martedì, 23 Aprile 2024
Archeologia&Dintorni

IL MITO DI DÈMETRA E PERSÈFONE RACCONTATO IN UNA FAVOLA

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Alcuni dei miei studi mi hanno portato a conoscere Dèmetra e Persèfone, i santuari a loro dedicati in giro per il Mediterraneo. Ho deciso, però, di raccontare, in favola per bambini, dedicato a mia figlia il cui nome è Dèmetra, proprio il mito di questa madre e di sua figlia.

Ogni popolazione umana ha creato una sua cosmogonia e i Greci non sono stati da meno, ne hanno create ben quattro: quella di Omero, quella di Esiodo, quella orfica e quella pelasgica.

Dalla ballerina Eurinòme e il suo sposo Ofione nella mitologia pelasgica, a Gea e Urano nella mitologia “allegorica” di Esiodo, secondo il quale ogni potere dispotico sarà “reciso” (zaaac…) dal tempo.

Secondo Omero, invece, dalle acque del fiume Oceano, che scorreva lungo gli estremi margini del mondo, nasceva l’origine degli Dei e degli uomini.

Aion, divinità ellenica associata al tempo, che racchiude tutto l’universo, secondo la cosmogonia orfica, è il dio dell’eternità: avvolto dalle spire di un serpente, la ciclicità della vita, è generato Protogones, la prima divinità nella cosmogonia orfica.

La cosmogonia dalle quale tratto la narrazione della favole di Dèmetra e Persèfone, è quella di Esiodo. Buona lettura.


Le giornate sul Monte Olimpo erano sempre noiose e rare le occasioni che smuovevano la monotona vita di dee e dei. Se Afrodite pensava solo ai suoi amori e quelli degli umani, Ares macchinava guerre e strategie militari, Atena, invece, sviluppava nuove scienze e tecnologie.

Quando fu deposto Crono a favore di Zeus, il nuovo padrone dell’Olimpo, in tre avevano diritto a succedere al crudele padre tiranno: i tre fratelli Zeus, appunto, Ade e Poseidone.

Da buoni fratelli, decisero di lasciare alla sorte la decisione su chi dovesse succedere a Crono: misero tre dadi in un elmo e sorteggiarono il regno del Monte Olimpo. Zeus pescò il dado della folgore e si attribuì il regno del cielo, Poseidone prese il dado del tridente ed ebbe il regno del mare, Ade, invece, pescò la falce e gli fu assegnato il mondo dell’oltretomba.

Una sorella dei tre eredi di Crono, Dèmetra, protettrice delle messi e dei raccolti, un giorno scese sulla terra in preda ad un’improvvisa carestia: gli uomini erano disperati, uno sconosciuto insetto aveva distrutto tutti i raccolti in fiore, negando la possibilità del solito florido raccolto.

Dèmetra, da buona madre, trascorse i nove giorni successivi a camminare su tutte le terre coltivate per renderle di nuovo fertili e pronte per il raccolto del nuovo anno. Nel pomeriggio del nono giorno, prostrata dalle fatiche accumulate, Dèmetra si posò all’ombra di una grande quercia e, stanca, si addormentò.

Zeus aveva seguito la sorella nel suo peregrinare e, all’improvviso, decise di amarla anche se era proibito, per dee e dei, stare insieme lontano dall’Olimpo. Escogitò uno dei suoi soliti stratagemmi per giacere con la bella sorella: si trasformò in calabrone e la fecondò mentre era addormentata. Scappò via e tornò sul suo trono reale.

Dèmetra non si accorse di nulla, ma al suo risveglio sentì come se qualcosa avesse invaso il suo corpo e, a buio già inoltrato, riprese la strada verso l’Olimpo.

Nei mesi successivi, Dèmetra proseguì nella sua attività di protezione dei raccolti ma con più fatica. La vezzosa Afrodite un giorno le disse: “Zia cara, sei sempre più splendente e raggiante, ma ti vedo leggermente ingrassata. Il tanto lavoro ti costringe a mangiare tanto?”. Dèmetra, sorpresa, le risponse: “Nipote bella, hai ragione, mi sento sempre più gonfia, ma non sono molto affamata, ultimamente”. E Afrofite: “Sarai mica incinta?”. Dèmetra, perplessa, rispose: “E chi sarebbe stato?”. Ma il suo pensiero saltò immediatamente a quel pomeriggio sotto la quercia e a Zeus e alle sue malefatte.

Lasciò le sue attività e corse alla sala del trono dove Zeus, con un sorrisetto soddisfatto, l’attendeva. “Ne hai impiegato di tempo per venire a trovarmi, cara sorella”, disse Zeus. Dèmetra subito lo incalzò: “Hai qualcosa da dirmi, fratello mio?”. “Ebbene si, ti ho fecondata, avrai una figlia e desidero che si chiami Persèfone!”, rispose lui con una certa arroganza. Dèmetra, in un misto tra inquietudine e gioia, voltò le spalle al fratello e andò via senza salutarlo.

Nei mesi successivi, prima della nascita di Persèfone, Artemide e il gemello Apollo, accudirono la zia nelle attività di controllo di messi e raccolti. Zeus, non si fece mai vedere!

Al nono mese, una dolcissima e paffuta bimba dai capelli castani, fu partorita da Dèmetra: Persèfone venne alla luce portando un’aura di felicità in tutto l’Olimpo. Zii, inclusa Era, moglie di Zeus, e cugini divini donarono alla nuova venuta tanti oggetti: ghirlande di fiori, pozioni magiche e divine, decorazioni artistiche, libagioni, sacrifici animali.

