venerdì, 29 Marzo 2024
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7000 UOMINI A PROTEZIONE DELL’IMPERATORE! – prima parte

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La Cina, così lontana e affascinante, con ancora molti segreti da rivelare. Ve ne svelerò qualcuno, quello di un imperatore molto particolare. Buona lettura.


Shiyan è una delle megalopoli cinesi esplose con il recente miracolo economico, ma è anche uno dei centri urbani più antichi del paese. Quando le Vie della Seta partivano da qui, dirette a occidente, si chiamava Chang’an e aveva già un migliaio di anni di storia sulle spalle. La città si trova in un punto strategico del territorio e sorge sull’altopiano di Shang Yang, una vasta pianura protetta da lte catene montuose e delimitata da fiumi. Questa pianura ben irrigata nasconde un segreto straordinario: qui sono sepolti i sovrani di due dinastie, quella Qin e quella Han occidentale, durata più a lungo di tutte le altre dinastie della storia cinese che ha creato la cultura che sarebbe stata alla base della società cinese degli ultimi duemila anni.

Gli Han non sono stati i primi sovrani di un paese unificato: l’uomo che pianificò la nascita della nazione cinese è stato l’imperatore Qui Shin Huangdi, il primo Augusto Sovrano del Qui, un leader militare aggressivo e inflessibile. Nel 210 a.C. i suoi generali avevano creato uno stato unitario riunendo i vecchi stati combattenti sotto il ferreo governo centralizzato dell’imperatore, fino alle regioni più remote. Eppure, malgrado i successi militari, la dinastia Qin non durò a lungo e dopo appena 15 anni, lo spietato regime è già indebolito dalla instabilità interna.

Nel 202 a.C. il generale Liu Bang spodesta l’ultimo sovrano Qin e diventa a sua volta imperatore con il nome di Gao Zu, fondando la dinastia Han. Gao Zu e i suoi successori governarono la Cina per quattro secoli creando un impero paragonabile a quello con il quale commerciavano lungo le Vie della Seta, l’Impero romano! Il governo degli Han porta notevoli cambiamenti ma una cosa rimane invariata: l’usanza di seppellire le famiglie imperiali in complessi mausolei.

Non si tratta di semplici cripte: le tombe sono nascoste sotto enormi cumuli di terra e sono circondate da estesi complessi sotterranei. Ci sono tombe destinate all’imperatrice, alle concubine, ai personaggi della corte che il sovrano prediligeva e numerosi sono gli ambienti ipogei che contengono arredi e corredi funebri: ogni mausoleo richiese decenni di lavoro e migliaia di uomini impiegati.

Nascosti e al sicuro, i mausolei sono rimasti indisturbati fino a quando, nel 1974, una scoperta del tutto casuale ha fatto sensazione in tutto il mondo: viene ritrovato il complesso funerario del primo imperatore Qui Shin Huangdi. Al suo interno un solenne ma insolito esercito di statue di terracotta: i guerrieri non solo esaltano il potere dell’imperatore, ma rappresentano anche l’essenza della filosofia legista, autoritaria e militaristica, base dell’unificazione della Cina.

Dettaglio dal Mausoleo di Han Jingdi

Nel 1990, prima di costruire una nuova autostrada sull’altopiano, si procede ad una esplorazione archeologica del Distretto di Yang Ling, 40 km a est del sito funebre dei Qin. Viene alla luce un nuovo mausoleo che avrebbe fornito molti indizi sui primi anni di storia della Cina, su quel periodo fondamentale in cui l’ideologia  espansionistica dei Qin cede il passo a qualcosa di diverso. I primi scavi espongono delle fosse che contengono centinaia di statuette di animali, tutte di terracotta: non era chiaro quanto fosse steso l’intero sito sotto la superficie dell’altopiano e con l’avanzamento dei lavori, appaiono anche figure umane, di ogni classe e status sociale, guerrieri, nobili, funzionari del governo, semplici cittadini.

Si ritiene che sotto i campi siano sotterrate almeno 40.000 statue! Sondaggi e prospezioni lasciano pensare che l’intero sistema di fosse sotterranee si estenda per circa 20 km quadrati, a partire dal tumulo funerario centrale. Si tratta della tomba e del mausoleo del quarto imperatore Han, Liu Qi, noto come l’imperatore Jin o Jingdi. Nel 153 a.C., tre anni dopo l’ascesa al trono di Jingdi, iniziano i lavori del suo mausoleo e al momento della morte del sovrano, dodici anni dopo, non sono ancora finiti. In totale durano 28 anni! Migliaia di operai sono trasferiti a Yang Ming con le loro famiglie e nei decenni seguenti creano un immenso complesso sepolcrale grande come un terzo della città di Chang’an.

Il sito di Yang Ming comprendeva le tombe di Jingdi, delle sue imperatrici e concubine, i giardini, inclusi frutteti e boschi, i templi del culto funerario, le tombe di molti capi politici e militari, di nobili e funzionari del governo, oltre 180 fosse sepolcrali contenenti una rappresentazione in miniatura della corte. Si tratta del mausoleo han più completo scoperto fino ad oggi.

Per gli Han i mausolei non sono semplici affermazioni del potere imperiale ma sono legati a una precisa concezione della morte, considerata solo una tappa del sentiero che conduce all’immortalità. Tutti si preoccupano di cosa accadrà nell’oltretomba, senza distinzione di ceto, dal momento che la vita oltre la morte è considerata un proseguimento dell’esistenza terrena, supponendo che i defunti abbiano le stesse necessità dei vivi.

Nella filosofia confuciana, dominate all’epoca della dinastia Han, un principio fondamentale era quello della pietà filiale: rispettare i genitori e prendersene cura è un dovere morale che non cessa con la loro morte. I vivi hanno il dovere di onorare i defunti anche perché si crede che i morti possano intercedere presso gli spiriti a favore dei vivi ma, se sono trascurati, tornano sulla terra come fantasmi causando gravi problemi. Si viene a creare un atteggiamento sociale in cui, anche le famiglie benestanti e non solo le più ricche, possono costruire costosi complessi funerari per i defunti. Per avere le tombe più belle non si bada a spese e i più facoltosi competono in stravaganza: i sepolcri Han sono tra i più decorati della Cina.

 

— Fine Prima Parte —

 

Daniele Mancini

Per ulteriori approfondimenti: Elisseeff, D., Art et archéologie : la Chine du néolithique à la fin des Cinq Dynasties (960 de notre ère), PARIS 2008

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