giovedì, 28 Marzo 2024
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LA LEGGENDA DEL MINOTAURO

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Il poeta romano Ovidio, nato nella splendida località abruzzese di Sulmona (AQ), tramanda una delle prime e più interessanti descrizioni letterarie del minotauro nel Libro VIII de Le Metamorfosi (inizi I secolo d.C.), “il mostro mezzo uomo e mezzo toro“, una creatura con la testa di un toro e il corpo di un uomo, come artisticamente raffigurato nel periodo classico. Etimologicamente la parola minotauro deriva dal nome Minosse e dal sostantivo toro, intendendo, quindi, il “toro di Minosse”.

Dal punto di vista storico-mitologico, il re Minosse è associato all’isola di Creta, come uno dei principali sovrani della civiltà minoica. Così i miti del Minotauro sono intrinsecamente legati all’isola cretese e al suo labirinto, con la creatura stessa che a volte è stata denominata Asterion, dal nome del padre adottivo di Minosse.

Gran parte del mito giunge da varie antiche fonti greche, tra cui alcuni scritti di Callimaco, poeta e filoso greco del III secolo a.C., quindi il più antico a citare il minotauro; dalla Biblioteca Storica di Diodoro Siculo, storico greco del I secolo a.C; dalla Biblioteca di Pseudo-Apollodoro, una raccolta di miti greci e leggende eroiche, risalente al II secolo d.C.;  dalla Periegesi della Grecia di Pausania, un geografo e scrittore greco del II secolo d.C.

Le mitologiche narrazioni del minotauro sono legate a quelle del re Minosse. Secondo la mitologia greca, Minosse era il figlio di Zeus ed Europa, una mortale straordinariamente bella.

Secondo una versione, Zeus, allettato dalla bellezza di Europa, prese la forma di un toro e la portò a Creta: dalla loro unione furono generati tre figli, Minosse, Radamanto e Sarpedonte. Tutti e tre i fratelli furono adottati da Asterion, il re di Creta che poi sposò Europa.

L’isola presto cadde in agitazione politica dopo la morte di Asterion, con tutti e tre i fratelli in lizza per la successione al trono di Creta. Minosse fu il primo a rivendicare il sostegno degli dei e lo perseguì pregando Poseidone, il dio dei mari, di inviargli un toro per il sacrificio ed il dio lo esaudì, ma egli non sacrificò l’animale, poiché era molto bello.

Un atto del genere convinse i suoi avversari della sua “connessione” divina e della volontà di Poseidone, che permise a Minosse di impadronirsi del trono di Creta e bandire gli altri suoi fratelli.

Il toro fu consegnato da Poseidone a una condizione, che doveva essere sacrificato da Minosse in onore del dio del mare: Minosse decise di tenere per il toro e sacrificò un altro animale. Poseidone, irritato da una simile gesto, decise di punire Minosse per ciò che era percepito come arroganza e vanità del re appena dichiarato.

Poseidone, adirato, instillò una passione innaturale in Pasifae, la moglie di Minosse, costringendola a innamorarsi del toro bianco. Da questa unione nacque il minotauro, mezzo uomo e mezzo toro.

Secondo un’altra versione, fu Afrodite a maledire Pasifae: come risultato di questa aberrante forma di desiderio, Pasifae ordinò all’abile artigiano Dedalo (il padre di Icaro) di costruire una vacca di legno ricoperta di vera pelle di mucca. 

Una volta completata, la regina si nascose all’interno della struttura, che fu poi portata sul prato dove il toro bianco era al pascolo. L’animale sacro presto si interessò della “presunta vacca” e dalla loro unione bizzarra nacque la mostruosa prole, il minotauro.

Il re Minosse, profondamente offeso dall’atto, decise di punire Dedalo e Icaro rendondoli schaivi. Per quanto riguarda il Minotauro, nonostante la sua bizzarra morfologia, la creatura fu allevata e nutrita da Pasifae come un vitello e gli fu dato il nome di Asterion. Col tempo, crescendo in forza e ferocia, il minotauro, non avendo alcuna fonte naturale di sostentamento, cominciò a divorare gli ignari umani per il suo nutrimento.

Nel tentativo di nascondere lo spregevole atto della moglie e per proteggere i suoi sudditi, Minosse consultò l’Oracolo di Delfi. La soluzione vaticinata si presenta sotto forma di un massiccio e cupo labirinto massiccio che doveva contenere e nascondere il minotauro: questo gigantesco progetto fu costruito sotto il palazzo di Minosse, a Cnosso, la capitale minoica.

