venerdì, 19 Aprile 2024
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CERVETERI, TARQUINIA: IMMERSI NEGLI ETRUSCHI – seconda parte – ARTICOLO #400

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La seconda parte sulle celebri Necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia coincide con l’articolo numero 400 di questo blog. Altro traguardo raggiunto da gennaio 2016 affiancato da un ottimo successo di pubblico lettore e di sottoscrittori della newsletter. Per la prima parte, si clicchi qui.

Grazie a tutti per leggermi e buona archeologia a tutti!


Con la Necropoli di Cerveteri, è Tarquinia a ospitare i più preziosi esempi di nuclei sepolcrali tipici della civiltà etrusca.

Importante sito di Età villanoviana, Tarquinia conosce il suo massimo splendore tra il VI e il V secolo a.C., come testimoniato dal fenomeno delle tombe dipinte della Necropoli dei Monterozzi.

Queste tombe restituiscono il tenore di vita, l’eleganza e le usanze della classe aristocratica che abitava il territorio tarquiniense: numerosi sono i temi che  ricorrono nei sepolcri di Tarquinia,  da quelli sportivi, dalle scene erotiche a quelle di danza e musicali, a quelle di caccia.

Gli affreschi rinvenuti  nella Necropoli dei Monterozzi mostrano tanto nel colore quanto nello stile l’influenza e il dialogo continuo con l’arte greca.

Tomba dell caccia e della pesca

Tra i dipinti di maggior pregio di Tarquinia vi sono quelli presenti nella Tomba della caccia e della pesca in cui è raffigurata una barca di pescatori sotto un cielo opalescente dove volano uccelli e saltano pesci. In questo scenario, un uomo è in procinto di tuffarsi sotto lo sguardo ammirato di altri tre uomini su una barca vicina. Dalla sommità delle pareti prendono invece delle ghirlande intrecciate di fiori e foglie che appartengono a delle fanciulle e rappresentano il ciclo fiorito della vita e della sessualità femminile.

La Tomba delle leonesse prende il nome da due fiere, raffigurate nella parte alta del  timpano centrale, che si fronteggiano ai lati di un altare mostrando le mammelle, simbolo della fertilità femminile. In basso è raffigurato un grande vaso ai cui lati sono presenti due musicanti contornati da un gruppo di danzatori tra cui una donna che esibisce un abito e movenze audaci. Questo esempio sepolcrale mette in risalto la centralità della figura della donna e la sua modernità nel mondo etrusco!

Tomba della fustigazione

Due tombe che danno invece il senso della dimensione conviviale della società etrusca sono la Tomba del triclinio e la Tomba dei leopardi. Nella prima emergono la vivace dimensione ludica dell’interazione tra i commensali e l’energia dei danzatori; nella seconda assistiamo a un banchetto in cui uno dei commensali, con molta probabilità il defunto, solleva un uovo mostrandolo alla donna accanto a lui e agli altri commensali.

Il gusto dell’eccesso nel popolo degli Etruschi e invece ritratto nella Tomba della fustigazione dove si immagina un aldilà orgiastico per dar seguito agli interminabili banchetti vissuti nel mondo terreno.

La dimensione spirituale è un elemento che caratterizza la cultura etrusca e, in modo particolare, è espressa mirabilmente a Tarquinia nella Tomba degli auguri. Questo Sepolcro prende il nome da due figure maschili poste ai lati di una grande finta porta rossa che simboleggia l’ingresso nell’Ade. I due uomini hanno la mano sinistra protesa in avanti e quella destra sulla fronte, una postura che ha portato a scambiare i due personaggi per lamentatori funebri. In realtà le due figure sono collocate per annunciare il passaggio nell’aldilà del defunto!

Tomba degli auguri

Nella stessa tomba è rappresentata un’altra pratica tipica degli auguri: l’interpretazione del volo degli uccelli, evocata dalla figura di un uomo con uno scettro ricurvo e la mano elevata verso degli uccelli che passano in volo.

Uno dei documenti più preziosi della scrittura etrusca ha un legame molto stretto con la religione:  sono le Lamine di Pyrgi, tre iscrizioni risalenti al VI secolo a.C. rinvenute nel 1964 nel sito del Tempio della dea fenicia Astarte, assimilata alla dea etrusca Uni. Due delle lamine sono in etrusco mentre la terza è in fenicio e costituiscono un ringraziamento da parte del re di Caere  alla dea Uni per l’aiuto ricevuto, tre anni prima, in occasione della sua ascesa al potere.

Sebbene decifrata all’inizio dell’800, la lingua etrusca contribuisce ad arricchire il mistero  sulle origini di questo popolo perché la sua radice idiomatica non appartiene al ceppo indoeuropeo!

L’iscrizione su una sepoltura di un uomo a nome di Laris Pulenas è invece una delle più lunghe iscrizioni etrusche che possediamo in quanto estesa su nove  righe e contiene 60 vocaboli. E’ scolpita sul rotolo di un volume tenuto aperto ed esibito dal defunto raffigurato disteso sul coperchio di un sarcofago in nenfro,databile a circa il 200 a.C.

Gli studiosi interpretano il ruolo sociale di Laris Pulenas, sulla base dell’iscrizione sul sarcofago, come legato alla scienza sacerdotale etrusca per eccellenza, l’aruspicina, l’osservazione e lo studio delle interiora delle vittime animali immolate nei sacrifici.

Con la fine dei re Etruschi a Roma giunge anche la fine dell’espansione della civiltà etrusca nell’Italia meridionale e il suo progressivo declino che, dal III secolo a.C. avanti Cristo, conosce i rovesci più duri e inesorabili fino al progressivo dominio sotto Roma.

La cultura e le tradizioni etrusche non svaniscono ma si fondono sempre di più con quelle della civiltà dominante, quella romana, per poi essere riscoperte in maniera compiuta dopo oltre un millennio e gradualmente, solo nel corso degli ultimi tre secoli, la riscoperta della civiltà etrusca è passata attraverso il lavoro di archeologi, di illustri studiosi e le parole di raffinati scrittori.

David Herbert Lawrence, il celebra autore di L’amante di Lady Chatterley, nell’aprile del 1927, si avventura in un romantico viaggio alla scoperta degli Etruschi tra Cerveteri, Tarquinia e Volterra. Così descrive le Necropoli di Cerveteri e Tarquinia: “Intorno a questi grandi tumuli erbosi, cinti da antichi basamenti in muratura, c’è una certa dolce tranquillità, una sensazione di intimità felice che spira ancora per il viale principale. E’ vero che era un sereno pomeriggio di sole in aprile, e che le allodole si alzavano in volo dall’erba soffice dei tumuli, ma nell’aria tutt’attorno c’era un’immobilità suadente e si sentiva che star lì, in quel posto mezzo infossato, faceva bene all’anima…”

Grazie, Mr Lawrence. Il quadro è completo!

 

Daniele Mancini

Per ulteriori info: 

  • Mario Torelli, Gli Etruschi, Milano 2000
  • Massimo Pallottino, Etruscologia, Milano 1984

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