sabato, 20 Aprile 2024
Archeologia&Dintorni

Il Foro Romano

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21 aprile del 753 a.C., secondo la leggenda, Romolo fonda la città di Roma: la data tradizionale per il “Natale di Roma” fu stabilita da Marco Terrenzio Varrone, grazie ai calcoli astrologici del suo amico Lucio Taruzio. Oggi, per onorare una data frutto comunque di un voler fissare un preciso momento storico in un periodo importante in cui il sinecismo era comunque ricorrente, parliamo di un luogo peculiare per ogni città romana e per Roma stessa: il Foro romano!

Marco Terrenzio VarroneIl foro è essenzialmente il luogo designato dai Romani agli incontri, agli affari, alla politica e corrispondente alla piazza principale dei cittadini, come l’agorà greca. Ma con la parola forum si indica anche un’entità politica amministrativa che costituisce una piccola comunità fondata principalmente in Padania, ad opera di nuclei di coloni romani: si riferiscono a veri e propri luoghi di sosta e di mercato disseminati lungo le arterie consolari che col tempo si monumentalizzano ed assumono la forma municipale.

Vitruvio, studioso ed architetto del I secolo d.C., dal primo al sesto libro di dodici del De architectura, fornisce precise indicazioni sul foro per eccellenza e degli edifici da lui previsti in esso:

  • la grandezza della piazza deve essere sempre proporzionale al numero degli abitanti della città;
  • deve avere una forma rettangolare, con la larghezza ampia 2/3 del alto più lungo;
  • la piazza del centro urbano, almeno fino alla fine del I secolo a.C., era sede dei munera gladiatora (tipi di combattimento cruento disputati per le esequie di un illustre cittadino; una evidente attestazione di questa usanza è fornito nel monumento funerario di Lusius C. Storax a Chieti.
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    Ricostruzione monumento funerario di Lusius C. Storax – Foto di Daniele Mancini

    Tra le scene riprodotte, vi è quella del festeggiamento del sevirato augustale, carica onorifica acquisita dal ricco liberto teatino, in cui è rappresentata la processione in pompa magna, la consegna della summa honoraria per gli spettacoli e l’inizio dei munera gladiatora. La scena mostra, dietro le spalle del protagonista, delle colonne con capitellini in basso rilievo che alludono proprio alla cerimonia svolta nel foro! La attestazione del monumento di Lusius Storax è di età giulio claudia e questo indica che a Teate ancora non era presente l’anfiteatro; questa caratteristica comporta che i fora abbiano una porticus, soprattutto nei lati lunghi, destinata anche al ricovero degli spettatori durante i giochi;

  • il Capitolium, una serie di templi dedicati alla Triade capitolina (Giove, Giunone, Minerva) e sigillo della romanizzazione del luogo;
  • la Basilica, per l’amministrazione della giustizia; nel foro di Roma è presente la Basilica Giulia, ad evocare la grande figura di Giulio Cesare, il suo ideatore che però non riuscì a concretizzarne il progetto, di cui solo Augusto si preoccupò di realizzarne l’edificio in onore del suo avo illustre;
  • la Curia, sede del Senato;
  • l’Erario, per l’amministrazione dello Stato.

Secondo Vitruvio, si dovrebbero trovare tutti sul lato lungo. In momenti urbanistici più avanzati, le tabernae (botteghe per i commerci), scompaiono dal foro e si posizionano in spazi appositi adibiti alle attività commerciali. Ad esempio, anche  il macellum (mercato) viene distaccato dal foro civile ma posizionato sempre nelle sue vicinanze, creando fora specifici per le attività commerciali (per la carne, per il pesce, per il vino, per le verdure, ecc.). Il foro è posizionato tra il cardo e il decumano, non precisamente al centro dell’incrocio, ma su un lato di esso. Nella sistemazione vitruviana il foro è una sorta di oasi cittadina!

Le teorie dell’architetto e scrittore romano vanno, spesso a confrontarsi con gli spazi delle realtà locali: a Pompei il foro è stretto e lungo; a Thamugadi (oggi Timgad, in Algeria) il foro è quadrato;  a Gerasa (oggi Jerash, in Giordania), la pianta è ellittica! La parte centrale della piazza era solitamente scoperta e pavimenata con lastroni di pietra e/o marmo. A Iuvanum (presso Montenerodomo, Chieti) sono presenti iscrizioni pavimentali realizzate con lettere in bronzo. La decifrazione dell’iscrizione di Iuvanum indica che un esimio abitante di Teate è tornato presso il proprio luogo di origine ed ha realizzato una dedica sul pavimento della città, a ricordo della sua benevolenza. Il foro di Ostia ospita sul lato breve del forum, all’incrocio tra cardo e decumano, un capitolium a cella unica tripartita all’interno. In generale, in età repubblicana se la città volesse essere più municipalizzata, sul lato più visibile presentava la basilica o la curia, viceversa se si sentiva più romanizzata, presentava il capitolium (si veda Teate). L’edificio della curia, in genere, ha problemi di identità: spesso si ricorre a forme che richiamano edifici a pianta quadrata di origine greca, anche se non vi sono canoni di costruzione ben precisi.

