Dipartimento di Filologia Classica dell’Università di Sofia, in Bulgaria, ha realizzato una nuova traduzione del manufatto litico, rendendola disponibile al pubblico per la prima volta, aggiornando una precedente traduzione in inglese dello storico ed epigrafista James H. Oliver.

Nicopolis ad Istrum fu fondata dall’imperatore romano Traiano all’inizio del II secolo e crebbe rapidamente fino a diventare una fiorente metropoli, popolata da artigiani, commercianti, piena di sculture e architetture riccamente decorate; la città ebbe persino una sua zecca ed è stata inserita nella lista provvisoria del Worl Eritage Centre dell’UNESCO.

Secondo Kalin Chakarov, archeologo e direttore del Museo Regionale di Storia di Veliko Tarnovo, in Bulgaria, dopo la morte di Commodo, nel 192 d.C., gli abitanti della città potrebbero essersi trovati in una situazione potenzialmente pericolosa quando decisero di appoggiare un candidato al trono che fu poi sconfitto e dovettero dimostrare al nuovo imperatore che erano fedeli sudditi. Chakarov ritiene che decisero, probabilmente, di scrivere all’imperatore, implorando pietà e donandogli di 700.000 denarii d’argento per ribadire la loro fedeltà.

Sono poche le missive scritte dagli imperatori romani giunte fino a oggi e in questo raro esempio, riprodotto su pietra, Settimio Severo accetta dalla città la “tangente” , definita un “contributo in denaro”, secondo la nuova traduzione di Sharankov.

Secondo Chakarov, dunque, il monumento, recentemente restaurato, è la risposta dell’Imperatore Settimio Severo e di suo figlio Caracalla ai cittadini di Nicopolis ad Istrum. Ovviamente non lesinano nel descrivere le loro vittorie e affermano di ricevere questo dono da chi ha deciso di schierarsi da “la parte giusta”. La risposta dell’imperatore fu così importante per la città che le autorità locali decisero di scolpirne le parole su un possente manufatto in pietra calcarea locale alto circa 3 metri e largo 1 m, dal peso di circa 2 tonnellate.

Quando gli archeologi hanno scoperto la lastra scolpita tra le rovine di Nicopolis ad Istrum nel 1923, la trovarono gravemente danneggiata, con diversi frammenti oggetto di fuochi e fiamme, secondo quanto riportato dal sito Archeology in Bulgaria.

Il monumento è stato conservato frammentato fino alla fine del 2019 quando una sovvenzione statale ha consentito agli epigrafisti e agli archeologi di iniziare il processo di recupero e conservazione durato sette mesi. Una volta restaurato, il monumento è stato posto all’interno del sito archeologico di Nicopolis ad Istrum, accanto alla rinnovata traduzione in bulgaro e inglese.

Sembra che Settimio Severo fu chiaramente compiaciuto del gesto tanto da lodare i cittadini di Nicopolis ad Istrum per il loro “zelo”, dimostrando la loro lealtà e il desiderio di offrire la migliore reputazione possibile nei confronti della famiglia imperiale. L’imperatore non si limitò ad accettare doni in denaro: nella sua lettera si descrisse come erede dell’imperatore Marco Aurelio, che regnò dal 161 d.C. al 180 d.C.,  legittimandosi così davanti al popolo. La sua politica, soprattutto, riconnettendosi con l’età degli Antoninii, perseguì quell’ “umanitarismo” che contraddistinse l’età dei predecessori fino a Marco Aurelio.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Traiano

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