Gli archeologi dell’Università di Göteborg hanno concluso lo scavo di due tombe del Tardo Bronzo nel centro urbano di Hala Sultan Tekke, a Cipro. I reperti includono i resti di oltre 150 individui e quasi 500 manufatti del corredo funerario, tra cui gioielli in oro, pietre preziose e ceramiche, tutti risalenti alla metà del XIV secolo a.C. circa.

Dal 2010, la New Swedish Cyprus Expedition (già The Söderberg Expedition) ha effettuato diverse campagne di scavo a Cipro e nel 2018, gli archeologi hanno scoperto due ambienti ipogei con un gran numero di resti umani. La gestione dei reperti ha richiesto un lavoro molto delicato durato quattro anni poiché le ossa erano estremamente fragili dopo più di 3000 anni conservati in un terreno ricco di sodio.

I resti umani e i manufatti del corredo, funerari e rituali, erano disposti a strati uno sopra l’altro, a dimostrazione del fatto che le tombe furono riutilizzate per diverse generazioni, senza effettuare alcuna riduzione dei resti scheletrici.

Secondo Peter Fischer, responsabile degli scavi, i reperti indicano che si trattano di tombe di famiglia dellélite dominante il centro urbano. Ad esempio, lo scheletro di un bambino di cinque anni indossava una collana d’oro, orecchini d’oro e una tiara d’oro e, probabilmente, era il figlio di un dignitario governativo di notevole importanza.

Tra i reperti venuti alla luce, gioielli e altri monili in oro, argento, bronzo, avorio e pietre preziose e vasi riccamente decorati provenienti da molte culture. E’ stato rinvenuto anche un toro di ceramica, cavo, con due aperture: una sul dorso per riempirlo con un liquido, probabilmente vino, e una al naso da cui bere adoperato, forse, come oggetto destinato al culto votivo dei defunti.

Tra i manufatti anche un sigillo cilindrico, realizzato in ematite, con un’iscrizione cuneiforme proveniente dalla Mesopotamia che gli archeologi sono stati in grado di decifrare: il testo è composto da tre righe e menziona tre nomi. Uno è Amurru, uno di quei regni mesopotami della fine dell’Età del Bronzo citato nella celebre corrispondenza reale amarniana; gli altri due si riferiscono a regnanti storici, padre e figlio, recentemente identificati anche in altre tavolette d’argilla ascrivibili al XVIII secolo a.C. Gli archeologi, ora, cercheranno di determinare perché il sigillo sia finito a Cipro, a oltre un migliaio di chilometri dal luogo di realizzazione.

Un pietra preziosa in rossa corniola proveniente dall’India, una gemma blu lapislazzuli proveniente dall’Afghanistan e l’ambra proveniente dal Mar Baltico, rinvenuti all’interno dell’ipogeo, dimostrano, inoltre,  quanto il centro urbano cipriota abbia avuto un ruolo centrale per il commercio durante l’Età del Bronzo. Questi manufatti, insieme ai gioielli in oro, agli scarabei con inscrizioni geroglifiche, un ciondolo d’oro raffigurante un fiore di loto con gemme intarsiate e ai resti pisciformi di altri oggetti preziosi provenienti dalla valle del Nilo, raccontano la storia degli intensi scambi commerciali con l’Egitto.

Un confronto con reperti simili provenienti dall’Egitto ha fornito la possibilità di datare tutto l’ampio corredo funerario: i riscontri mostrano che la maggior parte degli oggetti risalgono all’epoca amarniana, alla metà, dunque, del XIV secolo a.C. Importanti anche i reperti ceramici i cui confronti permettono di identificare il cambiamento di materia prima utilizzata e forme rispetto a periodi precedenti.

La prossima fase dello studio prevede l’analisi del DNA dei resti umani: Fischer ritiene che questo dato potrà rivelare come i diversi individui siano collegati geneticamente tra loro e se ci sono immigrati di altre culture, dato non improbabile considerando le vaste reti commerciali che hanno sempre coinvolto Cipro.