venerdì, 4 Ottobre 2024
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DAL NEOLITICO SCANDINAVO, TRACCE E TESTIMONINAZE DI IMBARCAZIONI IN PELLE DI FOCA

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Secondo un nuovo studio  pubblicato sul Journal of Maritime Archaeology, gli antichi gruppi umani scandinavi potrebbero aver utilizzato imbarcazioni costruite con pelli di foca o altri animali per pescare, cacciare e commerciare.

Noto come appartenente alla Cultura della Ceramica bucherellata (in tedesco Grübchenkeramische Kultur, abbreviato in GKK e in inglese Pitted Ware culture, abbreviato in PWC), questo gruppo di cacciatori-raccoglitori neolitici visse in Scandinavia tra il 3500 e il 2300 a.C.

Il gruppo è forse più noto per la sua ceramica, che presenta vasi dal fondo piatto stilizzati con linee orizzontali incise nell’argilla prima della cottura. Erano anche abili cacciatori marittimi, in particolare quando si trattava di cacciare le foche.

Gli archeologi ritengono che la PWC abbia utilizzato le pelli di questi mammiferi acquatici per costruire imbarcazioni e l’olio ricavato dal grasso delle foche per contribuire alla manutenzione delle imbarcazioni.

L’autore principale dello studio, Mikael Fauvelle, ricercatore del Dipartimento di Archeologia e Storia antica dell’Università di Lund, in Svezia, “conferma che questi individui cacciavano molte foche, come testimoniano le enormi quantità di ossa di foca rinvenute nei siti in cui abitavano. Le foche erano anche uno degli animali migliori per costruire barche, poiché sappiamo che gli Inuit, un gruppo indigeno che vive in Canada, Groenlandia e Alaska, applicavano l’olio di foca come passaggio fondamentale per impermeabilizzare le loro barche. Sappiamo che i gruppi umani della PWC aveva grandi quantità di olio di foca, conservata nei contenitori ceramici rinvenuti nei siti archeologici a loro attribuiti.

utilizzo di solide e affidabili imbarcazioni era essenziale per la sopravvivenza degli uomini della Cultura della Ceramica bucherellata che dipendeva molto dalla pesca, poiché vivevano in un’area delimitata da grandi masse d’acqua, tra cui il Mar Baltico e il Mare del Nord. Si spostavano nell’ambiente e commerciavano piuttosto spesso con altri gruppi, spesso viaggiando da Gotland, un’isola oggi svedese, ad Åland, un arcipelago a sud, posizionato molto lontano.

I ricercatori ritengono che imbarcazioni più primitive, come le canoe ricavate da tronchi scavati, sarebbero state inefficienti nel percorrere centinaia di chilometri in mare aperto e, comunque, questi individui dovevano remare in lungo e in largo per cacciare, pescare e commerciare, utilizzando le utili barche fatte di pelle di foca, considerate abbastanza robuste per il lavoro.

In effetti, secondo lo studio, le imbarcazioni, a seconda delle loro dimensioni, potrebbero essere state abbastanza grandi da trasportare fino a una dozzina di persone alla volta, oltre ad animali, tra cui cervi, orsi e bovini.

Tuttavia, i ricercatori ammettono di aver identificato tracce delle imbarcazioni stesse, alcuni piccoli frammenti scoperti nel corso degli anni in siti nella Svezia settentrionale che potrebbero rappresentare una fonte archeologica diretta dell’uso di imbarcazioni di pelle nel Neolitico.

Una degli elementi probanti è nell’arte rupestre dove diversi individui sono raffigurati su imbarcazioni: alcune delle raffigurazioni includono dettagli di imbarcazioni dotate di sostegni per arpioni che ricordano teste di animali.

Le raffigurazioni rupestri insieme ai possibili frammenti di scafi di imbarcazioni, offrono la testimonianza che gli individui della PWC erano abili costruttori di imbarcazioni, conoscevano le “tecnologie della navigazione marittima” e utilizzavano imbarcazioni all’avanguardia per spostarsi tra le diverse isole.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Lund University

Scandinavia

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