martedì, 11 Novembre 2025
Pillole di Storia

PILLOLE DI STORIA: LA “LISTA EGEA” DI AMENHOTEP III

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Ognuna dei cinque basamenti delle statue di Amenhotep III, e denominate Colossi di Memnone, poste all’ingresso del suo tempio funerario di milioni di anni a Tebe Ovest, come pure molte altre, contiene iscrizioni con una serie di toponimi scolpiti sulla pietra in quello che gli Egizi chiamavano un «ovale fortificato», un ovale allungato scolpito, verticale, con una serie di piccole sporgenze lungo tutto il perimetro.

Figurazione ottocentesca dei colossi di Memnone,

L’iscrizione intendeva rappresentare una città fortificata munita di torri difensive (da qui la presenza delle sporgenze). Ogni ovale fortificato era situato (o piuttosto riposizionato) sulla parte anteriore di un prigioniero incatenato, raffigurato con le armi sul dorso e legato ai polsi, a volte con una corda intorno al collo che lo legava agli altri prigionieri. Si trattava del metodo egiziano, tradizionale del Nuovo Regno, per rappresentare le città e paesi stranieri; anche se gli Egizi non controllavano in realtà questi luoghi stranieri, né erano sul punto di conquistarli, scrivevano i nomi su questi «ovali fortificati» per una convenzione artistica e politica, forse come simbolo di dominazione simbolica. 

Nel loro insieme, i nomi incisi su questi basamenti formavano una serie di liste geografiche che designavano il mondo conosciuto agli Egizi dell’epoca di Amenhotep III, all’inizio del XIV secolo a.C. Erano nominati su queste liste alcuni dei luoghi e delle popolazioni più importanti del Medio Oriente di allora, compresi gli Ittiti a nord, i Nubiani a sud e gli Assiri e i Babilonesi a est.

Nell’insieme, le liste sono uniche nella storia dell’Egitto. Ma ciò che colpisce è che la lista scolpita sul basamento della quinta statua: contiene nomi mai citati prima nelle iscrizioni egizie. Sono presenti nomi di città e di località situate a ovest dell’Egitto, nomi strani come Micene, Nauplia, Cnosso, Cidonia e Citera, scritti sul frontone sinistro e sul lato sinistro del piedistallo, e due altri nomi, scritti separatamente sul lato frontale destro del piedestallo, come se si trattasse di un titolo situato a capo della lista: Keftiu e Tanafa.

Negli ultimi 50 anni, gli archeologi  e gli egittologi hanno discusso sul significato dei quindici nomi trovati sul basamento, e oggi questa lista è comunemente chiamata “Lista egea“.

Sono stati gli archeologi tedeschi e i loro collaboratori egiziani a trovare, negli Anni Sessanta del XX secolo, il piedistallo della statua, anche se successivamente una parte venne accidentalmente distrutta.

Secondo una fonte orale non verificata, i membri di una tribù di  beduini avevano acceso un fuoco  sotto il piedistallo e vi avevano gettato acqua fredda nel tentativo di staccare i pannelli incisi e poterli venderle sul mercato antiquario. La versione ufficiale è che furono gli incendi boschivi della zona a provocare i danni. Chiunque sia stato il colpevole, la base fu frantumata in mille pezzi!

Fino a poco tempo fa, i ricercatori avevano a disposizione solo alcune foto a colori del basamento originale che mostravano solo 13 dei 15 nomi mai identificati prima in Egitto.

Attualmente, i turisti possono ammirare le basi delle statue e le statue stesse riassemblate dopo più di 3000 anni: nel 1998, però, un team internazionale di archeologi guidati dall’egittologa Houring Sourouzian e dal marito Rainer Stadelmann, ex direttore dell’Istituto Archeologico tedesco del Cairo, ha riaperto gli scavi nel tempio funerario di Amnhotep III, a Kom el-Hetan. Le campagne hanno permesso di portare alla luce i frammenti del basamento con la “Listr egea” distrutta, oltre a quelli delle statue vicine e nel 2005 sono stati completamente restaurati.