Nel periodo intercorso tra la morte di Crono e la nascita di Persèfone, Ade governava, solo, il mondo dell’oltretomba, accogliendo i defunti e guidandoli nel suo regno.

Nelle rare visite oltre le porte del suo regno, alla luce del giorno, Ade invitò diverse divinità femminili, da Atena a Dèmetra stessa, affinché potessero allietare la sua vita rinchiuso tra le tenebre. I rifiuti continui, però, resero Ade sempre più scontroso e intrattabile, affinché, un giorno, prese una decisione che risultò irreversibile.

Persèfone, ormai cresciuta, piena di gioia e vivacità femminile, se ne stava leggiadra e tranquilla insieme ad alcune delle ninfe Oceanine, tra i prati dei monti italici, correndo tra boschi e bagnandosi nelle acque dei gelidi laghetti.

Da uno degli splendi prati fioriti spuntava un narciso giallo dal cuore rosso, di stupefacente bellezza. Persèfone, attratta dai colori e dal profumo emanato dal fiore, protese le mani per raccoglierlo quando, dalla base, si aprì un’enorme voragine da cui emerse Ade, sorridente che le disse: “Da qualche giorno ti sorvegliavo, sei stupenda e desidero portarti a casa mia. Ti prego, non rifiutare”. Persèfone, presa da mille emozioni, prima spaventata, poi stupita, si rifiutò e scappò via. Ade, non accettando un ennesimo rifiuto, si fece forza, uscì dalla voragine e si involò dietro la giovane dea.

Quando le Oceanine si accorsero che un uomo enorme, scuro e spaventoso correva dietro Persèfone, si misero ad urlare spaventate ma in quell’istante, Ade raggiunse Persèfone, la agguantò, la caricò sulle spalle e guadagnò la voragine. Dopo il suo ingresso con il prezioso carico, il buco si richiuse e il prato tornò verde, come prima, senza il narciso.

Persèfone piangeva, si dimenava, ma la forza di Ade era troppa per una giovane ragazza come lei. Giunti nell’antro della sua magione, nei pressi dell’ingresso degli inferi, Cerbero li accolse in modo amichevole, annusando Persèfone, li lasciò entrare. Quando la ragazza tentò di scappare, il cane tricefalo subito si pose davanti a lei, ostruendole la fuga. Ormai non aveva scampo e temeva per la sua vita.

Persèfone
Persèfone

Trascorsero i giorni, Persèfone, piangeva e si disperava, vagava per la casa senza sosta, si rifiutava di mangiare i pasti amabilmente preparati da Ade che, con pazienza, attendeva il passo falso della ragazza. Ade lasciava sempre della frutta sui tavoli della magione, affinché Persèfone potesse cedere alla fame.

Un giorno, sconfortata dalla fame, Persèfone mangiò un melograno, solo sei semi, per non lasciar che Ade se ne accorgesse ma ignorava che chi avesse mangiato i frutti degli inferi, sarebbe stato costretto a rimanervi per l’eternità.

Quando Ade gli disse dell’inganno, il suo sconforto non trovò pace e si lasciò andare a un oblio senza fine.

Sulla terra, Dèmetra sconcertata per la perdita della figlia dopo aver ricevuto la notizia dal fratello Poseidone, padre delle Oceanine, reagì disperata al rapimento e quando venne a sapere che lo stesso Zeus acconsentì a dare Perèfone in sposa ad Ade, abbandonò il Monte Olimpo e, per potersi muovere tra gli umani alla ricerca della giovane dea, prese le sembianze di una povera vecchia.

La sua trasformazione impedì la crescita delle messi, scatenando un inverno duro che sembrava non avere mai fine: per nove giorni Dèmetra trascuro i suoi doveri, vagando disperata alla ricerca della figlia, alla ricerca di un ingresso per gli inferi.

Giunse ad Eleusi dove incontrò le figlie del re Celeo che invitarono la vecchia alla reggia: accolta con enorme gentilezza dalla regina Metanira, fece da nutrice al piccolo Demofoonte, nato da qualche tempo, per farne un immortale. Metanira, invece, durante una notte, irrompette nella stanza dell’infante e accusò Dèmetra di voler uccidere il bambino. La dea si rivelò e accusò la regina di aver fatto perdere a entrambi un’occasione unica. Per lei si allontanavano le speranze di ritrovare Persèfone attraverso Demofoonte che, comunque, la onorerà per il resto della vita con agoni e templi.

Lasciata Eleusi, Dèmetra tornò alla ricerca della figlia rapita: incontrò una giovane famiglia che cercò di consolarla a lungo. Per ringraziarli la dea donò al figlio Trittolemo i segreti dell’agricoltura, da trasmettere agli uomini. Così parlò: “Prendi questi doni, Trittolemo, abbine cura e con la tua saggezza diffondine il segreto perché presto potreste non aver bisogno di me”.

Finalmente Zeus decise di intervenire, Persèfone era pur sempre sua figlia, e raggiunse un accordo con il fratello Ade; decretò: “Visto che Persèfone non ha mangiato un frutto intero, rimarrà nell’oltretomba con mio fratello Ade solo per un numero di mesi equivalente al numero di semi da lei mangiati e trascorrerà con la madre il resto dell’anno”.

Dèmetra accolse la notizia con estremo giubilo e tornò sul Monte Olimpo. Al ritorno di Persèfone, ci fu un enorme festa alla quale solo Ade non partecipò. La gioia di poter riabbracciare la figlia per sei mesi  fecero rifiorire prati e alberi a la natura ebbe un rigurgito di vita come non mai.

E questo per tutto il resto dell’eternità…

Daniele Mancini

 

 

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