venerdì, 26 Luglio 2024
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RICERCHE SUL DIVARIO DI GENERE NELL’ANTICO MONDO EGIZIANO

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Se gli egittologi studiassero solo i possenti monumenti di pietra e granito, gli scintillanti sarcofagi dorati e le decorazioni tombali dai colori vivaci, interpreterebbero l’antico Egitto come un mondo quasi esclusivamente al maschile. La maggior parte delle piramidi e dei templi furono costruiti per glorificare i faraoni di genere maschile e la maggior parte delle tombe, sontuosamente decorate, che gli archeologi hanno portato alla luce, appartenevano a uomini.

Secondo l’egittologa Ines Köhler dell’Università Humboldt, esiste un enorme divario di genere e una preferenza verso gli uomini nella documentazione archeologica ma le classi dirigenti avevano figli e, quindi, dovevano esserci almeno alcune donne, tranne in alcuni rari casi, si veda Hatshepsut! Alcune di queste donne “invisibili” potrebbero nascondersi in bella vista su manufatti meno evidenti, come una stele di pietra calcarea dipinta, alta circa 50 cm e in mostra al Metropolitan Museum of Art.

Rinvenuta da un team del museo negli anni ’30 in una tomba a pozzo nella Necropoli di Tebe, la stele risale alla fine del Medio Regno (2030-1640 aC circa). La Köhler e la sua collega egittologa dell’Università Humboldt, Eva-Maria Engel,  hanno recentemente riesaminato la stele e tradotto la sua iscrizione geroglifica.

Raffigura due donne adulte e due giovani ragazze, forse sorelle, identificate dai nomi personali, che compaiono sopra le loro teste. Stanno accanto a un tavolo per le offerte sormontato da carne, verdure, frutta e pane, sotto il quale si trovano vasi pieni di bevande. Queste quattro figure non sono, tuttavia, le uniche donne menzionate sulla stele, poiché ci sono nove nomi femminili in totale.

Köhler ed Engel hanno concluso che alcune delle donne appartenevano a quattro generazioni di un’unica famiglia, tra cui una nonna, una madre, sua nipote e le sue figlie. Inizialmente gli studiosi supponevano che la stele fosse caduta accidentalmente nella tomba di un uomo, assegnandola come sepoltura maschile. Ironizzano le ricercatrici osservando che le stele maschili non vengono mai descritte come cadute accidentalmente nei pozzi e si assegnano quasi sempre a un uomo. dunque, questa tomba non può non essere appartenuta a una donna o a più donne.

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Sono comuni le stele egiziane che identificano famiglie estese di più generazioni, ma Köhler afferma che gli esempi che includono solo donne sono molto rari. E, sebbene almeno alcune delle donne fossero parenti di sangue e ritiene che potrebbe anche essere state legate da una professione condivisa legata alla salute delle donne, al parto e alla cura dei bambini.

Secondo la Enegel, la maggior parte delle professioni femminili nell’antico Egitto non hanno titoli, seppur ci siano delle delle eccezioni, come la cantatrice e la sacerdotessa, ma, spiega, altri ruoli sono attestati meno frequentemente e quindi difficili da identificare. Köhler suggerisce che le donne trasmettano informazioni sull’ostetricia, sull’educazione dei figli, sulle malattie e sulla salute delle madri e dei bambini, creando una rete di professionisti senza titolo e, probabilmente, le donne sulla stele erano molto vicine perché facevano tutte la stessa cosa e condividevano le conoscenze accumulate.

L’identificazione della tomba da parte di Köhler ed Engel come appartenente a una o più donne impegnate nella cura delle donne e dei bambini è rafforzata dalla scoperta nell’asta di una zanna della nascita, fatta di avorio di ippopotamo, anch’essa risalente al tardo Medio Regno.

L’oggetto è scolpito con l’immagine di una testa di volpe con fiori di loto tra le orecchie e una fila di figure tra cui uno sciacallo armato di coltello, una rana, un coccodrillo e un grifone. Esistono molti esempi di zanne di nascita, che a volte vengono identificate come bacchette magiche, ma la Köhler spiega che, poiché la maggior parte arriva ai musei attraverso il mercato dell’arte, di solito è impossibile stabilirne il contesto originale.

Tuttavia, in base alle immagini rinvenute su questi manufatti, simboli protettivi, demoni, animali e talvolta divinità particolari o anche un’iscrizione relativa alla sicurezza di una madre e di un bambino, sembra chiaro che fossero associati alla nascita e alla protezione dei bambini, e madri e bambini dopo il parto, con quello che Köhler ed Engel chiamano un ambiente più femminile.

Le ricercatrici sostengono che esistono papiri medici che spiegano molto sulla salute delle donne, e soprattutto sulla contraccezione, sulle mestruazioni e forse anche sull’aborto, ma non su come affrontare il parto, l’ostetricia, l’allattamento al seno o la cura dei bambini. Questo tipo di conoscenza, evidentemente, veniva trasmessa oralmente e queste donne potevano essere in qualche modo invisibili nella documentazione archeologica classica. Senza dubbio, esistono tracce più sottili della vita delle donne nei documenti egittologici che aspettano di essere scovate da coloro che sanno cercarle…

 

Daniele Mancini

Per ulteriori info:  Journal of the American Research Center in Egypt

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