Solo due dei nomi della lista erano noti agli scribi egizi e ai moderni egittologi: i due nomi posti in cima alla lista, Keftiu, la parola egizia usata per indicare l’isola di Creta, e Tanaja, la parola egizia per indicare il continente greco.

Questi due nomi hanno cominciato a fare la loro apparizione nei testi egizi durante l’epoca di Hashepsut e Thutmosis III, quasi un secolo prima ma mai in compagnia di toponimi specificidi singole città o regioni nell’Egeo.

Gli altri nomi sulla lista di questo basamento sono cose inusuali e tuttavia riconoscibili quasi immediatamente, che il primo egittologo che li ha pubblicati in inglese, l’eminente professor KennethKitchen,  dell’Università di Liverpool, all’inizio non sapeva se suggerirne la traduzione temendo di apparire ridicolo di fronte ai colleghi.

Nella sua prima breve annotazione sull’iscrizione del basamento della statua, che nel 1965 era solo un articolo di poche pagine sulla rivista accademica «Orientalia», Kitchen dichiara con prudenza: «Sono esitante a mettere per iscritto questa idea; i lettori possono ignorarlo se lo desiderano. I due nomi Amnisa e Kanusa assomigliano in modo molto fastidioso ad Amniso(s) e Cnosso, celebre sito antico sulla costa settentrionale di Creta».

Da allora, un certo numero di studiosi ha lavorato per decifrare i nomi che erano sulla lista e il loro significato nascosto. Lo studioso tedesco Elmar Edel ha pubblicato nel 1966 la prima analisi esaustiva delle liste di tutti e cinque i basamenti; una seconda edizione, aggiornata e rivista, è stata pubblicata 40 anni dopo, nel 2005.

Cline7Stannish 2011

In questo intervallo, numerosi altri studiosi hanno consacrato molti pensieri e molto inchiostro alle possibili interpretazioni della lista. Primo della lista, dopo i titoli di Keftiu (Creta) e Tanaja (la terraferma greca), venivano alcuni nomi di importanti siti minoici di Creta, compreso Cnosso e il suo porto di Amnisos, seguiti da Pesto e Cidonia, elencati in un ordine che andava da est a ovest. Tutti possedevano un palazzo minoico oppure, nel caso di Amnisos, fungevano da porto per un vicino palazzo minoico.

Successivamente, nella lista ci sono le isole di Citera, situata a metà strada tra Creta e il continente greco, e poi importanti insediamenti e siti micenei e regioni sulla terraferma greca, come Micene e il suo porto di Nauplia, la regione di Messenia e forse la città di Tebe in Beozia. Ultimi nella lista sono alcuni nomi della Creta minoica, questa volta in ordine inverso, da ovest a est, che comprendono di nuovo Amnisos.

La lista somiglia stranamente a un itinerario di viaggio dall’Egitto all’Egeo e ritorno. Secondo l’ordine dei nomi, i viaggiatori dall’Egitto andavano prima a Creta, forse per visitare i membri della famiglia reale e i mercanti minoici con cui, da questo momento, l’Egitto fu in contatto per quasi un secolo.

Poi continuavano, via Citera, verso la terraferma greca per visitare la nuova potenza sulla scena che stava conquistando le rotte commerciali dei Minoici dirette all’Egitto e al Medio Oriente. Infine, ritornavano in Egitto via Creta con la rotta più veloce e diretta, approvvigionandosi di acqua e cibo, ad Amnisos, ultimo scalo viaggio verso la patria, così come prima tappa, all’andata, dopo la partenza.

