mercoledì, 16 Luglio 2025
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MISSIONE ARCHEOLOGICA ANGLO-EGIZIANA PORTA ALLA LUCE NUOVE STRUTTURE DI IMET, DELTA DEL NILO

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Gli archeologi dell’Università di Manchester hanno svolto un ruolo di primo piano nella riscoperta dell’antica città di Imet, nel delta orientale del Nilo in Egitto, riportando alla luce abitazioni a più piani, granai e una strada cerimoniale legata al culto della dea cobra Wadjet.

Gli scavi di Tell el-Fara’in (noto anche come Tell Nabasha) fanno parte di una missione congiunta anglo-egiziana con l’Università di Sadat City al Cairo, diretta da Nicky Nielsen dell’Università di Manchester. Combinando il telerilevamento con l’archeologia sul campo, il team ha iniziato a trasformare la comprensione della vita urbana, religiosa ed economica di questa città del Delta del Nilo durante il IV secolo a.C.

Utilizzando immagini satellitari ad alta risoluzione, Nielsen e il suo team hanno identificato gruppi di strutture realizzati in mattoni crudi, prima degli scavi archeologici veri e propri. Questo approccio ha portato alla scoperta di numerosi resti architettonici, tra cui imponenti “case-torri”: edifici a più piani sostenuti da muri di fondazione eccezionalmente spessi, progettati per ospitare una popolazione in crescita in una regione del Delta sempre più urbanizzata.

Secondo Nielsen, queste strutture si trovano principalmente nel Delta del Nilo tra il Periodo Tardo e l’epoca romana e sono rare altrove in Egitto: la loro presenza dimostra che Imet era una centro fiorente e densamente edificato con un’infrastruttura urbana complessa.

Ulteriori scoperte includono un’area pavimentata per la lavorazione del grano e recinti per gli animali, che indicano un’economia locale attiva oltre al suo significato religioso.

Altrove, gli scavi hanno rinvenuto un grande edificio con pavimento realizzato in calce calcarea e massicci pilastri risalenti alla metà del periodo tolemaico. Questo edificio fu costruito di fronte alla strada processionale che un tempo collegava il tempio di Wadjet, la divinità protettrice della città. Questo percorso cerimoniale sembra essere caduto in disuso a metà del periodo tolemaico, offrendo una panoramica sui mutevoli paesaggi religiosi dell’antico Egitto.

I reperti del sito riflettono una vibrante cultura spirituale. Tra i manufatti più importanti figurano un ushabti in faience verde della XXVI dinastia, una stele del dio Arpocrate con iconografia protettiva e un sistro in bronzo decorato con le teste gemelle di Hathor, dea della musica e della gioia.

Il coinvolgimento dell’Università di Manchester continua a dare forma alle narrazioni globali delle città dimenticate dell’Egitto, riportando alla luce l’antico Delta, una scoperta alla volta.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Università di Manchester

SunCity

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