Rispetto all’agorà greca, quindi, vi sono molte similitudini:

  • centralità nel tessuto urbano;
  • luogo di riunione degli edifici pubblici;
  • mancanza di una precisa vocazione nel sistemare i vari edifici;
  • le funzioni commerciali, prima assorbite nell’area centrale, poi espulse e marginalizzate dalla vita civica cittadina.

Per riepilogare, nella vita dei fora, si hanno diverse fasi:

  • quella tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C., con l’espulsione delle attività commerciali dal centro civico (gli Atria erano botteghe commerciale che si svilupparono fino a quando, a fine IV secolo a.C., si sentì l’esigenza di liberare l’area pubblica anche per questioni di rappresentanza);
  • in tutto il territorio italico, tra fine II e inizi I secolo a.C. (guerra sociale), si cerca la razionalizzazione e l’assialità  (i romani avevano una fissazione per la simmetria e nel caso del foro, vi sono le due metà del luogo da riempire con edifici). La razionalizzazione è di origine greca ed infatti le agorà sono dotate di lunghi portici chiusi da un lato, con colonne che reggono la struttura. Nel periodo greco classico, l’agorà diventa, invece,  uno spazio chiuso con molti ingressi ed edifici attorno che non riempivano la piazza: per questo motivo si realizzava la stoà, divenuta porticus in periodo romano.
  • quella dalla fine del I sec. a.C. quando il potere è stato impugnato solo da una famiglia dominante e nel foro un  tempio sarà sempre presente e, dal periodo imperiale, sarà dominante il tempio legato al culto dell’imperatore.

In tardo IV secolo a.C. compare un nuovo edificio nel foro repubblicano, un modello regolare e funzionale a pianta tonda, il Comitium. La prima struttura del comitium è attribuita a Caio Menio. Il comitium è posizionato su un alto podio ed è fornito di rostra, un’alta tribuna all’aperto da cui si potesse parlare ed essere visti. Nei pressi del comitium, erano posizionate anche Carcer e Curia Hostilia. Il potere legislativo, esecutivo e giudiziario, erano quindi affiancati. Vi era la volontà del patriziato di avere questi edifici vicini per criteri di funzionalità, per riunire in una unica fascia urbana gerarchizzata i tre poteri statali e i tre edifici. Un ulteriore approfondimento edilizio di questo periodo è la creazione delle basiliche, di chiara origine greca, come indicato anche nel nome. Risulterà comunque essere un arricchimento della cultura romana per svecchiare gli schemi architettonici legati alla grecizzazione. La famiglia degli Emilii, agli inizi del II sec. a.C., trasforma l’atrium della propria gens, in basilica, la Basilica Aemilia. La basilica ha la forma di un rettangolo allungato aperto su tre lati e con porticati attorno, sarà il nuovo edificio destinato all’amministrazione della giustizia e delle contrattazioni commerciali. A cavallo di quegli anni viene edificata anche la Basilica Porcia, tutte frutto dell’enorme flusso di denaro arrivato a Roma con le conquiste della penisola greca! La forma absidata richiama, appunto, una forma orientale/grecizzante.

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Tabularium nel Foro – Foto di Daniele Mancini

Del periodo delle lotte civili, Silla si presenta, invece, come rifondatore dell’Urbs sia civile che materiale. Il suo luogotenente Copulo, realizza la costruzione del Tabularium alle pendici del Capitolino, forse quale sintomo della ripresa della legalità. Vi vengono raccolti tutti i documenti del mondo romano (incluso le forme urbis delle colonie). L’azione sillana è la rappresentazione di uno stato forte: l’edificio costruito non è un tempio o un luogo di spettacolo, ma un luogo di conservazione dei documenti ufficiali dello Stato Romano.

Il periodo successivo vedrà uno stravolgimento architettonico del Foro: gli imperatori lo intenderanno come un mero inno al loro nome, alla loro imperitura memoria in cui, però, notevoli soluzioni artistiche saranno fonte di ispirazione anche per i moderni architetti.

Daniele Mancini

Per un approfondimento bibliografico:

  • Filippo Coarelli, Il Foro romano. Periodo arcaico, Roma, 1983
  • Filippo Coarelli, Il Foro romano. Periodo repubblicano e augusteo, Roma, 1985
  • Giuseppe Lugli, Il Foro Romano e il Palatino, Roma, 1994.
  • Paul Zanker, Il Foro Romano: la sistemazione da Augusto alla tarda antichità, Roma, 1972

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