Le liste delle basi delle statue sembrano un catalogo competo del mondo conosciuto all’epoca degli Egizi di Amenhotep III. La maggior parte dei nomi era già nota da altri documenti e trattati e tra i nomi familiari c’erano gli Ittiti e i Cassiti/Babilonesi, come pure le città di Canaan. I nomi di luogo nell’Egeo, tuttavia, erano (e sono ancora) eccezionali, ed erano anche incisi in un ordine peculiare. Alcuni erano addirittura riscolpiti in modo peculiare, dato che í primi tre nomi erano stati cancellati a un certo punto, prima che la lista fosse resa pubblica.

Alcuni studiosi pensano che questa lista non sia nient’altro che propaganda, la vana vanteria di un faraone che aveva sentito parlare di luoghi lontani e desiderava conquistarli o intendeva convincere il suo popolo che l’avrebbe fatto. Altri credono, invece, che la lista non sia affatto un’auto-esaltazione, ma si baserebbe su una conoscenza oggettiva e su contatti reali avvenuti in quei tempi lontani. Quest’ultima spiegazione sembra la più verosimile, anche perché, da numerose altre rappresentazioni nelle tombe dei nobili che risalgono all’epoca di Hatshepsut e Thutmosis III nel XV secolo a.C., sappiamo che c’erano numerosi contatti con gli Egei: missioni diplomatiche e viaggi di mercanti che venivano in Egitto a portare i loro tributi.

È probabile che i contatti siano continuati nel secolo successivo, durante il regno di Amenofi III. In tal caso, potrebbe trattarsi della prima registrazione scritta di un viaggio di andata e ritorno dall’Egitto all’Egeo, un viaggio compiuto più di trentaquattro secoli fa, alcuni decenni prima che il re fanciullo Tut regnasse sulla terra eterna.

L’idea che si tratti del documento di un viaggio dall’Egitto all’Egeo dell’inizio del XIV secolo, invece che la registrazione di una spedizione di Micenei e Minoici in Egitto, sembra plausibile per altre avvincenti ragioni. In sei siti disseminati intorno all’area egea (a Creta, nella terraferma greca e a Rodi), gli archeologi hanno trovato alcuni oggetti che recano incisi i cartigli (le insegne reali) di Amnhotep III e di sua moglie, la regina Tiyi.

Esiste una correlazione tra le zone di ritrovamento di questi oggetti e i siti nominati nella Lista egea: ben quattro di questi sei siti fanno parte della lista.

Alcuni di questi oggetti, sono semplici scarabei sacri e piccoli sigilli e c’è anche un vaso in cui tutti hanno il cartiglio del faraone o di sua moglie. Ancora più importanti sono numerosi frammenti di piastre di maiolica, trovati a Micene, probabilmente la città più imporante della Grecia del XIV secolo a.C.

Questi frammenti, almeno dodici, provengono da un totale di nove piastre, ognuna delle quali misura venti centimetri di lunghezza, dieci di larghezza e due di profondità. Tutte le piastre avevano il titolo regale di Amenhotemp III inciso con pittura nera, leggibile sui due lati: «Il buon dio, Neb-Ma’at-Re, Amenhotep, principe dì Tebe, ha dato vita».

Gli egittologi le chiamano piastre di deposito di fondazione. Almeno in Egitto, le si ritrova situate in particolari depositi sotto i templi oppure, talvolta, sotto le statue del re. Il loro scopo era probabilmente quello di assicurarsi che gli dèi e le generazioni future conoscessero l’identità e la generosità del donatore/costruttore e la data dell’edificazione del palazzo, della statua o di qualsiasi edificio.

Quello che rende uniche le piastre a Micene è semplicemente il fatto che sono uniche nell’Egeo. In realtà, sono esclusive di Micene, impossibili da trovare nell’intero universo del Mediterraneo antico, dal momento che questi oggetti di maiolica, con il nome impresso di Amenhotep, non sono mai stati rinvenuti fuori dall’Egitto.

I primi frammenti a Micene furono trovati e pubblicati dagli archeologi greci alla fine dell’Ottocento e all’inizio del Novecento. Si pensò che fossero fatte di porcellana, e il nome di Amenhotep III non era ancora stato riconosciuto né decifrato.

