giovedì, 25 Aprile 2024
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VITICOLTURA, LA CHIAVE DEGLI STUDI SU PANDEMIA E CAMBIAMENTI CLIMATICI DEL VI SECOLO D.C.

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La recente pandemia ha imposto un nuovo stile di vita che ha risvegliato ricordi storici di catastrofici eventi simili, tra cui la celebre Peste di Giustiniano. Nello stesso periodo, il Mediterraneo è stato colpito anche da un’enorme eruzione vulcanica (inizio del 536 d.C.) che segnò l’inizio del decennio più freddo degli ultimi duemila anni, creando una tragica commistione tra la devastante epidemia e il cambiamento climatico creato dall’eruzione vulcanica.

Di recente, un gruppo di archeologi israeliani ha scoperto nuove e convincenti prove di una significativa recessione economica ai margini dell’Impero bizantino a seguito della grande pandemia di metà del VI secolo d.C. La ricerca, pubblicata sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), ricostruisce l’ascesa e la caduta della viticoltura commerciale nel deserto arido del Negev, in Israele.

Daniel Fuks, dottorando presso il Department of Land of Israel Studies and Archaeology dell’Università di Bar-Ilan, ha condotto, con Ehud Weiss, docente presso l’università e membro del team Negev Byzantine Bio-Archaeology Research Program, e Guy Bar-Oz, docente presso l’Università di Haifa, un progetto che intende scoprire quando e perché sia stato abbandonato l’insediamento agricolo sulle Highlands del Negev.

L’agricoltura in questo arido deserto è stata resa possibile grazie alla raccolta delle acque piovane che ha raggiunto il suo apice nel periodo bizantino, come accaduto in siti come Elusa, Shivta e Nessana. Oggi nei siti delle Highlands del Negev, le rovine di strutture in pietra attestano la loro antica funzione, ma il team, in collaborazione con la Israel Antiquities Authority (IAA) ha elaborato nuovi risultati, frutto della ricerca scientifica, grazie allo studio resti organici.

L’archeobotanica, che contribuisce alla ricostruzione dell’economia, dell’ambiente e della cultura, ha permesso il recupero e lo studio di quasi 10.000 semi di uva, grano e orzo da 11 tumuli di rifiuti in tre siti diversi.

Una delle prime osservazioni dei ricercatori è stata sull’elevato numero di semi d’uva, adattandosi bene ai precedenti studi secondo i quali il Negev sia stato coinvolto nella viticoltura destinata all’esportazione. I testi bizantini lodano il vinum Gazetum, o “vino di Gaza”, come un vino bianco dolce esportato dal porto di Gaza attraverso il Mediterraneo e oltre. Questo vino veniva generalmente trasportato in un tipo di anfora noto come “Gaza Jars” o “Gaza Wine Jars”, che si trovano in siti in tutto il Mediterraneo e nei tumuli di rifiuti del Negev, queste anfore appaiono in grandi quantità.

Fuks ha cercato di determinare se ci fossero tendenze statistiche interessanti nella frequenza della presenza dei semi d’uva nella spazzatura. In alcuni siti si è scoperto l’elevato aumento delle proporzioni di semi d’uva rispetto ai chicchi di cereali, un aumento significativo nel rapporto tra semi d’uva e chicchi di cereali tra il IV secolo d.C. e metà del VI secolo che, però, all’improvviso, diminuisce!

Gli studiosi hanno anche verificato se vi fossero tendenze simili anche nella proporzione delle anfore di vino di Gaza rispetto ai quelle per le granaglie; quest’ultime, molto meno adatto al trasporto a dorso di cammello dagli altopiani del Negev al porto di Gaza. In effetti, l’ascesa e il declino delle anfore di vino di Gaza hanno seguito l’ascesa e la diminuzione dei semi d’uva.

I ricercatori hanno concluso che la scala commerciale della viticoltura nel Negev era collegata al commercio mediterraneo, attestato dai rapporti delle anfore di Gaza, una nuova testimonianza archeologica di un’economia commerciale internazionale risalente a circa 1.500 anni fa!

Lo shock economico, dunque, è attribuito, a metà del VI secolo, alla pandemia provocata dalla Peste giustinianea, che ebbe un alto numero di morti a Bisanzio e in altre parti dell’impero ma, secondo i ricercatori, l’eruzione vulcanica di proporzioni globali tra la fine del 535 e l’inizio del 536 d.C., che coprì l’atmosfera dell’emisfero settentrionale con cenere vulcanica, causò un raffreddamento globale decennale che avrebbe causato siccità improvvise e inondazioni torrenziali anche nel Vicino oriente, danneggiando l’agricoltura locale, rivelando vulnerabilità intrinseche nei sistemi politico-economici del Mediterraneo, significativamente, quasi un secolo prima della conquista islamica della metà del VII secolo…

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Pandemia

 

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