Dal sito archeologico di Boker Tachtit, nel deserto del Negev centrale, in Israele, provengono le tracce di uno degli eventi più importanti della storia umana: la diffusione dell’Homo Sapiens, dall’Africa all’Eurasia e la successiva scomparsa delle popolazioni dell’Uomo di Neanderthal nella regione.

I ricercatori del Weizmann Institute of Science e il Max Planck Society, guidati da Elisabetta Boaretto, insieme a Omry Barzilai della Israel Antiquities Authority, sono tornato a Boker Tachtit quasi quaranta anni dopo la sua prima scavato.

Utilizzando metodi avanzati di campionamento e datazione, offrono un nuovo quadro cronologico in uno studio pubblicato sulla rivista PNAS, suggerendo che Homo Sapiens e Neanderthaliani fossero tutt’altro che estranei.

Secondo la recente teoria dell’ “origine africana“, l’Homo Sapiens si è sviluppato in Africa già 270.000 anni fa e in tempi diversi ha preso la via settentrionale verso l’Eurasia, passando per il Levante o altre vie meridionali, verso Asia e Oceania.

Boker Tachtit, situato nel bacino del Wadi Zin, in quello che oggi è il Parco Nazionale di Ein Avdat, è considerato un sito chiave per tracciare questa fondamentale migrazione. È un importante sito nel Levante per documentare un periodo importante nella preistoria dell’umanità: il passaggio dal Paleolitico medio a quello superiore, da una cultura preistorica prevalentemente neandertaliana all’inizio del dominio dell’uomo moderno.

L’archeologo americano Anthony Marks, che per primo ha scavato e pubblicato la sua analisi di Boker Tachtit nei primi anni ’80, definisce il sito come un’industria di transizione dal Paleolitico medio a quello superiore e, sulla base di un’unica datazione al radiocarbonio, ha concluso che risalirebbe a 47.000 anni fa. Ulteriori datazioni ottenute dal sito, alcune risalenti fino a 34.000 anni fa, rendevano molto problematico identificare il momento della transizione.

Secondo la Boaretto, se si dovesse seguire questa linea temporale, il periodo di transizione avrebbe potuto durare più di 10.000 anni, eppure i manufatti scavati in siti settentrionali in Israele, in Libano e persino in Turchia suggeriscono che la transizione sia avvenuta molto più velocemente. La ricercatrice ritiene che che Marks sia riuscito a datare solo pochi manufatti di Boker Tachtit, a causa dei limiti della datazione al radiocarbonio di allora, e la gamma delle sue date proposte non è però coerente con le prove raccolte da altri siti di scavo nella regione.

Boker TachtitIl team, dunque, ha eseguito metodi di datazione avanzati su campioni ottenuti dalle campagna a Boker Tachtit del 2013-2015. Le nuove analisi, come la datazione al radiocarbonio ad alta risoluzione su singoli pezzi di carbone trovati nel sito e la datazione con la luminescenza stimolata otticamente dei granelli di sabbia di quarzo, sono state eseguite rispettivamente all’Istituto Weizmann e all’Istituto Max Planck.

I ricercatori hanno anche integrato studi dettagliati sui sedimenti, utilizzando metodi microarcheologici per comprendere come si sia formato fisicamente il sito, fornendo i dati necessari per la paleo costruzione del suo quadro cronologico.

La Boaretto ritiene che la transizione dal Paleolitico medio al Paleolitico superiore sia stato un evento in rapida evoluzione, iniziato a Boker Tachtit circa 50-49.000 anni fa e terminato circa 44.000 anni fa: questa datazione consente una certa sovrapposizione tra la transizione materiale avvenuta a Boker Tachtit e quella della regione boschiva mediterranea (Libano, Turchia) tra 49.000 e 46.000 anni fa. Tuttavia, dimostrando come Boker Tachtit sia stato il primo sito per questa transizione nel Levante e che, in base ai materiali trovati, sia una testimonianza dell’ultimo evento di dispersione degli umani moderni dall’Africa.

Secondo il nuovo schema di datazione, dunque, la prima fase di Boker Tachtit si sovrappone anche alla precedente cultura locale del Paleolitico medio nella regione, quella dei Neanderthaliani dimostrando che gli ominidi e i Sapiens del Negev coesistevano e, molto probabilmente, interagivano tra loro, risultando non solo in incroci genetici, come postulato dalla teoria dell’ ‘origine africana’ ma anche in scambi culturali.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini