venerdì, 6 Dicembre 2024
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STATUE ANTICHE DI DIVINITA’ PERDUTE E DOVE TROVARLE…

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Le statue delle divinità erano costantemente presenti nelle principali piazze dei centri urbani antichi e, soprattutto, all’interno dei templi ma, molte di quelle meglio conosciute attraverso le testimonianze letterarie non sono mai state trovate.

Tra queste, la statua crisoelefentina, in avorio e oro, alta oltre 12 metri, della dea greca Atena che un tempo si trovava nella cella del Partenone oppure una statua in legno del dio babilonese Marduk, ricoperta d’oro e argento, ospitata nel tempio principale di Babilonia.

Secondo L’archeologo Jorrit Kelder dell’Università di Amburgo anche gli artisti dell’Impero ittita, che governò l’Anatolia dal 1600 al 1200 a.C. circa dalla sua capitale Hattusha, crearono statue di divinità sia in legno che in materiali preziosi che, da allora, sono scomparse. Kelder suggerisce che la mano chiusa a pugno  in argento (vedi foto), conservata al Museum of Fine Arts di Boston, che per decenni gli archeologi hanno identificato come un rhyton, un tipo di vaso rituale utilizzato per le libagioni, potrebbe in realtà essere la parte di una statua a grandezza naturale del dio ittita del tempo, Tarhuna, il dio del tempo, responsabile delle varie manifestazioni meteorologiche.

Kelder conferma il suo interesse a mettere in discussione le certezze nel campo archeologico che sono state ripetute così spesso e non sono mai state realmente messe in discussione da quando sono state proposte per la prima volta, divenendo spesso elementi certi della narrativa archeologica. L’identificazione del pugno come un vaso è proprio uno di questi manufatti che potrebbero essere smentiti.

Una prova che Kelder ha porta a sostegno della sua nuova interpretazione è il fregio che corre attorno alla parte superiore del manufatto. Raffigura una processione che include Tarhuna e il re ittita Tudhaliya II, che regnò dal 1375 al 1355 a.C. circa, mentre eseguono un rituale di libagione.

Se il il recipiente mostrato nella raffigurazione è chiaramente un recipiente per versare, Kelder ritiene che il pugno non lo sia: la sua forma particolare sarebbe stata scomoda e complicata da cui bere o anche solo da cui versare liquidi. Kelder ha anche scoperto che i testi ittiti contengono numerose menzioni di statue di culto in legno. Infine, nota Kelder, c’è una sezione strappata sul bordo dove un chiodo potrebbe aver fissato il pugno a un braccio di legno, che non sopravvive in questa particolare ricerca.

Kelder propone, dunque, che il pugno possa essere il primo oggetto di un mondo perduto di immagini divine ittite a fungere da importate elemento di statua.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Jorrit Kelder

 

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