mercoledì, 16 Luglio 2025
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LA GESTIONE DEGLI ACQUEDOTTI DI ARLES DA UNO STUDIO SUI DEPOSITI CARBONATICI

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Un team di ricercatori dell‘Università Johannes Gutenberg di Magonza (JGU), dell’Università di Oxford e dell’Università di Innsbruck ha fatto luce sulla complessa storia dell’antico sistema acquedottistico di Arles, in Provenza. Lo studio è stato reso possibile dalle analisi dei carbonati dell’acquedotto, i depositi di calcare, accumulati nei condotti di terracotta, nei bacini e nelle tubature di piombo, nonché dai grumi di carbonato di acquedotto che erano stati utilizzati come aggregato da costruzione nel tetto delle Terme di Costantino. I ricercatori hanno pubblicato i loro risultati sulla rinomata rivista scientifica Geoarchaeology.

Secondo Gül Sürmelihindi dell’Istituto di Geoscienze della JGU che ha condotto lo studio, la ricerca mostra chiaramente come un acquedotto romano che abbia funzionato per diversi secoli e sia stato trasformato in tempi diversi dai Romani, sottoposto a manutenzione efficiente e modificato, resti uno degli esempi più chiari di un sistema di gestione idrica sostenibile dell’antichità. Cees Passchier dell’Istituto di Geoscienze dell’Università di Magonza ritiene che, a differenza di studi precedenti che hanno riguardato principalmente un singolo acquedotto, i ricercatori hanno studiato il complesso approvvigionamento idrico dell’antica Arles, costituito da diversi acquedotti, un bacino e strutture idriche collegate nella città.

Mentre alcune relazioni tra i diversi elementi del sistema di approvvigionamento idrico della città erano state ipotizzate da tempo, i ricercatori sono ora riusciti a confermare il quadro del sistema idrico di Arles e a dimostrare il lungo ciclo di vita dell’acquedotto romano del centro.

Inizialmente, dal 3 a.C. in poi, un acquedotto proveniente dal versante meridionale delle Alpilles riforniva d’acqua la città di Arles. Tuttavia, dopo quasi cento anni, fu costruito un acquedotto aggiuntivo dal versante settentrionale delle stesse colline, la cui acqua si univa a quella della controparte meridionale in un bacino preesistente, parte dell’acquedotto originale. Con l’apertura dell’acquedotto settentrionale, quello meridionale assunse una nuova funzione: fu deviato per alimentare l’enorme complesso di mulini ad acqua a 16 ruote nella vicina Barbegal, come confermato dai ricercatori in uno studio precedente, anche attraverso l’analisi dei carbonati.

I ricercatori hanno inoltre confermato che il bacino originariamente fungeva da bacino di raccolta a monte di un ponte a arcate dell’acquedotto: tali bacini venivano inseriti in modo che la sabbia e altre sostanze più pesanti potessero depositarsi. L’acquedotto settentrionale fu poi aggiunto in seguito in modo improvvisato, come si può vedere dai resti architettonici del suo ingresso al livello superiore del bacino.

Un altro pezzo del puzzle proviene dai frammenti del soffitto crollato delle Terme di Costantino ad Arles, il cui fornitore d’acqua era finora sconosciuto. Sürmelihindi conferma che sono stati identificati gli stessi carbonati dell’acquedotto nei frammenti del soffitto crollato, carbonati appartenenti all’acquedotto settentrionale. Evidentemente, quando le terme furono costruite all’inizio del IV secolo d.C. per ordine dell’imperatore Costantino, l’acquedotto fu apparentemente restaurato e i carbonati staccati furono utilizzati qui come materiale da costruzione per il soffitto delle terme.

Questo fondamentale dettaglio ha permesso di individuare il sistema di rifornimento idrico delle terme e indicare un termine di utilizzo dell’acquedotto romano stesso, almeno fino al momento in cui furono costruite le terme, poiché il carbonato ripulito dall’acquedotto fu utilizzato per la sua costruzione e, molto probabilmente, l’acquedotto ha funzionato anche fino al V secolo d.C., con l’arrivo degli invasori Franchi e Burgundi.

Anche il ruolo delle grandi condutture in piombo di epoca romana che attraversavano il letto del Rodano e che furono scoperte nel XIX secolo è stato a lungo dibattuto. I ricercatori sono riusciti a risolvere, con l’aiuto dei carbonati, la natura dei depositi con composizione isotopica simile a quelli presenti negli acquedotti dei rami nord e sud, trovati anche nelle condotte in piombo, confermando che un sifone rovesciato dell’acquedotto di Arles avrebbe rifornito il quartiere di Trinquetaille sulla riva opposta del fiume.

Passchier conferma che senza gli archivi dei carbonati dell’acquedotto sarebbe impossibile ricostruire queste relazioni: poiché i depositi sono fortemente contaminati da argilla, non possono essere datati utilizzando le tecnologie di datazione standard. Grazie agli isotopi stabili di ossigeno e carbonio dei carbonati e è stato possibile incrociare i profili isotopici per individuare i tempi della loro deposizione simultanea, permettendo agli studiosi di identificare gli stessi strati annuali nei carbonati e determinare i loro relativi periodi di deposizione e, di conseguenza, la cronologia storica delle modifiche e dei cambiamenti apportati al sistema di approvvigionamento idrico di Arles.

 

P.S. Affascinante e fondamentale anche per lo studio di un manufatto particolare dell’Abruzzo… (n.d.r.)

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Johannes Gutenberg Universität Magonza

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