venerdì, 19 Aprile 2024
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IL FUOCO HA ILLUMINATO L’ARTE PREISTORICA!

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Un nuovo studio ha individuato come alcune pietre incise siano state decorate con rappresentazioni artistiche, circa 15.000 anni fa, con l’ausilio del fuoco: i danni da calore suggeriscono, infatti,  che alcune opere siano state scolpite alla tremolante illuminazione di un fuoco.

Lo studio, pubblicato sulla rivista PLOS ONE, condotto da ricercatori delle Università di York e Durham, ha esaminato la collezione di pietre incise, note come placchette, ora conservate al British Museum. È probabile che siano state realizzate utilizzando strumenti litici specifici da individui della Cultura del  magdaleniano, una cultura di cacciatori-raccoglitori datata tra 23.000 e 14.000 anni fa in Europa.

I ricercatori hanno identificato anche tracce di danni da calore attorno ai bordi di alcune delle pietre, confermanco che erano state poste in prossimità di un fuoco/focolare..

In seguito alla scoperta, i ricercatori hanno eseguito un esperimento di archeologia sperimentale con repliche delle pietre stesse e hanno utilizzato modelli 3D e software di realtà virtuale per ricreare le placchette al preistorico stato originale, in condizioni di luce accanto al fuoco e con le fresche linee bianche che gli incisori avrebbero realizzato come prima scavato nella roccia migliaia di anni fa.

L’autore principale dello studio, Andy Needham, del Dipartimento di Archeologia dell’Università di York e co-direttore dello York Experimental Archaeology Research Center, osserva che in precedenza si presumeva che il danno da calore visibile su alcune placchette sarebbe stato causato da un incidente ma esperimenti con placchette-replica avrebbero mostrato che il danno sia più coerente con l’essere posizionati di proposito vicino a un focolare, creando espressioni artistiche di notevole rilievo.

Lavorare alla luce di un focolare avrebbe avuto un effetto drammatico sul modo in cui gli individui preistorici avrebbero sperimentato la creazione dell’arte: secondo i ricercatori, potrebbe essersi attivata una capacità evolutiva sviluppatasi per proteggersi dai predatori chiamata “Pareidolia” in cui la percezione impone un’interpretazione significativa come la forma di un animale, un viso o uno schema dove non ci sia.

Needham ritiene che creare arte alla luce del fuoco sia stata un’esperienza molto viscerale che avrebbe attivato diverse parti del cervello umano. Sappiamo che le ombre e la luce tremolanti migliorano la capacità evolutiva umana di vedere forme e volti in oggetti inanimati e questo potrebbe aiutare a spiegare perché è comune vedere i disegni delle placchette che hanno utilizzato o integrato elementi naturali o nella roccia per disegnare animali o forme artistiche.

La Cultura magdaleniana vide un fiorire dell’arte primitiva, dall’arte rupestre e dalla decorazione di strumenti e arm, dell’incisione di pietre e ossi animali.

Secondo Izzy Wisher, coautrice dello studio e collaboratrice nel Dipartimento di Archeologia dell’Università di Durham, durante il periodo magdaleniano le condizioni erano molto fredde e il paesaggio era più esposto. Gli individui si erano ben adattati al freddo, indossando abiti caldi realizzati con pelli e pellicce di animali, il fuoco era ancora molto importante per tenersi al caldo. Le scoperte realizzate con lo studio rafforzano, quindi, la teoria secondo cui il caldo bagliore del fuoco l’avrebbe reso il fulcro della comunità per incontri sociali, raccontare storie e fare arte.

In un momento in cui enormi quantità di tempo e sforzi sarebbero stati necessari per trovare cibo, acqua e riparo, è affascinante pensare, dunque, che le persone abbiano ancora trovato il tempo e la capacità per creare arte, mostrando come queste attività abbiano fatto il bagaglio culturale umano per migliaia di anni, dimostrando la complessità cognitiva degli individui preistorici.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Università di York

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