Dopo oltre un decennio di ricerche, l’antropologo della Georgia State UniversityJeffrey Glover, pubblica il risultato dei suoi lavori sul tratto costiero nei pressi di Quintana Roo, in Messico, nell’arco di 3.000 anni. Questa zona della penisola messicana dello Yucatán è stata la base di un vasto progetto di ricerca che dura da più di 10 anni e Glover ha svolto la sua ricerca con Dominique Rissolo, archeologo del mare.

Il Qualcomm Institute della Università della California San Diego ha scoperto migliaia di manufatti che li aiutano a gettare nuova luce sui Maya che vivevano lungo questo tratto di costa. Glover  e Rissolo lavorano con un team interdisciplinare e internazionale di ricercatori per far luce sull’interazione dinamica tra i processi sociali e naturali che hanno plasmato la vita dei Maya negli ultimi 3000 anni. Il team ha pubblicato un nuovo  articolo sul  Journal of Island and Coastal Archaeology che  riassume le loro scoperte fino ad oggi.

Il Proyecto Costa Escondida si è concentrato sugli antichi siti portuali maya di Vista Alegre e Conil. A oggi, la ricerca ha prodotto un patrimonio di conoscenze sulla civiltà maya del mare dall’800 a.C. e Glover, docente di Antropologia, sta utilizzando il quadro di ecologia storica per comprendere meglio la relazione dinamica tra l’uomo e l’ambiente negli antichi siti portuali maya di Vista Alegre e Conil.

Attraverso l’obiettivo dell’ecologia storica, dunque, questo ampio team di ricercatori ha mostrato come i Maya si siano adattati nel corso dei secoli a un’ampia gamma di cambiamenti ambientali. Questa visione dell’adattamento a lungo termine di una società agli ambienti costieri fornisce un modello fruttuoso per studiare tali interazioni tra molte culture.

Questa regione si trova lungo la costa settentrionale dello Yucatan, a poche ore da famose attrazioni turistiche come Cancun e famosi siti archeologici come Chichen Itza e Tulum.

Rissolo conferma con orgoglio che l’area di studio è  una delle coste meno modernamente antropizzate della penisola dello Yucatan settentrionale e le rive della Laguna di  Holbox sono ancora in gran parte selvagge e offrono una vista libera sul passato della regione.

Il sito di Vista Alegre è su una piccola isola circondata da mangrovie che si trova lungo la sponda meridionale della Laguna di Holbox (chiamata anche laguna di Conil o Yalahau). Glover descrive Vista Alegre come quello che probabilmente un tempo era un piccolo porto e qui hanno scoperto e mappato fino a 40 piattaforme che servivano da base per edifici edificati in materiali deperibili, con pali e paglia. La più grande è una struttura piramidale alta circa 13 metri che Glover ritiene fosse il basamento di un tempio e luogo di avvistamento sul mare.

Conil  era un sito molto più vasto situato sotto la moderna città di Chiquila ed è stato esplorato dai primi conquistadores spagnoli che lo descrissero come una città di ben 5.000 case.

I ricercatori hanno identificato decine di migliaia di manufatti e resti organici che hanno contribuito a migliorare la comprensione di come il paesaggio sia cambiato nel tempo, come fanno vissuto le persone e come hanno affrontato sfide non dissimili da quelle affrontate oggi, come l’innalzamento del livello del mare e il cambiamento dei sistemi politici ed economici. Il progetto combina le tecniche archeologiche tradizionali con le nuove tecnologie high-tech per la terra e il mare.

Il complesso lavoro di geoarcheologia marina è stato guidato da Beverly Goodman-Tchernov  e Roy Jaijel dell’Università di Haifa, in Israele. I campioni analizzati includono sedimenti provenienti dai siti della costa, offrendo ai ricercatori un’idea migliore di come la costa sia cambiata nel tempo grazie allo studio di una serie di diversi set di dati. In particolare, nei carotaggi  si conservano i resti di minuscole creature (foraminiferi) che vivevano in ambienti molto specifici dell’ambiente costiero. Invece di essere nascosta come è oggi, Vista Alegre era molto probabilmente di nuovo aperta e costruita appositamente su una penisola che si protendeva nella laguna, rendendola una destinazione più ovvia per gli antichi commercianti di canoa.

Insieme alla ricostruzione della paleo-costa paleo, Patricia Beddows, della Northwestern University, ha combinato la ricerca sul moderno sistema idrologico analizzando i valori degli isotopi dell’ossigeno dai sedimenti per studiare come l’accesso all’acqua dolce sia cambiato nel tempo a causa dell’innalzamento del livello del mare. Il team è perfettamente consapevole di quale fattore limitante l’accesso all’acqua dolce potrebbe essere stato per le popolazioni del passato. Una teoria analizzata è che in passato delle sorgenti nei pressi del sito siano state effettivamente sommerse dall’innalzamento del livello del mare. Per cercare di identificare le infiltrazioni d’acqua dolce (che sono circa due gradi Celsius più fredde dell’acqua oceanica), il team ha utilizzato un drone dotato di una termocamera per identificare le aree che potrebbero rappresentare le passate sorgenti di acqua dolce.

Gli archeologi hanno anche scoperto decine di migliaia di frammenti di ceramica e centinaia di pezzi di ossidiana, rivelando che queste popolazioni costiere erano coinvolte in un commercio estensivo. Glover ritiene che la diversità di questi manufatti spicca rispetto a quella dei siti vicini dell’entroterra confermando che i dati archeologici rafforzino l’idea che queste popolazioni costiere avessero connessioni molto più ampie e cosmopolite perché facevano parte di reti commerciali a lunga distanza basate su canoe o piccole imbarcazioni.

Queste connessioni commerciali sono più evidenti circa 1.000 anni fa, quando i ricercatori riscontrano un importante riallineamento ed espansione nel commercio “internazionale” associato all’emergere di Chichen Itza come potente città religiosa, politica ed economica dello Yucatan.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini