DA DNA NEANDERTHALIANO, STUDIO SU MICRORGANISMI PER PROTEGGERE ECOSISTEMA INTESTINALE MODERNO
Analizzando il DNA antico presente in feci sedimentarie risalenti a circa 50.000 anni fa, un gruppo internazionale di ricerca è riuscito ad individuare un nucleo di microrganismi ancora presenti nell’intestino del moderno Sapiens. La scoperta che può rivelarsi utile per proteggere la biodiversità del nostro microbiota, uno degli elementi fondamentali di tutto l’ecosistema intestinale.
La scoperta arriva da un team di ricerca guidato da ricercatori dell’Università di Bologna con cui hanno collaborato studiosi della Universidad de La Laguna (Spagna), del Massachusetts Institute of Technology (USA), dell’University of Oklahoma (USA) e del Konrad Lorenz Institute for Evolution and Cognition Research (Austria): per la prima volta si è riusciti ad estrarre e analizzare il DNA antico di Uomo di Neanderthal presente in feci sedimentarie risalenti a circa 50.000 anni fa, rinvenute nel sito archeologico di El Salt, vicino ad Alicante, in Spagna.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Communication Biology, suggeriscono l’esistenza di componenti ancestrali del microbiota che popolano l’intestino umano prima ancora della separazione tra Homo Sapiens e Uomo di Neanderthal, avvenuta più di 700.000 anni fa, all’inizio del Pleistocene medio.
Secondo Marco Candela, docente del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, questi risultati permettono di comprendere quali componenti del microbiota intestinale umano sono fondamentali per la nostra salute perché, anche in senso evolutivo, la loro presenza è indispensabile per il funzionamento dei processi biologici dell’uomo.
Il microbiota intestinale è l’insieme dei microrganismi simbionti che a migliaia di miliardi abitano l’intestino umano. Si tratta di un componente essenziale della nostra biologia, che ha funzioni importantissime per la nostra salute, come la regolazione del metabolismo e delle funzioni immunitarie, compresa la protezione da microrganismi patogeni.
Diversi studi hanno però mostrato che alcuni elementi legati alla modernità, ad esempio il consumo di cibi processati, l’uso di farmaci, la vita in ambienti ipersanificati, hanno portato a una profonda riduzione della biodiversità nel microbiota intestinale, con la perdita di una serie di microrganismi definiti “old friends”.
Simone Rampelli, ricercatore dell’Università di Bologna e co-autore dello studio ritiene che il processo di depauperazione del microbiota intestinale nelle moderne popolazioni urbane occidentali potrebbe rappresentare un importante campanello d’allarme se comportasse la perdita di quelle componenti che sono essenziali per il corretto funzionamento della nostra fisiologia.
Alcuni segnali di allarme sono già riscontrabili: dal rapido aumento in Occidente di patologie come malattie infiammatorie croniche intestinali, alla sindrome metabolica, dal diabete di tipo 2, al cancro al colon-retto.
Per individuare le componenti del microbiota intestinale che sono più importanti per la nostra salute, per poterle proteggere con soluzioni mirate, nasce l’idea di ricercare i tratti ancestrali del microbiota umano, ovvero quel nucleo di microrganismi che è rimasto invariato nel corso della nostra storia evolutiva.
Una sfida che è oggi possibile grazie ad una nuova scienza, la paleo-archeo-microbiologia, che studia i microrganismi antichi presenti in reperti archeologici attraverso il sequenziamento del loro DNA.
Gli studiosi hanno così esaminato alcuni campioni provenienti dal sito archeologico di El Salt, in Spagna, noto per essere stato frequentato da Neandertaliani. In particolare, hanno analizzato il DNA antico presente in feci sedimentarie risalenti a circa 50.000 anni fa, il più antico campione di questo tipo oggi conosciuto, e sono così riusciti a ricostruire quali microrganismi abitavano l’intestino dell’Uomo di Neanderthal, trovando diverse similitudini con il Sapiens moderno.
Silvia Turroni, ricercatrice dell’Università di Bologna e co-autrice dello studio, ritiene che con queste analisi è stato possibile identificare un nucleo di microrganismi presenti anche nel microbiota dell’Homo Sapiens, confermando che la loro presenza nell’organismo umano è antecedente alla separazione tra Neanderthal e Sapiens di 700.000 anni fa.
Questa componente ancestrale del microbiota intestinale umano comprendeuna serie di batteri ben noti (tra cui Blautia, Dorea, Roseburia, Ruminococcus e Faecalibacterium) che si dimostrano essenziali per la nostra salute,importanti regolatori dell’equilibrio metabolico e del sistema immunitario, incluso Bifidobacterium, un microrganismo che ha un ruolo chiave per la regolazione delle difese immunitarie, soprattutto nella prima infanzia.
Secondo Candela, nell’attuale contesto di modernizzazione, in cui si assiste ad una progressiva riduzione della diversità del microbiota, queste informazioni possono contribuire a creare nuove strategie integrate, tra dieta e stile di vita, dedicate a proteggere i microrganismi che sono essenziali per la nostra salute: è importante promuovere stili di vita che siano sostenibili per il nostro microbiota intestinale, favorendo il mantenimento di una configurazione che sia compatibile con la nostra biologia.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: Università di Bologna