venerdì, 29 Marzo 2024
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ATTILA “FLAGELLO DI DIO” E LE INVASIONI IN ITALIA PER SALVARE IL SUO POPOLO DALLA FAME

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Attila l’Unno è stato descritto come un sovrano barbaro assetato di sangue, di oro e di potere ma un nuovo studio propone una spiegazione alternativa per le sue violente invasioni: Attila potrebbe aver compiuto le sue incursioni disperate per salvare il suo popolo dalla siccità e dalla fame.

Duemila anni di dati climatici, registrati dagli studi dendrocronologici sugli anelli di accrescimento delle querce, che si trovano intorno alle pianure alluvionali dei fiumi Danubio e Tisza, in Europa centrale, hanno dimostrato che Attila e i suoi Unni effettuarono le loro più grandi incursioni durante anni molto secchi, quando i raccolti e i pascoli erano scarsi confermando che gli attacchi siano stati probabilmente in parte guidati dalla disperazione e dalla fame. I ricercatori hanno recentemente pubblicato le loro scoperte sulla rivista Journal of Roman Archaeology.

Attila in Italia, Eugene Delacroix, Palais Bourbon, Parigi

Si è stimato che gli Unni siano entrati nell’Europa centrale e orientale dall’Asia intorno al 370 d.C., nella Grande Pianura Ungherese, una parte del più ampio bacino dei Carpazi, a est del Danubio. Solo 60 anni dopo, attraverso un utilizzo di armi avanzate, cavalleria senza pari e sofisticate tattiche di battaglia, gli Unni avevano soggiogato gran parte dell’Europa centrale in una confederazione di tribù eurasiatiche su cui regnavano sovrani. Al suo apice, l’impero unno si estendeva dal Mar Nero alla Germania centrale e, dopo l’ascesa al potere di Attila e di suo fratello Bleda, nel 434 d.C., si trovò proprio alle porte dell’Impero romano ormai diviso in due entità, nella cui caduta gli Unni hanno poi giocato un ruolo importante.

Susanne Hakenbeck, archeologa dell’Università di Cambridge, conferma, come da fonti storiche, che la diplomazia romana e unna erano estremamente complicate: inizialmente prendevano accordi reciprocamente vantaggiosi, con il risultato che le élite unne ottennero l’accesso a grandi quantità di oro in cambio della non belligeranza. Questo sistema di collaborazione si interruppe intorno agli anni 440, portando a regolari incursioni nei territori romane con conseguenti crescite delle richieste di oro.

Vivere nella steppa eurasiatica tra il 420 e il 450 d.C. avrebbe esposto gli Unni a un clima rigido e piuttosto volubile, con periodi di siccità che li costringevano ad alternare l’agricoltura in luoghi fissi e l’allevamento dei loro animali in pascoli più verdi.

Secondo la Hakenbeck, se la scarsità di risorse diventasse troppo estrema, le popolazioni potrebbero essere state costrette a spostarsi, diversificando le loro pratiche di sussistenza e passare dall’agricoltura all’allevamento di animali, portando a importanti strategie di ricerca alimentare durante una recessione climatica.

Questo atto di bilanciamento calorico instabile, purtroppo,  lasciò presto il posto a tempi e misure più disperati. In anni di grave siccità, quando gli Unni affrontarono la fame, si trasformarono in spietati predoni, uscendo dal bacino dei Carpazi per saccheggiare l’Europa occidentale e meridionale: le più devastanti incursioni degli Unni ebbero luogo nel 447, 451 e 452 d.C., tutti anni caratterizzati da estati estremamente secche.

Secondo i ricercatori, dunque, le incursioni, una volta ritenute guidate principalmente da brama di oro e potere, potrebbero essere state principalmente interessate all’acquisizione di cibo. Tuttavia, anche l’oro sarebbe tornato utile per mantenere il mosaico di alleanze dei signori della guerra di Attila.

La recessione economica, indotta dal clima, potrebbe aver richiesto ad Attila e ad altri elementi di alto rango di confiscare oro dalle province romane per mantenere le bande di guerra e lealtà tra le élite, trasformando gli ex pastori a cavallo di animali in accaniti predoni.

Sotto il comando di Attila, nel 451 d.C., gli Unni invasero la provincia romana occidentale della Gallia e l’Italia settentrionale, subendo una lieve battuta di arresto grazie al generale romano Ezio nella Battaglia dei Campi Catalunici ma conquistando la città di Milano richiedendo una somma allucinante all’Impero Romano d’Occidente quale riscatto per placare i loro attacchi . Secondo gli archeologi, Attila ha anche chiesto una fascia di terra “larga cinque giorni di viaggio”, lungo il Danubio, forse per offrire ai propri predoni pascoli garantiti anche durante la peggiore siccità.

Il Regno degli Unni non durò a lungo. Nel 453 d.C., in seguito a un’epistassi nasale dopo una colossale sbornia post l’ultimo dei sui tanti matrimoni, il capo degli Unni fu trovato morto, soffocato a morte. Gli Unni caddero in lotte intestine e presto si frammentarono prima di disperdersi nell’oscurità della storia. Roma non si riprese mai del tutto dagli effetti delle incursioni unne e l’Impero Romano d’Occidente cadde 23 anni dopo, confermando, secondo alcuni studiosi, che lo sconvolgimento climatico possa indebolire fatalmente anche le società umane più affermate e organizzate.

Secondo la Hakenbeck, il clima, dunque, ha alterato ciò che gli ambienti hanno potuto fornire, portando i gruppi umani a prendere decisioni che hanno influenzato la loro economia e la loro organizzazione sociale e politica, decisioni che non hanno necessariamente avuto successo a lungo termine.

E quando si parla di cambiamenti climatici, l’archeologia coadiuvata dalla storia possono sempre dare un punto di riflessione al disastroso mondo moderno…

 

Tradotto ed elaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Università di Cambridge

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