Nel frattempo Minosse subì un’altra tragedia: la morte del suo unico figlio con Pasifae, Androgeo. Secondo una versione della leggenda mitologica, furono gli Ateniesi ad uccidere Androgeo per gelosia delle sue vittorie ai Giochi Panatenaici. Un’altra versione menziona come sia stato ucciso dal Toro di Maratona, il toro bianco di Creta condotto a Maratona da Heracle nella settima delle sue Dodici fatiche.

In ogni caso, gli Ateniesi furono ritenuti responsabili della morte di Androgeo e l’ira di Minosse sfociò nella guerra contro Atene. Si dice che Minosse abbia navigato con la sua flotta cretese per molestare la città-stato della terraferma. E dopo molti conflitti e perdite (in una versione – una pestilenza), gli Ateniesi e il loro re decisero di fare causa per la pace e placare Minosse. Questo appeasement è arrivato sotto forma di tributo umano composto da sette fanciulle e sette giovani (“giovani allo stesso tempo del meglio delle ragazze non sposate”) – che dovevano essere inviati a Creta ogni sette anni (altre versioni menzionano ogni anno ogni nove anni) per essere divorati dal vorace Minotauro all’interno del Labirinto. In sostanza, il tributo riguarda il sacrificio umano e le sfortunate vittime ateniesi sono state scelte per sorteggio.

Tèseo e il minotauro, da stamnos a figure rosse attico, V secolo a.C., British Museum

Al momento del terzo tributo, Tèseo, figlio del re ateniese Aegeo, si offrì volontario come una delle vittime scelte. Ma il piano, in accordo con suo padre, era di uccidere il minotauro. Promise che dopo aver ucciso il mostro sarebbe tornato ad Atene con le vele bianche, ma se avesse fallito nel suo compito (e fosse stato ucciso), le vele sarebbero state nere.

Il racconto mitologico narra che dopo l’arrivo di Tèseo a Creta, entrambe le figlie del re Minosse, Arianna e Fedra, si innamorarono di lui. Ma è Arianna a prendere l’iniziativa per aiutare Tèseo nella sua pericolosa impresa, convincendo Dedalo, l’architetto del grande labirinto di Cnosso, a dirle i segreti dei percorsi che conducevano alla tana del possente Minotauro.

L’eroe ateniese si addentrò nell’oscuro labirinto legando un’estremità di unl filo alla porta d’ingresso. Quindi, guidato dai segreti di Dedalo, riuscì a scoprire il centro e trovare il mostro. Uno degli antichi resoconti mitologici narra di come Tèseo uccise con successo il minotauro con l’aiuto della fidata spada di suo padre, mentre un altro menziona come egli abbia sconfitto e ucciso il mostro semplicemente usando i pugni.

In ogni caso, dopo la scomparsa del minotauro, Tèseo, grazie all’aiuto del famoso “filo” riesce a fuggire e trovare l’ingresso del labirinto. L’eroe liberò le altre ragazze e ragazzi prigionieri e condusse via con se anche le due principesse minoiche, Arianna e Fedra, per fuggire da Creta. Nel viaggio di ritorno a casa, Tèseo abbandonò senza indugi Arianna sull’isola di Naxos, per volere del dio Dioniso che, in seguito, sposò la principessa.

Flicissimo della prospettiva di sposare Fedra, Tèseo dimenticò di cambiare il colore delle sue vele, lasciandole nere. Così, in un tragica finale degli eventi, nonostante la fortunata missione dell’eroe, suo padre Aegeo, osservando da lontano le vele nere, salta giù dalla scogliera in preda alla disperazione di aver perso il figlio.

Questo evento assicurò il trono per Teseo, mentre il mare dove perse la vita Aegeo si chiamerà Mar Egeo.

Il mosaico che raffigura Tèseo e il minotauro in lotta, da Chieti, oggi al Museo Nazionale di napoli

Molte altri racconti e leggende non ritraggono Minosse sotto una luce favorevole. Ne esistono altrettanti che, invece, lo raffigurano come un campione di saggezza e giustizia, grande combattente contro i famosi “popoli del mare”: alcuni storici sostengono che l’eredità culturale dei Minoici possa anche aver influenzato la creazione di miti affascinanti come quello del minotauro.

Come accennato all’inizio, le raffigurazioni del minotauro, la lotta tra Tèseo e il mostro,  sono temi piuttosto ricorrenti nell’arte greca classica, in particolare sulla ceramica, con interessanti influenze anche di tipo cultuale: il culto del toro era prevalente nell’antica cultura cretese e secondo l’erudito inglese Arthur Bernard Cook, noto per il lavoro in archeologia e la storia delle religioni, ci sarebbe stato uno stretto legame sacro e ancestrale tra il toro e la regina Pasifae.

Daniele Mancini

  • Enciclopedia Treccani, varie voci
  • R. Graves, I miti greci, Milano 1991

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