martedì, 16 Aprile 2024
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L’IMPATTO DELLE CORRENTI PIROCLASTICHE SU POMPEI 79 D.C., NUOVO STUDIO

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Un nuovo studio condotto dall’Università degli Studi di Bari, Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e con il British Geological Survey of Edinburgh, apre un nuovo scenario sulla durata delle correnti piroclastiche che colpirono Pompei durante l’eruzione del Vesuvio nell’ottobre del 79 d.C.: circa 15 minuti in cui le ceneri vulcaniche, inalate dagli abitanti, furono loro fatali attraverso una mortale asfissia,

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports e secondo Roberto Isaia, ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV, ha avuto lo scopo di sviluppare un modello per cercare di comprendere e quantificare l’impatto dei flussi piroclastici sull’abitato di Pompei.

I flussi piroclastici, infatti, sono il fenomeno più devastante delle cosiddette eruzioni esplosive: paragonabili alle valanghe, sono generate dal collasso della colonna eruttiva. I densi flussi piroclastici che ne derivano scorrono lungo le pendici del vulcano a velocità di centinaia di chilometri orari, ad alte temperature e con un’elevata concentrazione di particelle

Isaia mostra quanto, durante le ricerche, siano stati importanti gli studi archivistici e di laboratorio dei depositi piroclastici conservati all’interno degli scavi archeologici di Pompei che hanno portato alla misurazione e alla definizione dei parametri fisico-meccanici delle rocce.

I dati ottenuti sono stati utilizzati come parametri di input per un modello matematico che ha permesso di effettuare simulazioni numeriche. Da questi si sono ottenuti i parametri fisici delle correnti piroclastiche e, quindi, sono stati stimati gli effetti sul territorio e sui suoi abitanti. Il risultato derivato è che la persistenza del flusso di correnti piroclastiche si è verificata in un periodo di tempo compreso tra 10 e 20 minuti!

Secondo Isaia, il modello sviluppato può essere applicato anche ad altri vulcani attivi in ​​tutto il mondo. L’esempio di Pompei, infatti, distante circa 10 km dal Vesuvio, suggerisce come l’utilizzo di questo modello possa essere molto prezioso per comprendere la durata dei flussi piroclastici e, quindi, dei danni derivanti da un’eruzione anche a distanze dove la temperatura e la pressione delle correnti piroclastiche non provocano più effetti nocivi sull’uomo e sull’ambiente.

La metodologia applicata può, dunque, fornire nuovi elementi di conoscenza nell’ambito della valutazione della pericolosità di una struttura vulcanica attiva.

Anche per Pierfrancesco Dellino, docente dell’Università di Bari e referente per l’attività vulcanica di settore della Commissione Nazionale Grandi Rischi, è stato molto importante poter ricostruire quanto accaduto nelle eruzioni del Vesuvio, partendo dalla documentazione geologica, al fine di risalire alle caratteristiche delle correnti piroclastiche e all’impatto sulla popolazione.

L’approccio scientifico adottato in questo studio, quindi, rivela quanto quelle informazioni, contenute nei depositi piroclastici, chiariscano nuovi e fondamentali aspetti dell’eruzione di Pompei fornendo spunti preziosi per interpretare il comportamento del Vesuvio anche in termini di protezione civile attuale.

 

Rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia

Pompei

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