sabato, 20 Aprile 2024
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OSSA DI MUMMIE EGIZIANE INDAGATE AI RAGGI X E AGLI INFRAROSSI

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Esperimenti su campioni di ossa di mummie egiziane, presso il Lawrence Berkeley National Laboratory del Dipartimento dell’Energia, in California, hanno prodotto nuove e sostanziose informazioni sulla comprensione della vita quotidiana e delle condizioni ambientali di migliaia di anni fa nell’antico Egitto.

In un importante sforzo, due ricercatori dell’Università del Cairo hanno analizzato 32 campioni di ossa di mummie e due campioni di suolo usando tecniche ai raggi X e alla luce infrarossa presso l’Advanced Light Source (ALS) del Berkeley Lab. La ASL (Sorgente Luminosa Avanzata) produce varie lunghezze d’onda di luce intensa che possono essere utilizzate per esplorare, microscopicamente, chimica, struttura e altre proprietà dei campioni.

Il progetto è stato reso possibile grazie a LAAAMP, il Lightsources for Africa, the Americas, Asia and Middle East Project, un programma finanziato che ha lo scopo di favorire maggiori opportunità scientifiche internazionali e di collaborazione per gli scienziati che lavorano in quelle zone del pianeta.

I campioni analizzati sono relativi a frammenti ossei di resti umani mummificati risalenti a un periodo compreso tra i 2000 e i 4000 anni fa e il terreno raccolto proveniente dai siti archeologici dei resti umani. I resti rappresentano le mummie di quattro diverse fasi della storia dell’antico Egitto: Medio Regno (2040-1782 a.C.), Secondo periodo intermedio (1782-1570 a.C.), Periodo Tardo (664-332 a.C.), Periodo Greco-Romano (332 a.C. – 395 d.C).

Gli scienziati dell’Università del Cairo, Ahmed Elnewishy e Mohamed Kasem, hanno esaminato quanto fossero incidenti le concentrazioni chimiche nei campioni di ossa rispetto alla salute generale, alla dieta e alla vita quotidiana degli individui o se le sostanze chimiche presenti nel suolo avessero cambiato la composizione delle ossa nel tempo.

Il loro lavoro, dunque, è risultato di notevole importanza per gli studi sul patrimonio culturale egiziano e anche per una migliore comprensione della conservazione delle antichità e dei potenziali percorsi di contaminazione di questi resti. I campioni sono stati recuperati da due siti egiziani: dalla Necropoli di Saqqara e da quella di Swenett, la moderna Assuan.

Kasem conferma, dunque, che le ossa si comportano come un archivio: adoperando una tecnica di analisi chimica che prevede l’ablazione laser, un sistema che prevede che un breve impulso laser distrugga un piccolo volume di materiale da un campione; la luce emessa da questa piccola esplosione viene analizzata per determinare quali elementi siano presenti.

Sono stati trovati piombo, alluminio e altri elementi che forniscono una chiara indicazione dell’ambiente e della tossicità di quel tempo. Ora è necessario comprendere come quegli elementi siano entrati nelle ossa umane: batteri, umidità o altri fattori che hanno influenzato la conservazione.

Le differenze nelle tecniche di imbalsamazione delle mummie potrebbero anche influenzare la conservazione delle ossa e la sua composizione chimica, riscontrabili con gli studi a raggi X (i materiali di imbalsamazione, dal tessuto alle resine, possono produrre risultati differenti…)

Gli antichi egizi non usavano l’alluminio nella lavorazione dei metalli ma i ricercatori hanno scoperto che hanno usato l’allume di potassio, un composto chimico contenente alluminio, per aumentare la limpidezza nell’acqua potabile. Le concentrazioni di piombo, invece, erano probabilmente dovute al metallo usato dagli artigiani per lucidare il vasellame ceramico.

I ricercatori hanno collaborato anche con gli scienziati Hans Bechtel ed Eric Schaible per condurre esperimenti su tre diverse linee di luce. Schaible ha aiutato i ricercatori con una tecnica nota come scattering di raggi X per analizzare la modellizzazione, su scala nanometrica, del collagene, la principale proteina del tessuto connettivo umano.

Una singola scansione delle sezioni trasversali dell’osso, da 3 a 5 centimetri di diametro e circa mezzo millimetro di spessore, impiegava dalle due alle sei ore per essere completate, fornendo una mappa 2D dettagliata sulla composizione del collagene all’interno dell’osso.

Queste immagini possono essere confrontate con le ossa moderne per capire meglio se e come il collagene si sia degradato nel tempo e indicarci, anche, dello stato di salute di un individuo.

Gli studiosi confermano, comunque, che uno dei principali ostacoli è stato il modo di preparare i campioni: il taglio delle sezioni sottili di materiale così delicato è particolarmente complicato. Di questo si è occupato un laboratorio specializzato presso il Dipartimento di Scienze planetarie e Terrestri dell’Università della California, Berkeley, che ha aiutato a tagliare i campioni. Per le sezioni più sottili e i campioni più fragili, l’osso è stato sospeso in resina epossidica e quindi tagliato.

Grand Egyptian Museum

Altri esami saranno condotti, prossimamente, al SESAME, Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in Middle East, un acceleratore ciclico di particelle situato in Giordania, nato sotto l’egida dell’UNESCO. Questi e i futuri studi. osservano gli scienziati, potrebbero potenzialmente giovare alle collezioni che saranno ospitate presso il costruendo Grand Egyptian Museum di Giza, che dovrebbe aprire nel 2020 e ospiterà oltre 100.000 manufatti egiziani.

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Berkeley National Laboratory

Aldilà

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