Figurine votive che raffigurano divinità e donatori (i famosi “ushabti“), vasi ceramici con decorazioni, sono solo alcune delle diverse centinaia di manufatti rinvenuti dagli archeologi polacchi in un ambiente ipogeo scoperto sotto il Tempio di Hatshepsut, a Deir el-Bahari, sulla riva occidentale del Nilo, in Egitto.

Le missioni archeologiche polacche proseguono nel Tempio di Hatshepsut dal 1961, quando il prof. Kazimierz Michałowski istituì la spedizione archeologica e di conservazione polacco-egiziana. Da allora, archeologi, conservatori e architetti associati al Centro di Archeologia del Mediterraneo (CAŚ) dell’Università di Varsavia hanno lavorato alla documentazione e al restauro del cosiddetto Tempio di milioni di anni della regina/faraone Hatshepsut. Attualmente, si concentrano sul restauro della Cappella Hathor e sotto di essa hanno rinvenuto ed esplorato un insolito ambiente scavato nel calcare tebano.

Patryk Chudzik, del CAŚ, e il suo team hanno temuto a lungo che il lavoro sulla cappella potesse portare al crollo del soffitto dell’ambiente ipogeo e hanno proceduto con un massiccio consolidamento. Dopo le prime ispezioni, tuttavia, si è scoperto che non era mai stato modernamente esplorata da nessuno e i detriti delle pareti giacevano fino a un’altezza di circa mezzo metro.

All’interno, tra i detriti sono state scoperte diverse centinaia di oggetti, alcuni dei quali sono i resti di corredi funerari ascrivibili all’inizio del Medio Regno, rendendo questo manufatto funebre più antico del Tempio di Hatshepsut stesso  di circa 500 anni. Tuttavia, la maggior parte dei reperti proviene da epoche successive, probabilmente dall’inizio della XVIII Dinastia, ovvero il Nuovo Regno.

Secondo Chudzik e il team di archeologi, la tomba potrebbe essere stata saccheggiata già nell’antichità e il corredo funerario doveva essere piuttosto prezioso perché la tomba apparteneva a un personaggio strettamente imparentato con il faraone Mentuhotep II, probabilmente suo figlio o sua moglie. La tomba fu costruita proprio accanto al tempio del faraone Mentuhotep II, oggi è quasi completamente in rovina e fagocitato dal più recente Tempio di Hatshepsut, eretto qualche centinaio di anni dopo.

Chudzik  sottolinea con piacere che il numero e la qualità dei manufatti rinvenuti è sorprendente: includono anche una preziosa statuina in legno, molto probabilmente raffigurante il proprietario della tomba, raffigurata con la classica parrucca egizia in testa.

Nel riempimento sono stati portati alla luce diversi frammenti di vasi dipinti e ciotole ceramici attribuibili alla XVIII Dinastia, con i classici motivi vegetali a simboleggiare la rinascita dalla Terra dei Morti,  numerosi votivi animali a forma di bovino e diverse dozzine di figurine femminili “hathoriche” nonché piccole statue in pietra, altri doni votivi, destinati ad ottenere favori dalla proprio dalla dea Hathor.

Secondo gli archeologi, sembra che si trattino di offerte votive che fedeli e sacerdoti donavano alla Cappella di Hathor. La dea Hathor, ben nota dai rilievi nel tempio di Hatshepsut, era raffigurata sotto forma di vacca o di donna con orecchie di vacca. In alcune scene è rappresentata che nutre il Faraone. Chudzik ritiene che le offerte votive siano state donate dagli abitanti di Tebe che chiedevano aiuto a Hathor: col tempo, però, i doni sono diventati eccessivi e i sacerdoti, o il personale del tempio, li hanno riposti in una sorta di favissa sacra.