sabato, 20 Aprile 2024
Archeologia&Dintorni

NORMANNI: ORIGINI E STORIA

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L’eredità dei Normanni, in Inghilterra, è stata costantemente sottostimata a causa della loro origine straniera, francesi, e per l’invasione della “santità anglosassone” dell’isola.

Al di là di questi stereotipi, per i Normanni c’era molto di più, sia in termini di intraprendenza che di abilità militare. 

La recente serie TV di History Channel, Vikings, ha narrato anche di un personaggio, rimodellato nella finzione televisiva ma che si basa su uomo realmente esistito, il Duca Rollo o Rollone, un capo vichingo conosciuto come Gongu-Hrólfr che mandava un sostanzioso gruppo di predatori vichinghi che ha invaso la Francia settentrionale navigando la Senna.

Afflitto da continue azioni militari, Carlo III detto Il semplice, re dei Franchi, invitò Rollo e i suoi seguaci a stabilirsi sul settore orientale della Normandia, nel 911 d.C., in cambio della fedeltà nominale e della conversione di Rollo al Cristianesimo: il nuovo ducato autonomo della Normandia doveva fungere da stato cuscinetto per fermare le incursioni di altri Vichinghi.

Con la firma del Trattato di Saint-Clair-sur-Epte, iniziò il regno di Rollo: questi, come nella sua natura vichinga, non si accontentò del territorio concessogli: nel 924 d.C., riuscì ad aggiungere altre aree vicine al suo ducato appena formato, compresi i distretti di Sees ed Exmes. Suo figlio, Guglielmo Lungaspada, aggiunse ulteriormente i territori di Cotentin e Avranchin entro il 933 d.C.

Normanni
L’Arazzo di Bayeux

Si formò, dunque, quella che è denominata Normandia, nota per la sua prevalenza di ville gallo-romane e abbazie ricche di tesori. La vecchia provincia franco carolingia della Neustria comprendeva una consolidata popolazione gallo-romana che fu in parte influenzata dalle aperture culturali dei loro re franchi. Gli Scandinavi appena arrivati ​​furono rapidamente assimilati con la risultante fioritura dei Normanni. 

I Normanni delle successive generazioni si considerarono “separati” dal resto della Francia: questo senso di identità e persino il destino comune erano spesso sposati dalla loro etichettatura indigena come Gens Normannorum (“il popolo normanno”).

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Come la storia ha dimostrato, il Trattato di Saint-Clair-sur-Epte fu un colpo da maestro di Carlo III, per se stesso e per le generazioni future di sovrani e funzionari della chiesa francesi dopo il X secolo d.C.

La Gens Normannorum mostrò, dunque, una natura in evoluzione non presente nei prededccessori Vichinghi: la natura dell’adattabilità. Questa forza permise loro di adottare integralmente la cultura e il feudalesimo “straniero” dei Carolingi, trasformando così i Normanni in un’entità europea che univa la cattiveria dei Vichinghi e l’acume di popolazioni più “avanzate”.

Un importante effetto di questo ambito di adattabilità fu l’adozione su larga scala del Cristianesimo: le generazioni post Rollo si rivelarono essere il braccio armato del Cristianesimo, con conquiste e influenze che raggiunsero gli angoli remoti dell’Europa e del Vicino oriente.

Numerosi furono, inoltre, i vescovi di origine normanna e i signori locali che fondarono liberamente monasteri medievali e abbazie ricchi di risorse nei loro regni. 

L’adozione del cristianesimo e della lingua francese fece si che, nei primi anni dell’XI secolo, molti duchi normanni intrattennero rapporti militari strategici con le loro controparti anglosassoni in Inghilterra, nel tentativo di bloccare la Manica dalle flotte vichinghe.

Questa relazione prese una nuova svolta quando i Normanni appoggiarono attivamente Edoardo e il Regno di Wessex contro l’invasione del Re Cnut e delle sue forze provenienti dalla Danimarca. Il legame politico tra Normanni e Vichinghi si deteriorò a tal punto che il grande Guglielmo il Conquistatore riuscì persino a concludere un accordo di alleanza con i suoi rivali francesi di lunga data nelle Fiandre, in modo da contrastare la minaccia vichinga nel 1066 d.C.

