martedì, 30 Aprile 2024
NuoveTecnologie

ANIMAZIONE 3D DELLA CASA DI GIULIO POLIBIO A POMPEI

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In diverse occasioni ho scritto di Pompei, delle ricostruzioni 3D (clicca qui) che, numerose, animano il world wide web.

Oggi vi mostro un’altra stupenda realizzazione 3D della Altair4 Multimedia che mostra un altro lato della tragedia subita dalla cittadina, alimentata da altrettanti vividi segnali riscontrabili con le sue rovine e dai resti di resti umani rinvenuti: la casa di Giulio Polibio.

Le rovine della casa di Giulio Polibio sono la classica testimonianza della catastrofe subita da Pompei: nonostante la sontuosità della domus, la residenza non è stata in grado di proteggere i suoi abitanti, i cui corpi sono stati rinvenuti sotto la coltre lavica. Tre maschi adulti, tre femmine adulte di varie età, quattro giovani maschi, una giovane femmina, un bambino e un feto nell’ultimo mese di vita intrauterina, sono stati indentificati dagli antropologi che hanno studiato i resti.

Grazie, dunque, all’Altair4 Multimedia l’incredibile animazione ricostruisce la casa di Giulio Polibio nel massimo splendore dei circa 7.500 m², incluso i giardini, prima di essere distrutta dall’eruzione vulcanica nel 79 d.C. La ricostruzione in 3D mostra gran parte dell’antica domus romana, incluso le fauci bestiali all’ingresso del peristilio del cortile posteriore.

Secondo i registri di stoa.org la casa di Giulio Polibio presenta due accessi, adiacenti alla strada, che conducono a parti apparentemente separate della casa, rendono questa casa una delle più complesse ddi Pompei. Si è pensato che fosse originariamente appartenuta a una famiglia patrizia della Gens Iulia, ma che fosse stato concessa a uno dei loro liberti, prima dell’eruzione. Il sigillo di C. Iulius Phillippus trovato in giardino e graffito anche nella sala N suggerirebbe che potrebbe essere stato il penultimo residente prima che la casa fosse affidata al liberto C. Iulius Polybius.

Per quanto concerne i dodici abitanti della grande domus si ritiene che i residenti abbiano deciso di rimanere all’interno  della casa durante il periodo dell’eruzione, con l’infelice intento, da parte della famiglia, di proteggere la donna incinta che stava portando un feto di 8-9 mesi. Le robuste pareti della casa di Giulio Polibio erano, probabilmente, ritenute più adatte a fornire almeno la protezione iniziale, a differenza delle strade in cui molti morivano, mentre cercavano di fuggire, sotto il crollo di altre abitazioni, dei tetti o di strutture più grandi e fragili. Tuttavia, alla fine, è stata la cenere e la pioggia di lapilli sprigionate dall’eruzione che hanno lasciato la loro scia omicida, elementi che non potevano essere schermati dai muri rinforzati della domus .

Secondo Claudio Scarpati, professore presso l’Università Federico II di Napoli, la posizione di alcuni scheletri giacevano sul proprio letto al momento della morte. Le prime eruzioni piroclastiche sono arrivate da nord e hanno distrutto la parte posteriore della casa.  Quando le colate si sono spostate nel giardino avanzando verso la parte anteriore della casa, tutte le fughe sono state precluse: la cenere ha raggiunto ogni angolo della casa e ha soffocato i suoi abitanti.

Plinio il Giovane ha descritto la scena del disastro in alcune lettere scritte a Cornelio Tacito, suo amico, alcuni anni dopo l’evento; nella seconda lettera così scrive:

[…]

Dall’altra parte una nube nera e terrificante, lacerata da lampeggianti soffi di fuoco che si esplicavano in linee sinuose e spezzate, si squarciava emettendo delle fiamme dalla forma allungata: avevano l’aspetto dei fulmini ma ne erano più grandi.
A questo punto si rifà avanti l’amico spagnolo
[appena giunto a trovare il giovane Plinio, ndr] e ci incalza con un tono più inquieto e più stringente:
– “Se tuo fratello, se tuo zio vive, vi vuole incolumi, se è morto, ha voluto che voi gli sopravviveste. Perciò perchè indugiate a mettervi in salvo?”.

[…]

Poco dopo quella nube calò sulla terra e ricoperse il mare: aveva già avvolto e nascosto Capri ed aveva già portato via ai nostri sguardi il promontorio di Miseno. Allora mia madre a scongiurarmi, ad invitarmi, ad ordinarmi di fuggire in qualsiasi maniera; diceva che io, ancora giovane, ci potevo riuscire, che essa invece, pesante per l’età e per la corporatura avrebbe fatto una bella morte se non fosse stata causa della mia. Io però risposi che non mi sarei salvato senza di lei; poi presala per mano, la costringo ad accelerare il passo. Mi ubbidisce a malavoglia e si accusa di rallentare la mia marcia. Incomincia a cadere cenere, ma è ancora rara. Mi volgo indietro: una fitta oscurità ci incombeva alle spalle e, riversandosi sulla terra, ci veniva dietro come un torrente.

[…]

Avevamo fatto appena a tempo a sederci quando si fece notte, non però come quando non c’è luna o il cielo è ricoperto da nubi, ma come a luce spenta in ambienti chiusi. Avresti potuto sentire i cupi pianti disperati delle donne, le invocazioni dei bambini, le urla degli uomini: alcuni con le grida cercavano di richiamare ed alle grida cercavano di rintracciare i genitori altri i figli, altri i coniugi rispettivi; gli uni lamentavano le loro sventure, gli altri quelle dei loro cari taluni per paura della morte, si auguravano la morte, molti innalzavano le mani agli dei, nella maggioranza si formava però la convinzione che ormai gli dei non esistessero più e che quella notte sarebbe stata eterna e l’ultima del mondo. 

[…]

La seconda Lettera di Plinio il Giovane a Tacito. clicca qui.

 

Daniele Mancini

Per ulteriori info e ricostruzioni 3D: Altair4 Multimedia

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