sabato, 20 Aprile 2024
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I COLORI DELLE ISCRIZIONI ROMANE LUNGO IL VALLO DI ANTONINO

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Le lastre, le lapidi, le statue e le iscrizioni romane giunte fino a noi erano inequivocabilmente colorate: i Romani, infatti, hanno usato i colori più brillanti ed evidenti, come il rosso sangue e il giallo brillante sulle bianche pareti di monumenti e mura anche per illustrare i terribili avvertimenti e moniti a non oltrepassare quei confini.

Un recente studio condotto dall’archeologa Louisa Campbell dell’Università di Glasgow ha analizzato e lastre di pietra scolpite e dipinte che sarebbero state utilizzate come “propaganda romana” rivolta alle tribù locali a nord del Vallo di Antonino, un muro fortificato costruito, in Scozia,  160 km a nord del Vallo di Adriano dalle legioni romane durante il regno dell’imperatore Antonino Pio nel secondo quarto del II secolo d.C.

Gli avvertimenti dipinti, tra cui aquile romane con becchi macchiati di sangue e corpi uccisi e decapitati delle vittime sconfitte delle legioni romane vittoriose, sono stati realizzati accanto a iscrizioni incise su lastre di pietra poste lungo uno dei bastioni del vallo settentrionale.

Sebbene le lastre di pietra siano, oggi, semplicemente incise sulle grigia pietra, la ricerca della Campbell mostra che una volta erano colorate con colori naturali, tra cui l’ocra rossa e gialla, un minerale rosso chiamato realgar (un solfuro di arsenico), una tintura vegetale rossa, conosciuta come “madder”, ricavata dai pigmenti della rubia, un minerale giallo brillante chiamato orpimento (un altro solfuro di arsenico) e il piombo per realizzare il bianco.

I rossi, in particolare, erano usati per dipingere dettagli, come i mantelli dei soldati romani e per indicare la sanguinosa fine riservata ai nemici dell’Impero Romano. Le scene rappresentate mostrano la classica iconografia del potere e della potenza di Roma a livello grafico.

Le lastre di pietra, poste a intervalli regolari lungo il Vallo di Antonino, promuovevano la potenza dell’impero che non avrebbe tollerato sfide all’autorità imperiale: erano rivolte sia alle legioni romane, sia ai visitatori dell’impero ma, soprattutto, alle popolazioni autoctone che vivevano a nord.

Campbell ha studiato, inoltre, i 19 cippi miliari trovati lungo il Vallo di Antonino, che non era lungo quanto il Vallo di Adriano (che raggiungeva 117 km, pari a 80 miglia romane), ma con i suoi 63 km, pari a 39 miglia romane, collegava da est a ovest tra due profondi estuari profondi dei fiumi Firth of Forth, appena a nord della città di Edimburgo, e Firth of Clyde, a pochi chilometri a ovest di Glasgow.

La ricerca di Campbell include anche a le due pietre più famose del Vallo: la lastra Summerston (nella foto di copertina), che fu trovata in una fattoria vicino a Glasgow intorno al 1694, e la Bridgeness Slab, scoperta nel 1868 vicino alla città di Falkirk, all’estremità orientale del Vallo di Antonino .

La Bridgness Slab

Entrambe le lastre riproducono macabre scene di cavalieri romani che cavalcano contro i guerrieri indigeni del nord e  sorvegliavano i gruppi già catturate e legati. Nella Bridgeness Slab è riprodotto anche un guerriero decapitato nel bel mezzo della battaglia. Le due estremità del collo presentano pigmenti di rosso, a simboleggiare il sangue versato nell’esecuzione. Anche becco dell’aquila (il simbolo di Roma e delle sue legioni), riporta tracce di pigmenti rossi a simboleggiare come Roma si nutra del corpo dei suoi nemici.

Sulla lastra di Summerston, inoltre, alla dedica all’imperatore Antonino Pio, è rappresentata anche l’aquila romana che si appoggia sulla figura di un capricorno, il simbolo della Seconda Legione di Roma che ha difeso il Vallo in quella zona.

Nonostante i suoi potenti messaggi di propaganda, il Vallo di Antonino è stato tenuto dalle legioni romane solo per pochi decenni, fino al 161 d.C., quando Marco Aurelio è stato eletto imperatore e, per alcuni anni tre il 208 e il 211 d.C., durante il principato di Settimio Severo.

Nonostante le fonti, gli archeologi sono stati piuttosto discordi nell’identificare il percorso esatto del Vallo di Antonino, il confine più settentrionale dell’impero, abbandonato all’inizio del terzo secolo per ritirarsi all’interno del Vallo di Adriano. Se molti resti sono ancora visibili per il Vallo di Adriano, i terrapieni e i bastioni in legno del Vallo di Antonino sono difficili da distinguere nella campagna scozzese.

Le nuove tecnologie sono venute in aiuto degli archeologi e si stanno occupando della mappatura dell’antico vallo. Patricia Weeks, un’archeologa della Heritage Environment Heritage (HES), segue i sondaggi con la tecnologia LIDAR  che utilizza la luce laser per mappare le distorsioni quasi invisibili sul terreno lungo tutta la lunghezza del Vallo di Antonino.

I dati di questo sondaggio sono stati usati come anche da Nick Hannon, un archeologo presso la Canterbury Christ Church University per analizzare le relazioni tra diversi siti sul Vallo e per cercare di identificare gli elementi trascurati, come i piccoli forti di appoggio.

I dati delle ricognizioni con il LIDAR e i risultati degli altri lavori degli archeologi, infine, vengono convogliati per realizzare dettagliate scansioni 3D del Vallo di Adriano per coinvolgere il pubblico sulle antiche installazioni romane. Inoltre, tutti questi dati sono stati incorporati in un gioco educativo che mostra un’antica fortezza romana lungo il Vallo da visitare in un tour interattivo in realtà aumentata per comprendere  e visualizzare meglio le strutture difensive del periodo.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: The University of Glasgow

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