Gli archeologi dell’Università di Durham hanno scoperto nuove tracce dell’antico paesaggio mesopotamico del periodo abbaside, offrendo una nuova prospettiva sull’eredità della schiavitù durante il primo periodo islamico. Attraverso la pianura alluvionale del fiume Shatt al-Arab, nei pressi di Bassora, nell’odierno Iraq meridionale, si estendono oltre 7.000 lunghe creste di terra, testimonianza di un sistema agricolo un tempo molto esteso.

Gli studiosi hanno ipotizzato che le creste siano state create da schiavi e si credeva anche che il duro lavoro richiesto per erigere questi elementi paesaggistici artificiali e coltivare il terreno circostante potesse aver provocato la ribellione degli Zanj, una rivolta di schiavi di colore di origine africana avvenuta nel IX secolo d.c. durante il periodo abbaside. Tuttavia, fino ad ora, esistevano poche tracce scientifiche che confermassero quando furono create le creste o per quanto tempo furono utilizzate.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Antiquity. Un team internazionale di archeologi ha fornito le prime date assolute sulla costruzione e l’utilizzo di queste colline artificiali allungate in agricoltura. Utilizzando una tecnica di datazione chiamata luminescenza otticamente stimolata (OSL), il team ha analizzato campioni di terreno deposti nei depositi di profondità delle creste, scoprendo che la zona è rimasta coltivata tra il IX  il XIII secolo. L‘agricoltura nella regione, dunque, continuò a esistere molto tempo dopo la fine della rivolta degli schiavi e che la rivolta non fu l’unica causa dell’abbandono definitivo del sistema.

Non è ancora chiaro il motivo esatto per cui il sistema agricolo venne infine abbandonato ma i ricercatori ipotizzano diverse possibili cause. Tra queste rientrano le invasioni mongole del XIII secolo, le epidemie di peste del XIV secolo e il cambiamento climatico che potrebbe aver ridotto la disponibilità di acqua per l’agricoltura.

Questo studio segna la prima datazione scientifica di una struttura ancora esistente collegata alla minoranza di colore dell’Iraq e, in quanto tale, rappresenta un passo importante nel riconoscimento e nella preservazione del patrimonio delle comunità emarginate nella storia dell’Iraq.

Il team di ricerca ha coinvolto archeologi di Durham, della Radboud University nei Paesi Bassi, delle Università di al-Qadisiyah e Bassora in Iraq e della Newcastle University.