martedì, 3 Dicembre 2024
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LE ORIGINI DEL FUMO DELLA CANNABIS

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La pubblicazione di uno studio sulla cannabis, nell’ancor abbastanza bigotto Bel Paese, suscita disappunti e disprezzo in una popolazione soggiogata ai voleri e ai poteri di una classe governativa incapace.

Questo studio, condotto da ricercatori della University of the Chinese Academy of Sciences, dalla Chinese Academy of Social Sciences e del Max Planck Institute for the Science of Human History, fornisce alcune delle prime prove chiare sull’uso della cannabis, con i suoi composti psicoattivi e la consapevolezza della presenza di tetraidrocannabinolo (THC), un principio attivo della pianta.

Le piante di cannabis sono state coltivate in Asia orientale per i loro semi oleosi e le fibre almeno dal 4000 a.C. Poco si sa, tuttavia, sull’uso precoce e sull’eventuale coltivazione della pianta per le sue proprietà psicoattive e medicinali. Nonostante sia oggi una delle droghe psicoattive più utilizzate al mondo, ci sono poche prove archeologiche o storiche sull’uso della cannabis nel mondo antico.

I ricercatori hanno identificato composti psicoattivi conservati in bruciatori di incenso funerari databili 2500 anni or sono, provenienti dalla necropoli Jirzankal nel Pamir orientale, in Cina, che mostrano come alcuni individui stavano selezionando piante con livelli sempre più elevati di THC, bruciandole come parte dei rituali funerari.

Questa è la prima prova chiara, finora, di utilizzo della cannabis per le sue proprietà psicoattive. Lo studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista Science Advances.

I ricercatori hanno utilizzato la gascromatografia-spettrometria di massa per isolare e identificare i composti conservati negli antichi bracieri di legno scoperti dagli archeologi della Chinese Academy of Social Sciences che stavano scavando nelle alte regioni montuose della Cina occidentale.

I bracieri sono stati recuperati da tombe risalenti a 2500 anni fa scoperte sulle montagne del Pamir. La firma chimica dei composti isolati corrispondeva esattamente alla firma chimica della cannabis.

Inoltre, le analisi indicavano un livello più elevato di THC rispetto a quello che si trova normalmente nelle piante di cannabis selvatiche. I dati prodotti dallo sforzo di ricerca, che ha riunito archeologi e scienziati di laboratorio di Pechino, Cina e Jena, in Germania, forniscono prove evidenti del fatto che le popolazioni antiche dei monti Pamir hanno bruciato specifiche varietà di cannabis con livelli di THC sempre più elevati.

I risultati sono confermati da ulteriori rinvenimenti della cannabis provenienti dalle sepolture più a nord, nella regione dello Xinjiang, in Cina, e nei monti Altai della Russia.

Secondo Nicole Boivin, direttrice Department of Archaeology al Max Planck Institute for the Science of Human History, i risultati supportano l’idea che le piante di cannabis siano state utilizzate per la prima volta per i loro composti psicoattivi nelle regioni montuose dell’Asia centrale orientale, per poi diffondersi in altre regioni del mondo.

Lo studio suggerisce che la cannabis era probabilmente diffusa lungo le rotte commerciali, lungo la Via della Seta. Le rotte di scambio funzionavano più come i raggi di una ruota di carro di una strada a lunga percorrenza, ponendo l’Asia centrale nel cuore del mondo antico.

Robert Spengler, archeobotanico al Max Planck Institute, ritiene che lo studio implichi che la conoscenza del fumo di cannabis, e specifiche varietà di produzione chimica della pianta, fossero tra le tradizioni culturali che si sono diffuse lungo queste rotte di scambio.

Lo studio suggerisce anche che gli individui potrebbero aver cercato e successivamente coltivato più varietà psicoattive di cannabis da utilizzare nei rituali di sepoltura.

Yang Yimin, docente presso l’University of the Chinese Academy of Sciences, ritiene che questo studio sull’antico uso della cannabis ci aiuta a comprendere le prime pratiche culturali umane e la consapevolezza intuitiva umana delle sostanze fitochimiche naturali nelle piante, aprendo una finestra unica sui dettagli dello sfruttamento delle piante antiche e della comunicazione culturale che altri metodi archeologici non possono offrire.

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Cina

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