LA CULTURA FENICIA SI DIFFUSE ATTRAVERSO LO SCAMBIO CULTURALE
La Cultura fenicia emerse nelle città-stato dell’Età del Bronzo del Levante, sviluppando innovazioni di rilievo come il primo alfabeto, da cui derivano molti sistemi di scrittura odierni. All’inizio del I millennio a.C., le città fenicie avevano creato una vasta rete di empori commerciali che si estendeva fino alla Penisola iberica, diffondendo la loro cultura, culti religiosi e lingua in tutto il Mediterraneo centrale e occidentale.
Nel VI secolo a.C., Cartagine, una colonia costiera fenicia in quella che oggi è la Tunisia, era giunta a dominare la regione mediterranea. Queste comunità, culturalmente fenicie, associate o governate da Cartagine, divennero note ai Romani come “puniche” e lasciarono il segno nella storia per le tre “Guerre puniche” combattute su larga scala contro la nascente Repubblica romana, tra cui la celebre campagna del generale cartaginese Annibale per attraversare le Alpi.
Nell’ambito delle ricerche del Max Planck-Harvard Research Center for the Archaeoscience of the Ancient Mediterranean, co-diretto da Johannes Krause, direttore del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, e Michael McCormick dell’Università di Harvard, un team internazionale di ricercatori ha pubblicato uno studio sulla storia genetica di queste antiche civiltà del Mediterraneo.
Il nuovo studio mirava a utilizzare il DNA antico per caratterizzare l’ascendenza dei Punici e cercare legami genetici tra loro e i Fenici levantini, con i quali condividono cultura e lingua. Questo è stato reso possibile sequenziando e analizzando un ampio campione di genomi provenienti da resti umani sepolti in 14 siti archeologici fenici e punici che si estendono tra il Levante, il Nord Africa, la Penisola Iberica e le isole mediterranee di Sicilia, Sardegna e Ibiza.
I ricercatori hanno rivelato un risultato inaspettato. Secondo l’autore principale, Harald Ringbauer, ricercatore presso l’Università di Harvard e ora responsabile di un gruppo di ricerca presso il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, è stato possibile riscontrare un contributo genetico diretto dei Fenici levantini alle popolazioni puniche del Mediterraneo occidentale e centrale, fornendo una nuova prospettiva su come si diffuse la cultura fenicia: non attraverso migrazioni di massa su larga scala, ma attraverso un processo dinamico di trasmissione e assimilazione culturale.
Lo studio evidenzia che i siti punici ospitavano popolazioni con profili genetici estremamente diversi e straordinariamente eterogeneo. Secondo David Reich, docente di Genetica e Biologia Evolutiva Umana all’Università di Harvard, che ha co-diretto lo studio, in ogni sito, le popolazioni presentavano un’ascendenza estremamente variabile, con la principale fonte genetica costituita da popolazioni simili alle popolazioni contemporanee della Sicilia e dell’Egeo, e da molte popolazioni con una significativa ascendenza nordafricana.
I risultati sottolineano la natura cosmopolita della cultura fenicia e del mondo punico. Individui di discendenza nordafricana vivevano accanto e si mescolavano con una maggioranza di persone di discendenza prevalentemente siculo-egea in tutti i siti punici campionati, inclusa Cartagine. Inoltre, le reti genetiche che attraversano il Mediterraneo suggeriscono che i processi demografici condivisi, come il commercio, i matrimoni misti e la mescolanza di popolazioni, abbiano svolto un ruolo cruciale nella formazione di queste comunità. I ricercatori hanno persino trovato una coppia di parenti stretti (cugini di secondo grado) che attraversavano il Mediterraneo, uno sepolto in un sito punico nordafricano e l’altro in Sicilia.
Ilan Gronau, docente di Informatica presso la Reichman University di Herzliya, in Israele, che ha co-diretto lo studio, ritiene che questi risultati rafforzano l’idea che le antiche società del Mediterraneo fossero profondamente interconnesse, con popolazioni che si spostavano e si mescolavano spesso su grandi distanze geografiche e studi come questo evidenziano la potenza del DNA antico nella sua capacità di far luce sull’ascendenza e la mobilità di popolazioni storiche per le quali si dispone solo di documenti storici diretti relativamente scarsi.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: Istituto Max Planck per l’Antropologia Evolutiva