venerdì, 29 Marzo 2024
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LE CAUSE DELLA SCONFITTA CROCIATA NELLA BATTAGLIA DI HATTIN DA RICERCARE NEL PALEOLITICO

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Il 4 luglio 1187, un esercito di crociati cristiani, che difendeva il Regno di Gerusalemme, fu schiacciato dall’esercito musulmano guidato da Ṣalaḥ al-Din. Quasi mille anni dopo, un team di archeologi israeliani propone un nuovo studio per comprendere la disfatta crociata nella Battaglia di Hattin.

I “semi” per la perdita cristiana furono piantati già nel Paleolitico inferiore e medio, secondo gli studi di Rafi Lewis, Rona Avissar Lewis e Meir Finkel: i risultati sono stati esposti in un articolo pubblicato sulla rivista Landscapes, una delle principali riviste di archeologia del paesaggio.

Il progetto Landscape of Hattin è finanziato dall’Università di Haifa.

Il territorio calpestato dai contendenti della Battaglia di Hattin, oggi in Israele, è stata attraversato da tempo immemorabile: era uno dei luoghi attraverso i quali i gruppi umani di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico si diffusero dall’Africa verso il resto del mondo, i cui passaggi sono testimoniati dai ritrovamenti dei numerosi strumenti della locale industria litica.

Secoli dopo la Battaglia di Hattin, un esploratore scozzese, William Rae Wilson, visitò la Galilea all’inizio del XIX secolo descrivendone, in modo evocativo, la terra nera,  risultato del vulcanismo di milioni di anni fa, e gli enormi cumuli di pietre. Presumeva che i tumuli fossero segni di tombe ma, in una successiva esplorazione, non ha trovato prove che le vittime della battaglia fossero state deposte in quei campi.

Recenti ricerche hanno confermato, invece, che almeno alcuni di questi cumuli di roccia sono relativamente moderni, il risultato, degli ultimi millenni, di semplici rimozioni di pietrame per la preparazione dei terreni agricoli; molti altri risalgono al periodo romano, altri ancora sono stati identificati come i risultati della lavorazione ed estrazione della selce prodotti tra il Paleolitico inferiore e quello medio.

I cumuli, alti fino a cinque metri, sono organizzati per tipologia di “rifiuto”: da quelli calcarei provenienti da cave locali, a quelli di selce frutto della fabbricazione degli utensili, ai cumuli di utensili stessi scartati per difetti di lavorazione o uso. Nei butti, gli archeologi hanno anche rinvenuto cunei di basalto che probabilmente sono stati usati per allargare le fessure naturali nella roccia, secondo uno studio del 2011 dell’Università di Tel Aviv.

I materiali più antichi sono stati datati al Paleolitico inferiore e medio in base al tipo di strumenti trovati nei butti/cumuli, come asce, grandi manufatti da taglio e nuclei di tipo Levallois.

Analizziamo come gli studiosi abbiano confermato che questi cumuli di pietre, creati dai gruppi umani del Paleolitico, abbiano cambiato l’esito della battaglia di Hattin: la pianura di Hattin, posta a ovest di un vulcano spento a doppio cono denominato le “Corna di Hattin”, in epoca romana ha subito una vasta centuriazione, da Nazareth, a ovest, fino al Mare di Galilea, a est.

Come si addice alla tradizione romana, la Galilea presentava anche un sistema pianificato di strade lastricate in pietra, costruite in coordinamento ai confini dei campi, come descrivono gli archeologi e testimoniato dalla copiosa presenza di materiale ceramico databile al II secolo d.C.

Gli studiosi sostengono che le strutture di confine realizzate dai Romani siano state realizzate sui butti preistorici di selce. Il paesaggio manipolato dai romani sulla base di cumuli di rocce preistoriche limitò, dunque, le manovre degli eserciti crociati permettendo all’esercito musulmano guidato dal Saladino di intrappolare il nemico nella piana, circondata su tre lati da barriere naturali e artificiali, le Corna di Hattin a est, le fortificazioni del Tardo bronzo e dell’Età del Ferro e la centuriazione romana a sud e a est.

La Piana di Hattin non sembrerebbe rappresentare un ostacolo per un esercito in marcia ma, secondo gli archeologi, le sfide topografiche poste dal vulcano e dalle mura antecedenti, disorientarono le forze crociate che arrancarono lungo la strada romana circondata da muri limitanei dei campi, dai terrazzamenti e dai cumuli di roccia: l’altezza media di queste caratteristiche infrastrutture è di circa 1,4 metri che, secondo gli studiosi, sono un ostacolo alto per un gruppo di uomini in armatura a cavallo.

Il metodo di combattimento crociato dipendeva dalle cariche coordinate della cavalleria e, durante la carica, i cavalieri riuscivano a sfondare la linea di fanti avversari che proteggeva i propri cavalieri dalle frecce. L’efficacia della carica dipendeva, ovviamente, dalla quantità di combattenti a cavallo, posti in riga, che attaccavano il nemico . Ma ad Hattin, il movimento era davvero limitato: per aggirare il vulcano, i cavalieri crociati dovevano cavalcare in fila indiana, rendendosi vulnerabili a violente imboscate.

Secondo Lewis, Avissar Lewis e Finkel, dunque, i cumuli di pietre e selci paleolitici che costituivano la base delle strade e della centuriazione romana, sono stati significativi per la sconfitta dei Crociati nella Battaglia di Hattin.

La responsabilità del comando cristiano non manca nella memorabile sconfitta ma le cause della debacle possono ricercarsi anche nel paesaggio che ha permesso alle forze musulmane di accerchiare le forze crociate, indebolendo la spinta del punto di forza avversario, la cavalleria, attraverso il lungo giro delle sorgenti di Hattin, verso Tiberiade.

Il Regno di Gerusalemme andò perduto per sempre anche a causa dei primi gruppi umani che crearono quei grandi cumuli dei loro butti di pietre, ostacoli insormontabili per i cavalieri crociati…

Studio singolare ma interessante…

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

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