L’ascesa dei Normanni correva di pari passo con l’ascesa dei cavalieri europei a cavallo: alla fine dell’XI secolo d.C., questi cavalieri arrivarono a dominare i campi di battaglia dell’Europa occidentale e, come tali, la loro abilità si adattava perfettamente al modo normanno di una guerra veloce e brutale attraverso l’adozione della lunga lancia, stretta saldamente tra la parte superiore del braccio e il petto. Questo permetteva al cavaliere di effettuare una potente carica attraverso i ranghi della fanteria nemica, con la lancia pesante che incarnava lo slancio del cavalleria pesantemente corazzato nel suo movimento.

I Normanni furono determinanti nel trasmettere molte delle tecnologie militari mutuate dall’Impero bizantino e dal predecessore Impero romano, ma anche dai regni islamici orientali, verso il cuore dell’Europa.

Anche prima dell’adozione della lancia e di altre tecnologie militari, i Normanni prediligevano tattiche miste sul campo di battaglia che rispecchiavano il loro approccio più progressivo alla lotta. Questo è evidente dall’importante Battaglia di Hastings, combattuta nel 1066 d.C., dove le forze normanne di Guglielmo il Conquistatore, sia di cavalleria che di fanteria, giocarono i loro ruoli cruciali nella sconfitta delle tradizionali formazioni germanico-scandinave degli anglosassoni.

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Le prime escursioni di mercenari normanni nell?italia meridionale avevano avuto inizio quando quei territori erano ancora sotto il dominio bizantino, nel 1017 d.C.. Dopo una costante serie di insediamenti e incursioni, le prime conquiste militari furono completate dal famoso avventuriero normanno, Roberto il Guiscardo, nell’anno domini 1041.

Nel corso dei successivi trent’anni, molte città dell’Italia centro meridionale caddero sotto le forze normanne, ponendo così fine all’influenza bizantina. Questo periodo coincise anche con le ripetute incursioni e la definitiva conquista normanna della ricca isola della Sicilia. Questo è stato un evento significativo nella storia europea poiché l’isola, con la sua popolazione cristiana dominante, era ancora sotto la sovranità araba da oltre 150 anni.

La successiva formazione del Regno di Sicilia ha portato a un dominio culturale che raramente è stato visto nel resto dell’Europa occidentale: seppur i sovrani normanni furono completamente influenzati dal precedente ambito culturale arabo, e come tali adottarono persino molte tradizioni e stili islamici, incluso il loro abbigliamento, lingua e letteratura, la Sicilia ha continuato ad attirare gli elementi latini dall’Europa continentale cattolica, ponendo la parola fine a tutte le commistioni passate lombarde, arabe, ebree, bizantine e normanne stesse.

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I normanni hanno avuto un ruolo fondamentale nella “riconquista” della “Terra Santa”, durante la Prima Crociata, stabilendo un loro stato attorno all’antica città di Antiochia (che comprendeva parti della Turchia e della Siria moderne). Il Principato di Antiochia fu inizialmente formato dai Normanni “italiani” come uno stato cuscinetto che avrebbe protetto il Regno di Gerusalemme da incursioni settentrionali.

Quando Tancredi, nipote di Boemondo, il figlio di Roberto il Guiscardo, arrivò a governare le terre, stabilì rigide norme feudali europee mentre incoraggiava i Normanni, dalla Francia e dall’Italia, a stabilirsi nelle regioni della Siria settentrionale. Con il riconosciuto senso normanno di adattabilità, Tancredi cercò attivamente anche il sostegno delle comunità locali, tra cui i cristiani autoctoni, gli armeni vicini e i turchi più marginali, portando ancora una volta alla formazione di un regno brevemente sinergico con il territorio ma spesso in contrasto con il vicino Regno di Gerusalemme.

Le successive generazioni normanne non hanno rispettato la cultura locale mostrata dai loro predecessori e non hanno coltivato le reti commerciali e industriali un tempo ricche della città di Antiochia, lasciando che Aleppo, sotto il dominio islamico, prendesse il sopravvento economico della zona.

Daniele Mancini

Bibliografia di riferimento:

  • Amato di Montecassino, Storia dei Normanni, Cassino 1999
  • A.A.V.V., I Normanni. Popolo d’Europa 1030-1200. Roma, 28 gennaio – 30 aprile 1994, a cura di Mario D’Onofrio, Venezia 1994

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