giovedì, 18 Aprile 2024
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I PIGMENTI OCRA DELL’ISOLA DI PASQUA

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Il fascino dell’Isola di Pasqua, Rapa Nui, è indiscutibile e si susseguono gli studi sulle cause che hanno condotto questa amena isola del Pacifico prima alla crescita e poi al collasso. Alla ricerca di un team multidisciplinare sui cambiamenti climatici prodotti da El Niño, segue questo nuovo interessante studio sui rinvenimenti delle fosse di lavorazione dei pigmenti del colore ocra anche dopo la deforestazione dell’isola, che respingono le teorie del presunto collasso sociale.

Questo studio, condotto da un team internazionale di scienziati e archeologi del Museo Moesgaard in Danimarca, dell’Università di Kiel in Germania e dell’Università Pompeu Fabra in Spagna, ha evidenziato come diverse fosse del periodo preistorico dell’Isola di Pasqua fossero piene di pigmento ocra.

I ricercatori hanno rivelato che la produzione di questo pigmento sia continuata come aspetto importante della vita culturale degli abitanti dell’isola, nonostante i drastici cambiamenti dell’ecosistema e dell’ambiente.

La celebre ipotesi, presentata da Jared Diamond nel suo libro “Collapse” del 2005, da cui ha preso spunto la celebre pellicola cinematografica Rapa Nui, ipotizzava che l’eliminazione della vegetazione e la sovrappopolazione avesse portato all’erosione, alla carenza di risorse e cibo e, infine, al collasso della società.

I nuovi dati, tuttavia, presentati sulla rivista The Holocene, suggeriscono una storia diversa.

Una delle fosse dell?isola di Pasqua con l’ocra rossa

L’Isola di Pasqua è famosa per le sue grandi statue dall’aspetto umano, i Moai. Tuttavia, i gruppi umani che l’hanno vissuta producevano anche pigmento a base di ocra rossa, che è stato trovato applicato a pitture rupestri, incisioni rupestri, ai Moai, a contesti di sepoltura. Sebbene la presenza del pigmento fosse ben nota, la fonte e il possibile processo di produzione non erano affatto conosciuti.

Negli ultimi anni, gli archeologi hanno realizzato scavi archeologici e condotto studi scientifici su quattro siti con vere e proprie fosse di lavorazione, elaborando l’ipotesi che vi fosse una produzione di pigmenti su larga scala.

Le fosse erano ricche di particelle finissime di ossidi di ferro ematite e maghemite, che hanno un colore rossastro brillante. Analisi geochimiche, di microcarbone e fitoliti, indicano che i minerali sono stati riscaldati, probabilmente per ottenere un colore più brillante: alcune delle fosse, infatti, erano coperte da un coperchio, indicandone l’uso sia per la produzione che per la conservazione dei pigmenti.

Il Museo Moesgaard ha diretto le analisi dei fitoliti, i piccoli corpi silicei microscopici di colore opalino traslucido,  e delle diatomee, alghe microscopiche unicellulari, tutte provenienti dalle quattro fosse dell’Isola di Pasqua. L’analisi dei fitoliti è stata condotta in collaborazione con l’Università Pompeu Fabra mentre l’analisi delle diatomee è stata effettuata dal CREAF, il consorzio spagnolo di ricerca scientifica.

I fitoliti trovati nelle fosse dell’Isola di Pasqua provengono principalmente dalle piante della sottofamiglia delle graminacee Panicoideae. Questa presenza di flora viene interpretata come parte fondamentale del combustibile utilizzato per riscaldare il pigmento.

Le fosse indagate sull’isola di Pasqua risalgono al periodo compreso tra il 1200 e 1650 d.C.: a Vaipú Est, il sito in cui sono state trovate la maggior parte delle fosse, alcune erano situate sopra i residui delle radici di palma, indicando come  la produzione di pigmento sia avvenuta dopo l’eliminazione e la combustione della precedente vegetazione palmifera. Anche in un altro punto dell’isola, a Poike, è stata trovata una fossa realizzata tra le radice di palma.

Anche se la vegetazione delle palme era scomparsa, dunque, la popolazione preistorica dell’Isola di Pasqua ha continuato la produzione di pigmenti, su larga scala, in contrasto con l’ipotesi che l’eliminazione della vegetazione si sia tradotta in un collasso sociale completo.

Gli studiosi ritengono, quindi, che, un nuovo elemento sia emerso dallo studio sociale dell’Isola di Pasqua, Rapa Nui, sulla resilienza e la flessibilità dei gruppi umani nell’affrontare le mutevoli condizioni ambientali.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

 

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