Nel corso degli anni si fecero altre scoperte, alcune delle quali compiute dall’eminente archeologo inglese Lord William Taylor, nei luoghi di culto di Micene. Il frammento più recente fu rinvenuto solo pochi anni fa, abbandonato e sepolto in profondità in una fonte di Micene, dall’archeologa Kim Shelton, dell’Università di California a Berkeley.

Nessuno dei frammenti  è stato trovato nel suo contesto originale e sono sconosciute le motivazioni del loro originario uso nel sito. Il semplice fatto che si trovino a Micene e da nessun’altra parte indica che probabilmente esiste una stretta relazione tra questo sito e l’Egitto dell’epoca di Amenhotep III. Considerando il fatto che questa regione era ai margini del grande territorio “civilizzato” con cui l’Egitto era in contatto, la correlazione di questi oggetti con i nomi della Lista egea suggerisce che durante il regno di Amenhotep III era probabilmente avvenuto qualcosa di inusuale nei rapporti internazionali. 

Gli oggetti importati dall’Egitto e dal Medio Oriente trovati nell’Egeo formano un modello interessante, forse collegato alla Lista egea. Sembra che la Creta minoica abbia continuato a essere la destinazione principale delle rotte commerciali dall’Egitto e dal Medio Oriente almeno nella prima parte del XIV secolo a.C. Tuttavia, poiché si trovano oggetti dall’Egitto, da Canaan e da Cipro in quantità  approssimativamente simili a quelli di Creta, è  possibile che le merci dall’Egitto non fossero più il carico principale dei mercanti che navigavano tra Creta e il Mediterraneo orientale, come era stato durante i secoli precedenti.

Se le rotte dell’Egeo nei primi periodi erano governate da inviati diplomatici e da commercianti egizi e minoici, ormai questi venivano raggiunti e addirittura sostituiti da altri, provenienti da Canaan e da Cipro.

Questa complessa situazione internazionale continua nel corso dei successivi due secoli, ma si assiste a una trasformazione del tipo di merci straniere già alla fine del XIV secolo. Mentre si verifica un’improvvisa diminuzione nella quantità di oggetti importati a Creta, ci fu un incremento dell’importazione sulla terraferma greca. 

Se questo netto cambiamento nell’importanza dei commerci è reale, sembra possibile (anche se decisamente ipotetico) che la diminuzione e la definitiva cessazione di oggetti orientali diretti a Creta potessero essere collegate alla distruzione di Cnosso, che avvenne nel 1350 a.C. circa, e alla successiva presa di possesso da parte di Micene delle rotte commerciali verso l’Egitto e il Medio Oriente.

La Lista egea di Amenhotep III forse registra una situazione di questo tipo, visto che i luoghi elencati sul basamento della statua comprendono sia siti minoici a Creta sia siti micenei sulla terraferma greca. Se un’ambasceria egizia era stata inviata nell’Egeo durante il regno di Amenhotep III, forse era perché  aveva una duplice missione: rafforzare i rapporti con un partner commerciale antico e consolidato (i Minoici) e stabilire relazioni con una potenza emergente (i Micenei).

 

Daniele Mancini

Per un approfondimento bibliografico:

  • E. H. Cline, 1177 a.C. Il collasso delle Civiltà, Princeton 2014
  • E. H. Cline, S. M. Stannish, Sailing the Great Green Sea? Amenhotep III’s “Aegean List” from Kom el-Hetan, Once More”, Journal of Ancient Egyptian Interconnections 3(2), 6-16. doi: https://doi.org/10.2458/azu_jaei_v03i2_cline
  • P. Matthiae, Dalla Terra alla Storia, Torino 2018
  • C. Broodbank, Il Mediterraneo, Londra 2013
  • M. Liverani, Antico Oriente. Storia, società, economia, Bari 2011
  • S. Donadoni, Tebe, Milano 1999

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