giovedì, 18 Aprile 2024
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TRACCE DI SVALUTAZIONE MONETARIA NELLE MONETE REPUBBLICANE ROMANE

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Una nuova analisi scientifica sulla composizione dei denarii romani ha portato nuove conoscenze su una svalutazione monetaria brevemente menzionata dal filosofo e oratore romano Marco Tullio Cicerone nel suo trattato di forma espositiva sui doveri morali del cittadino, De Officiis , risolvendo un dibattito storico di lunga data.

I ricercatori dell’Università di Warwick e dell’Università di Liverpool hanno analizzato le monete del periodo e hanno rivelato una svalutazione della valuta molto maggiore di quanto gli storici avessero pensato, con monete che erano state d’argento puro prima del 90 a.C. tagliate con il rame, fino al 10% del loro valore ponderale, cinque anni dopo .

Secondo Matthew Ponting, dell’Università di Liverpool, i Romani erano stati abituati a una moneta d’argento estremamente fine, quindi potrebbero aver perso la fiducia nel denario quando ha cessato di essere puro. Il livello preciso di svalutazione, ritiene Ponting, potrebbe essere stato meno importante ai contemporanei rispetto alla semplice consapevolezza che la moneta era adulterata e non più fatta di vero ‘argento’.

Kevin Butcher, docente dell’Università di Warwick, osserva che la scoperta di questa significativa diminuzione del valore del denaro ha gettato nuova luce sui suggerimenti proposti da Cicerone sulla crisi valutaria dell’86 a.C. Gli storici hanno dibattuto a lungo su cosa intendesse lo statista e studioso quando scrisse che “[…] in quel periodo, difatti, il valore del nummo oscillava in modo tale che nessuno era in grado di sapere quanto possedesse. […]” (De Officiis, 3:80); ora, i ricercatori,  ritengono di aver risolto questo interrogativo.

Il riferimento indicato da Cicerone si riferisce a un episodio che descrive il comportamento egoistico di Mario Gratidiano che si è preso il merito di una proposta di riforma monetaria elaborata congiuntamente dai tribuni e dal collegio dei pretori e di conseguenza è diventato estremamente popolare tra il pubblico.

In questo studio, i ricercatori, dunque, tentano di individuare le cause di una simile svalutazione monetaria e le soluzioni che Gratidiano aveva proposto prendendosene il merito.

Rome and the Coinages of the Mediterranean 200 BCE – 64 CE, un progetto di ricerca quinquennale finanziato dall’European Research Council, mira ad aumentare la comprensione delle economie della Roma classica e di altri stati mediterranei analizzando la composizione delle loro monete e incrociando le reperti con la documentazione storica.

Secondo Ponting, la tecnica di campionamento, minimamente invasiva, utilizzata per prelevare campioni da queste importanti monete, ha rivelato un calo significativo del valore del denario: dall’essere una moneta d’argento puro, il denaro è sceso prima a poco meno del 95% di sgravio e poi è sceso 90%, con punte fino all’86%, suggerendo una grave crisi valutaria.

Secondo Butcher, invece, il contesto sviluppatosi negli anni successivi al 91 a.C. all’interno della Repubblica romana avrebbe portato a un fallimento economico gravissimo procurato, principalmente, dall’annosa guerra con i propri alleati italici e alla conclusione della guerra, nell’89 a.C., con un pesantissimo debito pubblico.

Gli studiosi osservano che intorno all’86 a.C. sembra ci sia stata anche una crisi di fiducia nella valuta e Cicerone scrisse proprio di come i Tribuni romani si allearono con il Collegio dei pretori per risolvere la crisi, prima che Gratidiano rivendicasse il merito unico dello sforzo collettivo.

Sulla base delle parole di Cicerone, è ancora oscuro, per gli storici, determinare esattamente cosa stesse succedendo. Il suo scopo nello scrivere a riguardo non era quello di illuminare la storia monetaria ma desiderava unicamente adoperare l’episodio della crisi valutaria per denunciare le malefatte di un magistrato romano che intendeva appropriarsi il merito del lavoro degli altri.

I risultati dell’analisi metallurgica suggeriscono che le difficoltà finanziarie vissute da Roma in questi anni portarono a un allentamento degli standard presso la zecca intorno al 90 a.C., con il risultato che il contenuto d’argento della moneta declinò in due fasi, tanto che nell’87 a.C. la moneta è stata deliberatamente legata con il 5-10% di rame.

Secondo Butcher, a questo potrebbe attribuirsi il significato il significato delle parole di Cicerone ossia che il valore della moneta oscillava perché nessuno poteva essere certo se i denarii che avevano fossero puri o meno. E’ opportuno far presente che nel periodo “pubblico” del Tribuno Gratidiano e del suo editto, il livello di finezza aumentò notevolmente, invertendo la svalutazione monetaria e riportando il denario a una valuta di alta qualità.

La cronologia precisa di questa svalutazione monetaria rimane, dunque, piuttosto incerta: sebbene i nuovi dati scientifici suggeriscano che potrebbe essere stato l’obiettivo principale dell’editto di Gratidiano, la variazione del valore ponderale del denario potrebbe essere legato alle variazioni dei tassi di cambio tra argento e bronzo.

Nei decenni successivi, i Romani evitarono di svalutare nuovamente il denario fino a quando lo Stato dovette nuovamente affrontare ingenti spese durante la guerra civile tra Pompeo e Giulio Cesare. Anche allora, la zecca romana non andò così lontano dal “fallimento” come al tempo di Gratidiano.

Questi risultati fanno parte di un più ampio studio finanziato dall’UE che mira a esaminare le strategie finanziarie e monetarie degli stati mediterranei dal 150 a.C. a un’importante riforma della moneta nel  64 a.C., fornendo una serie dettagliata e affidabile di analisi della composizione chimica di tutte le principali monete d’argento di quel periodo.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Università di Warwick

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